Il museo delle migrazioni FENIX a Rotterdam ha acquistato alla fiera TEFAF (che ha chiuso i battenti il 19 marzo) due “tronie” ovali recentemente riscoperte del pittore di Leida Jan van Staveren
La parola tronie (olandese del XVI-XVII secolo per “faccia”) è utilizzata nelle fonti olandesi del tardo Cinquecento in riferimento ad un gruppo di opere della pittura di genere caratterizzate dalla rappresentazione dei volti. Il termine è imparentato con la parola francese “tronche” usata nel gergo per “faccia”, “muso”. Nelle “tronie” sono raffigurati diversi tipi umani di estrazione sociale umile, lavoratori, personalità dall’etnia caratteristica e si distinguono dal ritratto (che vede dipinto un soggetto dall’identità anagrafica precisata).
Jan van Staveren (1613/14-1669) è stato contemporaneo e concittadino di Rembrandt (1606-1669) e Gerard Dou (1613-1675). Intorno al 1640, due modelle di origine africana posarono per Dou, che aveva già dipinto ritratti di persone di colore e sono noti almeno dieci dipinti, sei disegni e sei acqueforti di modelli neri di Rembrandt. Jan van Staveren ha prodotto per lo più piccoli dipinti molto rifiniti, ha fatto parte della scuola di artisti chiamati i fijnschilder (pittori raffinati). Durante l’Età dell’Oro, la Repubblica Olandese si afferma come leader mondiale nel commercio, nella scienza e nelle arti. In questo contesto di scambi culturali, esplorazioni e scoperte, nuove tradizioni artistiche fioriscono a Leida e nei Paesi Bassi, compreso lo sviluppo di questa nuova scuola di artisti noti per le loro scene di vita quotidiana squisitamente rese. Jan van Staveren ha dipinto scene bibliche, soggetti allegorici, scene di genere, ritratti, animali e paesaggi. Si specializza anche nelle “tronie”, come questi due piccoli pannelli acquistati al TEFAF, da Bob Haboldt.
La tratta degli schiavi ai tempi di Rembrandt, all’inizio del XVII secolo, non aveva ancora raggiunto la portata che avrebbe assunto in seguito. La schiavitù era proibita nella Repubblica dei Paesi Bassi e avveniva solo nelle colonie. Fu proprio durante questa fase che maestri olandesi come Jan van Staveren iniziarono a dipingere dal vero e a raffigurare nel modo più realistico possibile questi soggetti. Per un breve periodo nella storia dell’arte europea le persone di colore sono state ritratte in modo realistico e come soggetto principale. Solo più tardi compaiono come paggi e servitori neri, resi come status symbol e come “accessori”. Inoltre, nel diciannovesimo secolo, i modelli neri venivano spesso descritti con stereotipi negativi. I primi abitanti di colore nella capitale, spesso marinai liberi o schiavi liberati, formavano un gruppo affiatato stimato intorno al 1650 in 100-200 persone, su una popolazione cittadina di circa 200.000. Una comunità nera così significativa non era unica ad Amsterdam, ma era conosciuta anche a Leida all’inizio del XVII secolo. Le città olandesi avevano una popolazione migrante molto numerosa.
I due ritratti di Van Staveren danno un volto alla migrazione come fenomeno senza tempo ed è per questo che sono stati acquisiti per la collezione del museo FENIX, che aprirà nel 2024. «Non è solo un museo, è un luogo culturale a Rotterdam- spiegano sul sito del museo- Il luogo per eccellenza della partenza e dell’arrivo. Da dove sono partiti milioni di europei e altrettanti sono arrivati da tutto il mondo. In fuga o inseguendo l’amore. Spesso alla ricerca della felicità o di migliori opportunità. FENIX racconta tutte queste storie».
Solo per citarne due, lo scienziato Albert Einstein e l’artista Willem de Kooning hanno attraversato l’oceano partendo da Rotterdam. La partenza e l’arrivo di un numero enorme di persone hanno reso Rotterdam il melting pot che è oggi. La città è modellata da oltre 170 nazionalità che vivono qui.