Da martedì 2 novembre 2021 la mostra Marisa e Mario Merz. La punta della matita può eseguire un sorpasso di coscienza, in corso alla Fondazione Merz, si arricchisce e presenta tre nuovi lavori degli artisti Richard Long, Giulio Paolini e Remo Salvadori.
Marisa e Mario Merz è un progetto espositivo inedito, a cura di Mariano Boggia, che illustra il loro lavoro nella particolare luce del nostro tempo. Per la prima volta negli spazi della Fondazione l’opera di Marisa e quella di Mario Merz si incontrano in un percorso unitario, per ricreare la dimensione dialogica, lo scambio intenso e profondo sulle reciproche pratiche che non ha mai annullato i punti di vista individuali. Il titolo della mostra è una esplicita citazione di una frase di Mario Merz che riconduce al terreno comune della pratica artistica come punto di inizio per la prefigurazione di mondi sconosciuti.
Le tre opere che dal 2 novembre integrano il percorso espositivo della Fondazione danno origine a triangolazioni di sguardi e di sensi e si inseriscono in maniera discreta nel dialogo presente negli ambienti della mostra, occupando spazi che erano stati lasciati liberi in previsione di questo appuntamento.
Nella loro lunga attività Marisa e Mario hanno incontrato e intrecciato rapporti con altri artisti, con alcuni si è trattato di un dialogo a distanza, ripreso in occasione di nuove esposizioni comuni, con altri dopo il primo incontro si è sviluppata una consuetudine talvolta trasformata in amicizia.
Richard Long (Bristol 1945, vive e lavora a Bristol) ha avuto sempre contatti con la situazione artistica italiana, a partire dalla storica rassegna di Amalfi Arte Povera + azioni povere del 1968, esponendo sovente in Italia e in particolare a Torino, nelle stesse gallerie frequentate dagli artisti individuati da Germano Celant. Il rapporto con Mario, nato spontaneo, si è mantenuto nel tempo, forse anche per una analoga apparente ruvidezza di carattere propria di chi si confronta con le asperità del mondo naturale: sicuramente due magiciens de la terre, per ricordare una mostra che li ha visti insieme nel 1989 a Parigi. Alla Fondazione Merz, il cerchio arabescato di porfido rosso Russian Stones (1994) si trasforma in un altopiano sotto un cielo attraversato dalle nuvole di Mario, trasformando l’angolo curvo dell’edificio in un paesaggio naturale.
Di natura diversa la partecipazione di Giulio Paolini (Genova 1940, vive e lavora a Torino), che evidenzia il sottile legame che si è mantenuto nel tempo tra gli artisti del gruppo dell’Arte Povera. Con il suo lavoro dal titolo Pittore in Africa (2021) mutuato da un’opera di Mario Merz e realizzato per l’occasione, Paolini ha voluto riprendere una conversazione interrotta superando il rammarico delle parole non espresse a suo tempo. “In Africa? Certo, come affermava Mario Merz, la Pittura non ha confini salvo quelli che si depositano dove non possiamo sapere… magari scompare per poi riapparire nel corso del Tempo” (Giulio Paolini). Nella sovrapposizione di frammenti di immagini e di oggetti su una antica carta geografica dell’Africa ritroviamo il modus operandi dell’autore, accresciuto da una venatura di antico affetto.
Remo Salvadori (Cerreto Guidi (FI) 1947, vive e lavora a Milano) presenta gli anelli di acciaio di “Continuo infinito presente” (1984/2021) in una versione inedita realizzata per questo appuntamento, sottolineando la natura del lavoro artistico di Marisa, costante e continuo. Sono qui di fronte due sensibilità che hanno in comune la capacità di suscitare meraviglia, attraverso un lavoro sotterraneo che, come un rizoma, riemerge generando forme che sono allo stesso tempo nuove e sempre uguali: lo stupore di fronte all’enigma degli anelli di acciaio è pari alla sorpresa destata dalla varietà dei modi di espressione dei disegni che affollano la parete di Marisa.
Il visitatore sarà immerso in un dialogo continuo, alla scoperta di lavori anche inediti, nella prosecuzione del tempo presente infinito abitato da Marisa e Mario Merz.