Circa 35 opere di Campigli si affiancano a una cinquantina di reperti della civiltà etrusca, molti dei quali inediti ed esposti qui per la prima volta
“Nel gusto dei gioielli, sotto l’apparenza romantica e voluttuosa affiorano istinti arcaici e selvaggi. E proprio nei gioielli che le mie tendenze femminili e masochiste trovano una sintesi”. Parole di Massimo Campigli, il grande artista italiano (anche se era nato in Germania, con il nome di Max Ihlenfeldt) che moriva il 31 maggio 1971, esattamente 50 anni fa. Parole citate per contestualizzare la grande mostra Massimo Campigli e gli Etruschi. Una pagana felicità, che lo celebra a Venezia nei prestigiosi ambienti di Palazzo Franchetti. E che ci è già capitato di citare come uno degli eventi migliori offerti dalla città nella sarabanda della preview della Biennale di Architettura.
Inediti ed esposti qui per la prima volta
Sulla carta un’utopia. Trasportare a Venezia preziosissimi, ingombranti e delicatissimi reperti Etruschi. Per costruire un magico incontro con l’arte di Campigli, notoriamente folgorato dalla conoscenza del popolo etrusco dopo una visita al Museo di Villa Giulia nel 1928. “Nei miei quadri entrò una pagana felicità tanto nello spirito dei soggetti che nello spirito del lavoro che si fece più libero e lirico”, annotò l’artista in quell’occasione. E le circa 35 opere di Campigli selezionate per la mostra si affiancano a una cinquantina di reperti della civiltà etrusca, molti dei quali inediti ed esposti qui per la prima volta. Fra questi due preziosi sarcofagi in terracotta del Museo Civico di Viterbo: un sarcofago fittile femminile della seconda metà del III sec. a.C. e un sarcofago fittile maschile della fine del III, inizio del II sec. a.C.
Due opere di Campigni in mostra, “Busto con vaso blu” e “Zingari”, sono proprio di quel fatidico anno 1928. E segnano chiaramente il passaggio verso una nuova figurazione, che si fa sempre più evidente in opere come “Donne con l’ombrellino” del 1940 fino alla “Donna seduta” del 1961. Il risultato? È una di quelle mostre dalla rara intensità, un trionfo sinfonico di elementi che convergono a creare armonia visuale e percettiva.