La mostra “Roma/New York, 1953–1964” apre nella sede newyorkese di David Zwirner il prossimo 12 gennaio. Per poco più di un mese sarà possibile esplorare le contaminazioni intellettuali e artistiche che si sono sviluppate tra gli artisti attivi tra Roma e New York negli anni ’50 e ’60
L’esposizione intende anche commemorare Germano Celant -scomparso nel 2020- che nel 1993 aveva organizzato una mostra dal titolo “Roma-New York: 1948–1964” alla Murray and Isabella Rayburn Foundation di New York, che è stata l’ispirazione per la mostra da Zwirner.
Gli scambi culturali e artisti tra Roma e New York, e dunque tra artisti italiani e americani, negli anni ’50 sono stati intensi. Artisti con sede a New York come Cy Twombly e Robert Rauschenberg si recano in Italia e il loro lavoro viene influenzato dalle loro esperienze nel Bel Paese. Alcuni artisti, tra cui de Kooning, Kline e Twombly stesso, iniziano anche a presentare le loro opere nelle gallerie romane.
Nello stesso tempo pittori informali e astratti lavorano ed espongono a Roma (come Carla Accardi, Afro, Luigi Boille, Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi, Piero Dorazio, Gastone Novelli) e in un momento in cui New York emerge sempre più come capitale internazionale dell’arte, il loro lavoro inizia ad essere regolarmente presente in mostre nelle gallerie della Big Apple, come la Stable Gallery di Eleanor Ward e le gallerie di Catherine Viviano e Leo Castelli.
Da questo dialogo transatlantico emergono feconde relazioni, come nel caso del ritorno di Twombly in Italia nel 1957 su suggerimento di Scialoja e de Kooning che lavorava nello studio di Afro a Roma nel 1959.
La mostra da David Zwirner intende esplorare proprio questi fili intrecciati di gestualismo, informale e arte materica che hanno definito gli anni ’50 e i primi anni ’60 nel mondo dell’arte newyorkese e italiana, riunendo esempi chiave di artisti sia italiani che americani. Si procede con l’emergere in Italia di un’estetica distinta nei primi anni ’60 nel lavoro di Franco Angeli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Jannis Kounellis, Sergio Lombardo, Mimmo Rotella e Mario Schifano, che hanno incorporato il linguaggio dell’iconografia consumistica americana e dei segni urbani nelle loro composizioni in reazione sia alla pittura informale che al pop americano. E si arriva infine al 1964, l’anno in cui Rauschenberg vinse il Leone d’oro alla Biennale di Venezia, che rappresenta un punto di transizione: negli anni successivi inizia il declino dell’influenza artistica americana a Roma e in Italia in generale.