Se è ancora prematuro avventurarsi tra i meandri del catalogo dell‘Asta di Old Master di Lempertz – in programma a Colonia il 5 giugno 2021 – possiamo però concederci un piccolo focus sul lotto che, più degli altri, sembra già brillare.
Si tratta della sensuale Venere dipinta da Palma il Vecchio nel 1529. Una raffigurazione complessa, che affonda nel mito per superarlo, rinnovandosi in una veste iconografica dalle importanti ripercussioni contenutistiche. In particolare si fa riferimento all’approccio innovativo con cui il testo neoplatonico Hypnerotomachia Poliphili del 1499 ha analizzato la figura della Dea della bellezza.
Se viene conservata la posizione dormiente di Venere, la vera svolta risiede nel fatto che la Dea è completamente sottratta alla cornice narrativa e in totale distacco dalla sua tradizionale rappresentazione. Così facendo Palma il Vecchio ribalta la classica dinamica di avvicinare la contemporaneità al mito, provando invece ad operare l’operazione inversa. Senza contesto narrativo, infatti, Venere sembra perdere le connotazione tipiche della sua figura ed è ora libera di assumere nuove e inaspettate forme. Come, ad esempio, quelle della sposa. L’aggiunta di elementi come la pettinatura di perle, gli anelli nuziali e il velo – allegoria della donna che offre la sua purezza – e il suo sguardo verso l’esterno e in particolare a suo marito e committente – la portano al XVI secolo invece di limitarla alla mitologia lontana.
Una sposa dunque, una delle tante giovani che il Palma, come lo definì Giorgio Vasari, rappresentò dopo il suo trasferimento a Venezia all’inizio del XVI secolo. Si era specializzato nella rappresentazione di donne in equilibrio tra ritratto e idealizzazione, celebrazione nuziale e mitologia. Suggestiva inoltre la descrizione che ritroviamo nell’inventario post mortem del pittore: “un grande dipinto su tela con un nudo quasi finito”.
Un fascino che a partire dalla metà del XIX secolo hanno subito molti i numerosi collezionisti che hanno posseduto l’opera, approdando infine nella proprietà di uno dei più grandi collezionisti americani: Sir Paul Getty. Lo storico espositivo del dipinto è inoltre impreziosito dalle mostre a Londra presso la Royal Academy e l’Istituto Courtauld.
La riflettologia infrarossa mostra una conservazione estremamente buona e i tipici ‘pentimenti’ delle opere di Palma, in particolare una diversa posizione delle gambe che, in una fase precedente, erano leggermente più distese. Anche la cornice ad intaglio del dipinto è originale. Un capolavoro da ascrivere a Mastro Jacopo da Bergamo, amico di Palma, che probabilmente si è ispirato per il decoro alla celebre Ara Grimani, un marmo romano del I secolo a.C. giunto a Venezia come parte della collezione Grimani nel 1526.
L’opera è stimata tra i 600.000-800.000 € e passerà in asta il 5 giugno, a Colonia, da Lempertz.