Alla Fondazione Sella di Biella, una mostra celebra il legame tra fotografia e industria nella figura di Giuseppe Venanzio Sella, uno tra i maggiori protagonisti della nuova tecnologia dell’immagine. Fino al 2 febbraio 2020.
Di Giuseppe Venanzio Sella (1823-1876) si ricorda spesso il ruolo di industriale laniero, titolare di quello che all’epoca era lo stabilimento più avanzato del Biellese. Quel che è meno risaputo, invece, è che fu un fotografo all’avanguardia, sperimentatore di tutte le innovazioni tecnologiche disponibili in quegli anni. È il legame tra questi due mondi, quello industriale e quello fotografico, che la Fondazione Sella di Biella vuole celebrare attraverso la mostra “L’altra macchina: un industriale biellese e l’affermazione della fotografia in Italia”, in scena dall’11 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020.
Ospitata negli spazi dell’antico Lanificio Maurizio Sella, curata da Pierangelo Cavanna e promossa da Fondazione Sella nell’ambito di un articolato progetto di valorizzazione del proprio archivio storico (dal titolo Da Archivio a risorsa comune), finanziato da Compagnia di San Paolo e da Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, l’esposizione esplora l’opera fotografica dell’imprenditore in relazione al contesto socio-culturale dell’affermazione della fotografia in Italia. Un percorso narrativo che culmina in una preziosa selezione di originali fotografici, tra i quali alcuni dei primi dagherrotipi biellesi di ritratto e di veduta, tre calotipi di W.H.F. Talbot e il corpus completo della produzione fotografica di Giuseppe Venanzio Sella, dai ritratti di famiglia alle vedute biellesi e torinesi. Nato a Sella di Mosso nel 1823, Sella fu industriale di respiro europeo, colto e aperto all’innovazione, al centro di una fitta rete di relazioni e conoscenze in ambito internazionale – Londra, Parigi e le maggiori città italiane.
La mostra si propone quindi di delineare il ruolo complesso dell’industriale-fotografo biellese, tra i primi in Italia ad adottare le nuove tecniche fotografiche messe a punto intorno alla metà del XIX secolo, e soprattutto il primo a riconoscere la necessità di spiegare teoricamente le caratteristiche di quei “lavori [che] continuarono con una specie di furore in tutte le direzioni, in tutte le specialità che formano lo scopo delle occupazioni del fotografo”, come scrisse nell’introduzione del Plico del fotografo. La sua opera, certo non ignota agli storici della fotografia, è stata sinora meno considerata di quella del figlio Vittorio, grande fotografo di montagna ben noto anche al pubblico dei non addetti ai lavori. Per questo, l’occasione alla Fondazione Sella rappresenta il risarcimento storiografico della figura di questo pioniere, che seppe coniugare l’attività imprenditoriale con la ricerca applicata alla fotografia, in un comune intento di partecipazione civile alla crescita culturale di una nazione in formazione.
Informazioni |
Dall’11 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020
Sabato e domenica 10-19 o in altri giorni su appuntamento