Print Friendly and PDF

Andrea Bruciati: l’arte politicamente corretta è inutile. O fascista

Andrea Bruciati Andrea Bruciati
Andrea Bruciati
Andrea Bruciati

Secondo Bruciati l’arte contemporanea deve essere politicamente scorretta. E si domanda: modellare la coscienza morale e sociale è arte o piuttosto propaganda?

Un nostro articolo pubblicato nei giorni scorsi prendeva spunto dalla lista “Power 100” dei soggetti più influenti nel mondo dell’arte nel 2020, pubblicata dalla rivista ArtReview, per proporre alcune riflessioni sulla deriva “sociologica” della creatività contemporanea. Sul tema è poi intervenuto Marco Tonelli, storico e critico d’arte, direttore artistico del museo di Palazzo Collicola a Spoleto. Ora arriva un altro prestigioso contributo, quello di Andrea Bruciati, Direttore di Villa Adriana e Villa d’Este di Tivoli. A lui la parola…

Leggendo la classifica rimango fra l’intorpidito, per tanta banalità e, nel contempo, estremamente infastidito da determinati elenchi che definire apodittici è dir poco. Ritengo che l’arte contemporanea si debba definire tale se si comporta come un organismo politicamente scorretto. In caso contrario è inutile o, se figlia di un qualsiasi pensiero unico, fascista.

Detto questo, credo che siano comunque necessarie considerazioni e riflessioni di ordine metodologico e contenutistico rispetto alla lista. Sotto il primo aspetto: si può chiamare arte un fenomeno che scaturisce dall’ideologia, ne è parte o espressione, ma non genera un prodotto artistico o una creazione tangibile? Purtroppo mi ritengo indissolubilmente vintage e ho bisogno di carne o poesia, non di proclami o dei troppi bla bla bla.

 

Manifestanti di #metoo
Manifestanti di #metoo, ai primi posti della lista Power 100

Questo fenomeno è ascrivibile alla crisi dell’arte o piuttosto a quella della filosofia, della sociologia o dell’ideologia stessa, che non riescono più a trovare una forma e che pertanto cercano di ricollocarsi in nuovi spazi e sotto nuove etichette? In altre parole cercano di darsi un’identità che hanno esse stesse smarrito o un’autorevolezza che hanno perso? Chi sta rinunciando al suo specifico e perché? Sicuramente il Covid ha cambiato radicalmente l’assetto di tutte le nostre convinzioni / convenzioni. E tutti i tentativi di tornare all’ancient regime a mio avviso sono inutili. Questa è in fondo anche una grande opportunità, proprio creativa per intenderci.

Con riguardo ai contenuti, non vi è dubbio che la lista si faccia espressione di un’arte che sembra essere specchio del tempo, delle sue inquietudini e dei suoi rivolgimenti, ma non coscienza critica, domanda, reinterpretazione, alterità… In tal modo l’arte rinuncia alla sintesi, al lancio utopistico, al presagire o anticipare, al rendersi problematica intellettuale, identificandosi con un eterno onnivoro presente. Come si trasmette, si racconta, si tutela un’arte che non è arte? Un’espressione che smetterà di avere senso quando l’istanza sarà recepita o dimenticata, perché non trascende l’istanza stessa, non la sublima, non la eterna, ma vi si identifica in tutto e per tutto?

C’è inoltre il rischio che si finisca per non riconoscere come arte quella che non si fa espressione di specifiche correnti di pensiero, e che la si marginalizzi o la si condanni. Questo disconoscimento sarebbe espressione di un pensiero unico, e rischierebbe di avvenire in nome di movimenti che si pongono come progressisti e innalzano la bandiera del pluralismo e della tutela delle minoranze.
Modellare la coscienza morale e sociale è arte o piuttosto propaganda?

Andrea Bruciati

http://www.villaadriana.beniculturali.it/

Commenta con Facebook