L’Institut Giacometti annuncia la mostra GIACOMETTI / BECKETT Fail again. Fail better. Il progetto è frutto dell’inedito studio condotto sul rapporto tra i due artisti, tradotto in mostra per la prima volta. Con la curatela di Hugo Daniel, l’esposizione è visitabile a Parigi dal 12 dicembre 2020 al 28 marzo 2021.
Le idee si assomigliano in modo incredibile, quando si conoscono
Samuel Beckett
Tra le amicizie letterarie di Alberto Giacometti (1901-1966), quella che lo legava Samuel Beckett (1906-1989) non è la più nota, ma probabilmente è una delle più longeve. Il primo incontro risale al 1937, ma il rapporto continuò a svilupparsi anche nel dopoguerra. Il teatro del loro connubio non poteva che essere Parigi. Sembra di vederli i lampioni della Ville Lumiere illuminare le notti passate dai due artisti nei bar di Montparnasse, prima di girovagare per le vie trepidanti della città. Forse i loro dialoghi si evolvevano come nel Teatro dell’Assurdo: privi di un apparato logico-conseguenziale, votati al tragico e al grottesco insieme pur che il senso non si legasse al razionale. Magari, chissà, è stato così; ma non per questo la loro convergenza non diede i suoi frutti. Importanti somiglianze avvicinavano infatti le rispettive pratiche, confluite infine in una collaborazione eccezionale: Giacometti fornì la scenografia per una messa in scena di Waiting for Godot nel 1961.
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Samuel Beckett
Per la prima volta l’Istituto Giacometti presenta i punti di contatto che hanno portato l’artista e lo scrittore ad avvicinarsi. La mostra si sofferma dunque sulla loro duratura amicizia, sulla collaborazione professionale e sull’affinità tra le loro opere, entrambe permeate di Esistenzialismo.
Accanto alle sculture di Giacometti – tra cui The Cage (1950), Three Men Walking (1947), Testa su verga (1947) e altri disegni per lo più inediti – vengono esposti diversi testi, opere teatrali e film di Beckett, oltre a una ricostruzione dell’albero da parte dell’artista Gerard Byrne creato da Giacometti per Godot.
L’incontro tra le sculture e i disegni di Giacometti e il cinema, i testi e le opere teatrali di Beckett ci da l’opportunità di avvicinarci al tema centrale che li unisce: l’importanza del processo creativo vissuto tra ripetizione e inganno. Il famoso Fail again. Fail better tratto da Worstward Ho, nella sua accezione originale non è permeato dello stesso ottimismo con cui è entrato nell’immaginario comune. Il messaggio veicolato da Beckett con questa fortunata espressione è infatti molto più sinistro, scarno di speranza. A un errore segue sempre un altro errore, gli umani tentativi di migliorarsi si dissolvono nel nulla. Un perenne sentimento di inadeguatezza che non fatichiamo a ricondurre alle teorie esistenzialiste.
Con un ulteriore ma minimo sforzo possiamo adattare il mantra anche all’arte di Giacometti. Non solo perché anch’essa è profondamente intrisa di Esistenzialismo, ma anche a causa dell’operare pratico dell’artista. Giacometti si è infatti concentrato, per la maggior parte della sua vita, sulla ripetizione di un unico soggetto: l’uomo. Un ritorno costante – utilizzando principalmente argilla e bronzo – sulla stessa immagine, continuamente rielaborata e affinata in statue molto simili tra loro eppure uniche nella loro realizzazione manuale. Forse la loro poesia è simile ai dialoghi serrati in Aspettando Godot, dove in una marea di non senso all’improvviso un’onda di verità ci conduce all’epifania.