Apriva gallerie, le chiudeva, lavorava con un artista per anni e poi ci litigava, ma aveva sempre lo sguardo puntato in avanti, senza rimpianti o rimorsi: un ritratto del grande Pio Monti, scomparso ieri a Roma
Il Gianburrasca dell’arte contemporanea: così mi piace ricordare Pio, un gigante buono dal sorriso aperto e scanzonato, che compariva dove meno te lo aspettavi. Ci siamo incontrati tante volte, in occasioni diverse, e ogni volta mi colpiva per la sua apparente leggerezza, incurante delle tante dicerie che circolavano sul suo conto nel mondo dell’arte. Pio era un avventuriero, un giocatore d’azzardo che viaggiava “per mari e monti”, cercando di vendere le opere dei suoi artisti con una risata, senza malizia, come tutti i gamblers d’eccezione.
Seduto al tavolo verde dell’arte, Pio passava dalla roulette al Baccarà, scommetteva una fiche e ne vinceva mille, salvo poi perdere tutto in una mano sfortunata di Black Jack. Apriva gallerie, le chiudeva, lavorava con un artista per anni e poi ci litigava, ma aveva sempre lo sguardo puntato in avanti, senza rimpianti o rimorsi. Tutti lo conoscevano e gli volevano bene, pronti a perdonargli qualche intemperanza di troppo: era sul palcoscenico da decenni, come un vecchio amico un po’ goffo, che con una sola risata cancellava l’ultima gaffe. Amico di Gino De Dominicis e Enzo Cucchi, marchigiani come lui, aveva girato l’Italia con un’ automobile carica di opere d’arte, che vendeva a collezionisti di ogni tipo, spinto da una sincera passione per l’arte. Ricordo che un giorno comparve a casa mia con una t-shirt che mi aveva dedicato: un dono che mi aveva commosso, a significare la grande generosità d’animo. Ciao Pio, che la terra ti sia lieve!