Helen Dowling presenta a Bologna il lavoro realizzato durante il periodo di permanenza nella Residenza per artisti Sandra Natali, svoltasi tra ottobre e novembre 2020 a Bologna. Something for the Ivory – mostra immersiva a cura di Giulia Pezzoli – sarà visitabile fino al 6 giugno 2021, nelle sale del piano nobile di Villa delle Rose.
Per la sua candidatura al Programma di Residenze ROSE 2020-21, Helen Dowling ha presentato un progetto legato alla città di Bologna, incentrato sui corpi, sulle emozioni, sulle relazioni e sui conflitti che ogni essere umano vive nel corso della propria esistenza. Una riflessione a più livelli, che prende in considerazione l’influenza che le cose che viviamo hanno su di noi e sul nostro essere futuro.
L’artista lavora prediligendo linguaggi e strutture che si concentrano sul digitale, ma non manca di inserire nella sua produzione anche inattesi elementi scultorei e installazioni site-specific, proprio come accade all’interno di Something for the Ivory. La mostra, a cura di Giulia Pezzoli, rientra nel programma di ART CITY 2021 e si configura come esito e restituzione pubblica di un percorso durato sette settimane, entro il quale l’artista ha portato avanti una ricerca multidisciplinare che ha come punto di partenza la fascinazione subìta dalla storia di Anna Morandi Manzolini, le cui opere fanno oggi parte della Collezione di Cere Anatomiche conservate presso il Museo di Palazzo Poggi.
Corpi, involucri di storie
Anna Morandi visse una vita tra arte e scienza, spiccando fin da subito all’interno di un ambiente al quale difficilmente le donne avevano accesso e distinguendosi per una produzione minuziosa, impeccabile, incentrata sui particolari: le sue cere sono – come afferma la professoressa Rebecca Messbarger, autrice del libro La Signora Anatomista. Vita e opere di Anna Morandi Manzolini – «rappresentazioni deliberatamente sineddotiche nella loro aspirazione a evocare il contesto anatomico e fisiologico come un sistema complesso e completo». Una parte per il tutto, dunque, spesso modellata in modo da fissare il movimento, completata da accessori e stoffe che fanno immaginare frammenti di vita vissuta. Non una vita in particolare, ma un concetto astratto, forse il ricordo dell’essenza stessa della vita.
Analogamente a quanto detto per le cere di Anna Morandi Manzolini, le multisensoriali narrazioni di Helen Dowling non hanno la pretesa o la volontà di raccontare una storia precisa. Sono, a ben vedere, un cortocircuito tra senso e totale spersonalizzazione degli elementi, fondamentale affinché esse possano divenire sede di infinite potenziali interpretazioni.
La mostra e le principali installazioni
Il percorso espositivo di Something for the Ivory si snoda tra le sale del piano nobile di Villa delle Rose e include cinque installazioni immersive. L’opera che fa da connettore tra la vecchia e la nuova produzione di Helen Dowling è Holden (2017): sullo schermo scorrono le immagini degli interni di un’auto, una Holden Astra, e in sottofondo una musica invita ad entrare in uno stato di trance, a concentrarsi sul nero della plastica e sul cuoio dei sedili, a ripercorrere ogni curva e ogni dettaglio dell’abitacolo, senza mai (o quasi) distogliere lo sguardo e far caso a ciò che passa fuori dai finestrini.
Una camera si muove e indaga ininterrottamente anche gli spazi e le superfici dello scheletro femminile ricostruito in 3D per Xylophone (2021). Non uno scheletro con una storia alle spalle, ma una ricostruzione ottenuta da numerose immagini stock lavorate dall’artista fino a trasformarle in una struttura neutra che racconta le storie di tutti e di nessuno, nella quale chiunque potrebbe riconoscersi o a sua volta riconoscere qualcuno. Suoni e frammenti di dialoghi estrapolati dalle sceneggiature di famosissimi film come Lucy, Un amico straordinario, Transformer e la serie The Alienist la accompagnano in questo viaggio buio e sospeso.
«Mi sono concentrata sul fatto che Anna Morandi aveva potenzialmente sezionato più di mille corpi durante i suoi studi – afferma l’artista – e ho iniziato a pensare a quei corpi come agli involucri delle loro storie e, così come essi sono stati tagliati, così lo sono anche le narrazioni». Gli interni dell’automobile e la superficie porosa delle ossa di Xylophone diventano paesaggi in continua metamorfosi, luoghi fluttuanti, forme astratte e assolute che stimolano l’immaginazione dell’osservatore.
L’implicito invito che l’artista rivolge a tutti coloro che si addentreranno nelle profondità di Something for the Ivory è di ascoltare con le orecchie e con il cuore. Di prendere in considerazione che parola e forma possono talvolta entrare in conflitto, contraddirsi e deteriorarsi per lasciare spazio alla versione più intima del loro significato, come accade in Gone Away. Che le distanze generazionali esistono, e che anche un fallimento dichiarato può diventare un’opera d’arte: indecifrabile ai più, ma chiarissima a chi ha gli strumenti e le conoscenze per leggerla o la pazienza di andare fino in fondo per scoprirla.
Così come faceva Anna Morandi Manzolini sui corpi, anche Helen Dowling interviene sulle immagini tagliando, assemblando, mescolando elementi vecchi ad elementi nuovi. Architetture emozionali e spazi di riflessione aperti alla sperimentazione, le sue opere offrono infinite possibilità di lettura capaci di mutare a seconda della sensibilità e del pregresso vissuto dell’osservatore.
Informazioni utili:
Something for the Ivory
Dove: Villa delle Rose – Via Saragozza 228/230 (BO)
Quando: dal 7 maggio al 6 giugno 2021
Ingresso gratuito