Dal 22 aprile Palazzo Reale a Milano ospita per la prima volta in Europa un’ampia monografica dell’artista argentino Leandro Erlich
Nato a Buenos Aires nel 1973, Leandro Erlich crea grandi installazioni con cui il pubblico si relaziona e interagisce, diventando esso stesso l’opera d’arte. Le sue opere, che sono fatte di illusioni ottiche ed effetti sonori, uniscono creatività, visione, emozione e divertimento.
Palazzi in cui ci si arrampica virtualmente, case sradicate e sospese in aria, ascensori che non portano da nessuna parte, scale mobili aggrovigliate come fossero fili di un gomitolo, sculture spiazzanti e surreali, video che sovvertono la normalità: sono tutti elementi che ci raccontano qualcosa di ordinario in un contesto stra-ordinario, dove tutto è diverso da quello che sembra, dove si perde il senso della realtà e la percezione dello spazio.
L’artista si descrive così: «Mi piace presentarmi come un artista concettuale che lavora nel regno del reale e della percezione. Il mio soggetto è la realtà, i simboli e il potenziale di significato. Mi impegno a creare un corpo di opere – soprattutto nella sfera pubblica – che si apra all’immaginazione, sovverta la normalità, ripensi la rappresentazione e proponga azioni che costruiscano e decostruiscano situazioni per sconvolgere la realtà. Parlando in generale».
Dal 22 aprile 2023 a Palazzo Reale, viene data al pubblico la possibilità di conoscere il lavoro di Erlich attraverso le sue opere più note ed iconiche, per la prima volta riunite in una sola sede con l’intento di sistematizzare la produzione dell’artista. Erlich ci porta in un altrove magico, dove il possibile diventa impossibile, ma che stupisce ed emoziona grazie ad un grande senso estetico e una poesia fortemente intrinseca. Il suo lavoro esplora le basi percettive della realtà e la nostra capacità di interrogare queste stesse basi attraverso un quadro visivo. L’architettura del quotidiano è un tema ricorrente nell’arte di Erlich, che mira a creare un dialogo tra ciò che crediamo e ciò che vediamo, così come cerca di colmare la distanza tra lo spazio del museo e l’esperienza quotidiana.