Art Doesn’t Expire (l’Arte non scade). Questo il nome del collettivo di giovani (ADE) che ha dato luogo ad una sorta di performance “clandestina”, proiettando alcune immagini e clip sul Colosseo. Una denuncia contro la prolungata chiusura dei luoghi della cultura (ed è solo l’inizio)
Art Doesen’t Expire, proiezione clandestina al Colosseo
“Art Doesn’t Expire“. L’Arte no scade, noi sì. Questa l’essenza dell’incursione clandestina di un gruppo di ragazzi romani – riuniti nel collettivo ADE – che la sera del 4 gennaio ha proiettato alcune immagini e videoclip sulla facciata del palazzo antistante il Colosseo. Poi – come hanno affermato a Repubblica – “ci abbiamo preso la mano e abbiamo rivolto i proiettori verso il Colosseo“.
Le immagini e i videoclip mostrano le strade affollate per lo shopping intervallate da alcune scritte che pongono un quesito che in tanti ci poniamo: perché chiudere quei luoghi della cultura dove è possibile assicurare ingressi contingentati e rispetto delle procedure di sicurezza in chiave di prevenzione del Covid-19, mentre negozi e centri commerciali hanno registrato assembramenti fuori controllo durante il periodo dello shopping natalizio?
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Siamo consumatori o persone?
“C’è una netta preferenza dell’aspetto capitalistico della vita a scapito di quello culturale“. scrivono i ragazzi del collettivo. Frase trita e ritrita, vero, ma terribilmente attuale. “Non ci limitiamo a consumare, mangiare, dormire. La distanza nei luoghi di cultura e possibile, dai luoghi di cultura no“.
Quello che appare più sconcertante di questa prolungata chiusura è la mancanza di una compatta ed organizzata opposizione del settore della cultura, a parte isolate e lodevoli azioni in ordine sparso. C’è perfino chi nel mondo della comunicazione afferma che tutto sommato, aprire con gli ingressi contingentati produrrebbe eccessive perdite per molti spazi culturali quindi, meglio rimanere chiusi.
La famosa autonomia dei direttori dove è finita?
Partendo dal presupposto che evidentemente la cultura è considerata un bene “non essenziale”, forse sarebbe meglio lasciare ai direttori delle varie istituzioni culturali la scelta più adatta ad affrontare il periodo della pandemia nell’attesa della cosiddetta ripartenza? Basti pensare alla mostra evento di Raffaello, che è riuscita a venire brillantemente fuori dal primo lockdown attraverso le aperture notturne ai visitatori. Certo, ogni museo ha le sue caratteristiche ma, inutile nasconderlo, i luoghi della cultura più piccoli e indifesi erano in perdita già prima della pandemia. E gli aiuti dello Stato – o del Comune a seconda dei casi – erano e rimangono fondamentali.
Arrendersi prima ancora di aver lottato, è davvero questo che vogliamo insegnare ai nostri ragazzi? Loro non sembrano d’accordo. I giovani del collettivo ADE promettono che quella del Colosseo sarà solo la loro prima azione di protesta. Ne seguiranno altre quatto in altri luoghi iconici della Città Eterna: “la nostra è una chiamata alle armi, per dire che non c’è più tempo, le realtà che fanno cultura non possono sopravvivere solo di sorrisi, buone intenzioni e piccoli rimborsi. Fare cultura in sicurezza si può“.
https://www.instagram.com/ade_project_/