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Restituire la vita (dopo il sisma). Il delicato rapporto uomo-natura al centro di Terra Sacra, ad Ancona

Silvia Camporesi, Atlas Italiae 112 fotografie a colori installazione misure variabili Silvia Camporesi, Atlas Italiae 112 fotografie a colori installazione misure variabili
Silvia Camporesi, Atlas Italiae 112 fotografie a colori installazione misure variabili
Silvia Camporesi, Atlas Italiae 112 fotografie a colori installazione misure variabili
Cinque anni fa un terremoto ferì l’Italia centrale provocando ingenti danni e numerosi morti. Le Marche furono una delle regioni più colpite e la città di Ancona fu tra le prime a interrogarsi sulle forme di aiuto da portare ai territori coinvolti. I primi interventi si concentrarono proprio sul recupero dei capolavori d’arte antica danneggiati, per i quali venne immediatamente messo a disposizione un importante spazio della Mole Vanvitelliana in cui furono da subito ospitati e custoditi per essere esaminati e restaurati: un’azione tempestiva che vide fianco a fianco il Comune di Ancona, il Ministero dei Beni Culturali, il Nucleo Tutela dei Carabinieri.

Da questo intervento, nacque l’idea di realizzare un progetto che facesse dialogare queste opere con quelle di alcuni dei protagonisti dell’arte contemporanea. E così, la Mole Vanvitelliana, struttura sanitaria e difensiva, che sorge come una isola artificiale pentagonale, progettata nel 1732 da Luigi Vanvitelli nel porto di Anconadiventerà dal 27 novembre all’8 maggio 2022, il centro di questo progetto che aiuterà il pubblico anche a riflettere sul rapporto tra natura e uomo. La mostra, dal titolo TERRA SACRAcurata da Flavio Arensi, è nata proprio nell’ottobre del 2016 quando, durante l’inaugurazione dell’esposizione Ecce Homo sulla condizione umana attraverso la scultura figurativa, si percepirono le maggiori scosse del terremoto che stava toccando la regione.

Salvo, 45 Siciliani, 1976 olio su tavola, 102x121 cm Antonio Addamiano, Courtesy Dep Art Gallery
Salvo, 45 Siciliani, 1976 olio su tavola, 102×121 cm Antonio Addamiano, Courtesy Dep Art Gallery

Il percorso espositivo che si dispiega per tutti i luoghi della Mole Vanvitelliana, dalle mura alla corte, dal Magazzino Tabacchi al deposito della Soprintendenza delle Marche, presenta le 120 opere di 37 artisti, portavoce di linguaggi espressivi, spesso molto diversi tra loro: Claudio Abate, Guido Airoldi, Giovanni Albanese, Peppe Avallone, Gianfranco Baruchello, Matteo Basilè, Mirella Bentivoglio, Renato Birolli, Gregorio Botta, Andrea Bruno, Silvia Camporesi, Maurizio Cannavacciuolo, Leonardo Cremonini, Gino de Dominicis, Franco Fanelli, Flavio Favelli, Piero Fogliati, Paolo Icaro, Antonio Marras, Titina Maselli, Pietro Masturzo, Marco Mazzoni, Zoran Music, Gina Pane, Luca Pancrazzi, Filippo Piantanida, Franco Piavoli, Franco Pinna, Pasquale Palmieri, Roberto Pugliese, Davide QuayolaSalvo, Giorgio Santucci, Giuseppe Spagnulo, Pierantonio Tanzola, Alessandro TeseiZerocalcare.

Titina Maselli, Autostrada, 1961, olio su tela, 123 × 100 cm, Galleria Massimo Minini
Titina Maselli, Autostrada, 1961, olio su tela, 123 × 100 cm, Galleria Massimo Minini

La mostra intende partire dal territorio di Ancona e in particolare dalla Mole, che ormai da anni si è confermata uno degli spazi culturali più importanti del centro-sud della Penisola, anche in virtù delle contaminazioni fra cultura (le grandi mostre), psicoanalisi e scienze umane (Festival KUM!), musica (La mia generazione festival), e innovazione nell’ambito dell’accessibilità (Museo Omero).

A tal proposito, il grande Cavallo rosso di Mimmo Paladino, installato sulle mura della Mole cinque anni fa come elemento di un progetto di arte urbana, segna il primo importante legame fra arte e città. La mostra si apre con una gigantografia del Mediterraneo del fotografo Filippo Piantanida, luogo di transito, scoperta, pellegrinaggio e speranza raccontato dalle grandi saghe antiche e dalle cronache contemporanee.

Maurizio Cannavacciuolo, Lazy Ceramist Violet, Sunflower VS Green, 2021, olio su tela, 200 x 200 cm, Photo: Maria Enquist / Allucinazione

Entrando nello spazio del Magazzino Tabacchi il visitatore incontrerà il bosco digitale di Quayola: le immagini degli alberi saranno accostate a un lacerto di una scultura classica, rivisitata in chiave tecnologica, che richiama il Gruppo del Laocoonte, associando due degli elementi significativi dell’esposizione, la natura e l’uomo, a partire dalla riflessione che il grande paesaggista francese Gilles Clément fa a proposito del Terzo Paesaggio.

Sezione I. Pittura

Baruchello, Birolli, Cannavacciuolo, Cremonini, de Dominicis, Maselli, Pancrazzi, Pane, Salvo.

La prima sezione sarà dedicata alla pittura che analizza il tema del territorio come luogo di vita, in un percorso che dagli anni cinquanta del secolo scorso giunge fino ai nostri giorni; come per le altre sezioni il curatore ha mescolato periodi e linguaggi, andando a riscoprire autori talvolta dimenticati o poco conosciuti. Dalle Donne addormentate al sole di Leonardo Cremonini ad Anversadi Renato Birolli, fino a un inedito di Maurizio Cannavacciuolo, passando dall’Autostrada di Titina Maselli alla Sicilia di Salvo, ripresa da Luca Pancrazzi, ai luoghi minimi di Gianfranco Baruchello, fino a un raro e delicato ritratto di Gina Pane e un misterioso Gilgameshdi Gino de Dominicis. Uomo e natura che si incontrano.

Maurizio Cannavacciuolo, Lazy Ceramist Violet, Sunflower VS Green, 2021, olio su tela, 200 x 200 cm, Photo: Maria Enquist / Allucinazione

Sezione II. Antropologia dello spazio

Abate, Fogliati, Icaro, Pinna, Spagnulo

Con le immagini di Franco Pinna, che accompagnò l’antropologo Ernesto de Martino nel suo studio sui riti e la magia del Sud Italia, il tema dello spazio sacro o sacrale della Taranta si declina nel luogo dell’immaginazione artistica con la tarantola di Pino Pascali fotografata da Claudio Abate, in un gioco di specchi che prende la forma e la rende eterea nell’opera di Paolo Icaro, elemento di luce in Piero Fogliati per tornare concreta in Respiro di Giuseppe Spagnulo.

La terra sacra, è l’ultimo luogo in cui sopravviveva la tradizione orale/sperimentale del sapere, dell’atto magico: un mondo impossibile da replicare con la parola. Consapevoli del guadagno avuto dall’evoluzione storica, possiamo meditare onestamente su quanto abbiamo perso come società.

Sezione III. Luoghi degli altri

Avallone, Camporesi, Favelli, Masturzo, Palmieri, Tanzola, Tesei

La sezione parla dei luoghi e dei confini: dalla Persia di Flavio Favelli, all’Iran di Pietro Masturzo, qui con una selezione di immagini tratte da luoghi di conflitto. In particolare la sua fotografia che mostra la protesta notturna delle donne di Teheran (vincitrice del World Press Photo 2010) che salgono sul tetto a cantare contro il regime, è un anelito di libertà. Atlas Italiae di Silvia Camporesi è un atlante della metafisica più̀ geografico. Pasquale Palmieri racconta l’uomo nel suo territorio mentale e fisico, mentre Peppe Avallone è uno straordinario testimone del terremoto che colpì negli anni ’80 Napoli, con l’insorgenza artistica legata a Terraemotus(ideata da Lucio Amelio): la cultura che diventa megafono civile. Il video di Pierantonio Tanzola racconta invece i luoghi della stessa tragedia, ma nella loro spettrale caducità̀. Alessandro Tesei, regista e videomaker è presente con un montato su Fukushima e il disastro naturale che toccò il Giappone. In questa sezione spiccano anche le piccole opere di Mirella Bentivogliocon le sue lettere per destinatari sconosciuti.

A questo punto, il visitatore incontra la sezione di opere strappate al sisma e ricoverate alla Mole grazie al lavoro della Soprintendenza, dei Vigili del Fuoco, del Segretariato Regionale e del Nucleo Tutela del Patrimonio dei Carabinieri. I capolavori, scelti con la Soprintendenza, provengono dai paesi maggiormente colpiti dal terremoto, tra cui Ussita, Castelsantangelo sul Nera e Valfornace, e mostrano ferite e lacerazioni, e possibilità di rinascita.

Antonio Marras propone, all’interno del Deposito della Sovrintendenza alla Mole, un intervento artistico che mette al centro dell’interesse le opere recuperate dai luoghi pubblici (chiese, musei) distrutti o danneggiati dal terremoto che scosse le Marche.

Leonardo Cremonini, Donne addormentate al sole, 1954-55, olio su tela, 96,5×129,5 cm, collezione privata

Sezione IV. La casa, i senzatetto

Airoldi, Albanese, Basilé, Botta, Bruno, Bentivoglio, Music, Santucci, Zerocalcare

Il piccolo cunicolo del deposito Tabacchi è uno svincolo: ad accogliere chi entra c’è l’installazione Heimat di Guido Airoldi che pone il tema del luogo natio, e indica il territorio in cui ci si sente a casa propria perché vi si è nati, vi si è trascorsa l’infanzia o vi si parla la lingua degli affetti. A ricordare, tuttavia, il pericolo dei confini e delle piccole patrie, è posto uno dei “morti” di Zoran Music per ricondurre la memoria alla follia dei campi di concentramento e alcune tavole di Andrea Bruno prese da Cinema Zenit, dove la protagonista si muove in una città fatta di macerie non solo fisiche. A ciò segue da un lato l’Armata dei Senzatetto di Giovanni Albanese che racconta di un popolo senza dimora, che però ha casa ovunque. Centrale la grande madre che spinge la carrozzina, simbolo di speranza. Dall’altro lato Orbite di Gregorio Botta, una poetica installazione con alcune campane tibetane che riporta all’attenzione al dramma di un popolo che non può avere una identità. Sono le Macerie prime di Zerocalcare a chiudere questo percorso in cui si racconta la difficoltà di crescere, di scoprire il proprio ruolo nella società, di non perdere i legami che contano. Mentre Matteo Basilé apre lo sguardo a un territorio più misterioso, quello dello spazio, dove infine si trovano i protagonisti disegnati da Giorgio Santucci, i “grigi”, i più noti “extraterrestri”.

Sezione V. Paesaggio interiore paesaggio esteriore

Fanelli, Mazzoni, Pane, Piavoli, Pugliese

La mostra si chiude idealmente con Paesaggio interiore paesaggio esteriore dove si trovano le fotografie Pierres déplacées di Gina Pane in dialogo con i grandi tronchi sonori di Roberto Pugliese, l’Erbario di Franco Piavoli, il regista amato da Tarkovskij e Olmi autore di Nostos (film su Ulisse) e Il Pianeta azzurro, cui si specchia il bestiario inedito di Marco Mazzoni, e un’opera grafica di Franco Fanelli, uno degli incisori più importanti del panorama artistico odierno.

Accompagna l’esposizione, un catalogo, edito da Skira, con testi di Flavio Arensi, curatore della mostra, dell’antropologa Piera Talin e dei documentaristi Alessandro Tesei e Danilo Garcia Di Meo, quest’ultimo dedicato al progetto Quatrani che si è interessato di indagare l’adolescenza dei ragazzi dopo il terremoto dell’Aquila del 2009.

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