Un importante gallerista, oltre vent’anni attivissimo a Milano, cambia tutto e si trasferisce in una cittadina al centro dell’Umbria. Intervista a Giampaolo Abbondio
“La cosa curiosa è che io non ho la patente: però era talmente importante poter esporre le mie opere in quello spazio, da far passare in secondo piano le mie difficoltà personali…”. Un particolare sicuramente secondario, ma che descrive la motivazioni per cui un importante gallerista, da oltre vent’anni attivissimo a Milano, sceglie ora di trasferirsi armi e bagagli 500 chilometri più a sud, in Umbria. Parliamo di Giampaolo Abbondio, titolare di quella che per anni fu la Galleria Pack, poi ridefinita con il suo nome e cognome.
“C’è un film, del 1991, che si intitola ‘Scappo dalla città…”, lo stuzzichiamo. “Sì, quel film non lo vidi all’epoca, ma solo molto dopo…”, replica prontamente. “Comunque io non sono uno di quelli che amano la campagna o l’atmosfera bucolica, se devo seguire il tuo ammiccamento. Per me Todi, specie il centro storico, è una città. Non è certo l’idea di ‘fuga’ dalla città che mi ha portato qua. Ciò che mi ha portato qua è la bellezza: quando sono arrivato ho visto meraviglie ovunque mi girassi. Io credo nella sana competizione: per cui se le opere dei miei artisti reggono il confronto con tutto questo, allora meritano di esistere…”.
Una folgorazione: che ora porta – oggi, 19 giugno – all’inaugurazione della nuova sede espositiva, all’interno di Palazzo Atti-Pensi, il più importante esempio di architettura privata del XVI secolo della città di Todi. Ad inaugurare questo nuovo spazio, la mostra dell’artista romano Matteo Basilé, nata durante questo periodo di pandemia, dal titolo Mnemosyne. “Un viaggio antropologico, culturale e territoriale alla ricerca di linguaggi e forme espressive in grado di interpretare e di rappresentare le metamorfosi contemporanee del Io, dell’altro e dell’altrove”. Di tutto ci parla lo stesso Giampaolo Abbondio, davanti a due Martini sorbiti all’ombra dei trecenteschi Palazzi Comunali di Todi…
Com’è che sei arrivato fin qui, a 500 chilometri dalla tua Milano?
Avevo intuito qualcosa parlando con Matteo Boetti (gallerista con sede a Todi, ndr), che mi raccontava di questo posto meraviglioso, ma non ero mai riuscito a venirci, alle sue inaugurazioni. Poi Todi torna alla ribalta grazie a Matteo Basilè, che durante il lockdown mi manda un filmato di questo spazio affascinante, in uno dei palazzi più prestigiosi della città… Coup de foudre. Affittiamolo, portiamo la galleria a Todi. Del resto, parliamo di un luogo con una vocazione chiara: prima di me qui c’è stata la Galleria Extra Moenia di Giuliana Soprani Dorazio, e poi per anni quella di Matteo Boetti, ora trasferita a cento metri da qui.
Beh, a 200 chilometri da Todi c’è una piccola cittadina, San Gimignano, dove è nata una delle gallerie più importanti d’Europa…
Assolutamente. Per me la Galleria Continua è un modello di business che va copiato. Sei in un posto stupendo? Sfruttalo. Io, quando ho mandato tre foto di Todi a Olu Oguibe, a Magdalena Campos Pons, ad Andres Serrano, mi hanno risposto subito: dov’è casa nostra? Noi non abbiamo Park Avenue, o il MoMA, ma abbiamo… l’Umbria.
Come ha reagito il tuo mondo a questa notizia?
Finora grandi applausi, poi vedremo alla prova dei fatti. Io per ora non ho dubbi: un grande collezionista mi ha detto “Sai, tu mi permetti di regalarmi delle giornate di libertà: invece di lavorare, per un giorno vengo a Todi, a vedere cose belle, a mangiare bene… Ed è il più grande regalo che mi puoi fare”. È stata accolta molto bene: certo, dai milanesi – soprattutto dai milanesi “imbruttiti” – un po’ meno, cinque ore di viaggio iniziano a diventare un po’ problematiche…
Come gestirai ora il passaggio da Milano all’Umbria?
Ora ci sarà a settembre un’ultima mostra fatta nella sede della Galleria Bonelli, poi la galleria rimarrà soltanto a Todi. Una galleria ha bisogno di continuità, di un lavoro progettato sulla sede, non basta mai un muro bianco…
Programmi?
La prima mostra era naturale che fosse con Matteo Basilè, visto peraltro che lui ha partecipato in prima persona alla nascita di questa idea. Poi ci sono in gestazione due progetti di livello internazionale, che però ora non posso anticipare. Andrei Molodkin verrà qui per vedere lo spazio e capire cosa fare, stessa cosa la Campos Pons… Io voglio lavorare su questa idea: sono in uno dei posti più belli del mondo, e voglio che gli artisti vengano a lavorare qui. E poi portino anche fuori quel che acquisiscono qui. Questa deve essere la nostra forza: troppo spesso noi italiani ci dimentichiamo della nostra supremazia culturale e intellettuale.
So che già progetti di curare molto la parte editoriale…
Sì, con Flavio Arensi stiamo lanciando una linea editoriale, una collana che si chiamerà Pensieri improvvisi, mutuato da Andrej Sinjavskij, dove cercheremo di pubblicare non solo cose legate all’arte, ma quelle che definirei “chicche del pensiero”. Pubblicheremo un libro di Pyotr Pavlensky, saremo i primi in Europa, e poi i Diari di Gina Pane, “Lettre à un(e) inconnu(e)”, che non sono stati ancora mai tradotti in italiano.
Massimo Mattioli