Vincenzo Agnetti – Autoritratti Ritratti, Scrivere – Enrico Castellani, Piero Manzoni. La mostra che dal 23 ottobre mette in scena la performance di Vincenzo Agnetti. La Galleria BUILDING e i Chiostri di Sant’Eustorgio ospitano il dialogo tra parola e arte fino al 18 gennaio 2020.
Attraverso frasi lapidarie, non più lunghe di qualche riga, Vincenzo Agnetti disegna l’interiorità di una persona. Sfruttando il potere evocativo della parola, dà a lettere e virgole una fisionomia umana, lineamenti emotivi. È così che negli anni settanta realizza i suoi ritratti, senza lasciarsi abbindolare dalla mera apparenza, stimolando l’immaginazione di chi guarda a leggere l’identità che si cela nella persona.
“Quando mi vidi non c’ero”. Il suo Autoritratto ci racconta di lui, del modo in cui l’artista vede se stesso. Come di sfuggita, velocemente, cogliendo un dettaglio che incamera la sua soggettività. Come avviene per l’eroe, l’artista, la donna: le parole dipingono la loro dimensione più intima e personale. È così che si consuma l’utopia del vedere senza immagini.
La Galleria BUILDING di Milano ripercorre il dialogo circolare di Vincenzo Agnetti: scrittura – opera – scrittura. Esso coinvolge l’artista e gli spettatori, il passato e il presente, l’antico e il contemporaneo, creando un flusso continuo di immagini che trovano origine nella parola. È la parola che viene stampata sui suoi feltri e anima la sua arte, definita per l’appunto “Speech art”. Un’arte performativa diversa da qualsiasi altra tipologia di performance, mossa dall’Azione del Ritrarre. Piero Manzoni e Enrico Castellani seguono questa ricerca, diretta a raggiungere la filosofia del senso originario della parola. Lo spazio della galleria ospita opere e azioni che prendono vita dai concetti di territorio, relazione, singolarità e universalità della comunicazione.
Le parole di Agnetti giungono fino ai Chiostri di Sant’Eustorgio e assumono un significato ancora più intimo, combaciante con la solennità della chiesa. Il Ritratto di Dio fissa l’arco trionfale della Cappella Portinari, mentre l’Apocalisse si nasconde nel Cimitero Paleocristiano. È qui che Vincenzo Agnetti cerca di toccare l’alto, lo spirituale. Le lettere creano un’aura perfetta, una dimensione ineffabile.