Il corsetto dell’imperatrice, al cinema dal 7 dicembre il nuovo film sulla Principessa Sissi presentato al Festival di Cannes 2022
Di fronte al proliferare di biopic agiografici e convenzionali, un film come Il corsetto dell’imperatrice è una boccata d’aria fresca. Presentata nella sezione Un Certain Regard allo scorso Festival di Cannes, l’opera di Marie Kreutzer (The Ground Beneath My Feet) si incentra sulla figura di Elisabetta di Baviera, imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria, per tutti la principessa Sissi, offrendone un ritratto che scardina le convenzioni del genere biografico. Generalmente i biopic si dividono in due categorie: nella prima rientrano quei film che cercano di dare una panoramica completa della vita del soggetto, nella seconda quelli che si concentrano su un solo momento chiave. Il corsetto dell’imperatrice non si inserisce in nessuna delle due. È ambientato nel 1887, in coincidenza del quarantesimo compleanno di “Sissi”, che può considerarsi a tutti gli effetti l’evento più importante della narrazione. Per il resto, il film si concentra su momenti apparentemente insignificanti nella vita dell’imperatrice – momenti di noia oppure di svago, con qualche punta di piacere che a malapena compensa il complessivo senso di vuoto. Questa sistematica elisione dei momenti cruciali avviene tanto sul piano storico quanto su quello narrativo. Così, la contravvenzione delle regole dei biopic è doppia perché Kreutzer rifiuta due presupposti fondanti del genere, la sua vocazione informatrice da una parte e la sua funzione celebrativa dall’altra.
Se la maggioranza dei film biografici segue una struttura quasi agiografica, in cui le vicende dei protagonisti servono a trarre un modello o un insegnamento, Kreutzer evita anche questo tipo di chiusura e linearità. Piuttosto, Il corsetto dell’imperatrice va contemporaneamente in ogni direzione e da nessuna parte, rispecchiando così la traiettoria della sua protagonista, costantemente in viaggio da un Paese all’altro senza mai poter sfuggire al suo perenne stato di insoddisfazione. L’opera appare così simultaneamente episodica e ciclica: ogni occasionale sociale, ogni incontro, ogni amore clandestino riporta Sissi allo stesso punto di partenza, ovvero la sua incapacità di conciliare i suoi obblighi di personaggio pubblico e le sue esigenze private. L’audacia narrativa del film è forse più ammirevole nelle intenzioni che convincente: soprattutto la seconda metà perde vigore alla luce di una ripetitività che può essere giustificata solo parzialmente come funzionale alla rappresentazione dell’apatia e del disincanto della sua eroina. Purtroppo, il film sembra spegnersi in sé stesso mano che ci si avvicina alla sua pur affascinante conclusione, che rappresenta un’ultima, sfacciata contravvenzione alle regole del biopic.
A tenere in piedi la pellicola, anche quando sembra aver esaurito le cose da dire, è la straordinaria Vicky Krieps (Il filo invisibile, Bergman Island), meritatamente premiata al Festival di Cannes per la sua interpretazione. Il suo ritratto sfaccettato cattura tutte le complessità della sceneggiatura, scritta sempre dalla regista, restituendo un’immagine tutt’altro che santificata del suo soggetto.
Sissi è la vittima di un sistema patriarcale che non le offre vie di scampo. È sovrana di un Impero in declino (il lusso degli interni del film è sempre minacciato da un tocco di rovina) per cui non può essere nient’altro che un’immagine: il suo ruolo nella creazione della doppia monarchia e le conseguenti critiche hanno portato l’Imperatore Francesco Giuseppe ad escluderla da qualsiasi processo decisionale. Il suo corpo è l’unico fondamento del suo ruolo pubblico, nonché lo strumento con cui condurre le sue rivendicazioni private di libertà sessuale. Da qui la centralità della paura di invecchiare e sfiorire, simboleggiata dal gesto di stringere il costretto sempre di più.
Sissi, però, non è solo una vittima. Imprigionata in un’ideale romanticizzato di sé stessa, testimoniato per esempio dal suo senso di identificazione con le pazienti del manicomio di Vienna, l’imperatrice è spesso cieca di fronte alle esigenze altrui e persino disposta ad esercitare a svantaggio degli altri lo stesso potere che la opprime, per esempio impedendo alla sua dama di compagnia di sposarsi per averla sempre accanto a sé. Sono proprio queste contraddizioni a costituire il perno dell’imponente interpretazione dell’attrice e a rendere Il corsetto dell’imperatrice un’opera da ricordare, malgrado le sue imperfezioni.