Un modo per riscoprire la grandezza dell’impero romano? Mescolare star, lapidi e falli sadomaso. Al Palazzo delle Esposizioni inaugura la nuova mostra di Francesco Vezzoli dove divertirsi è la parola d’ordine
Realizzata in soli 5 mesi, del tutto sostenibile, con trasporti a chilometro zero, niente affatto commerciale, ma soprattutto divertente! Si tratta della mostra Vita dulcis. Paura e desiderio nell’impero romano, dove l’artista e curatore a un tempo (artista-demiurgo) Francesco Vezzoli ha preso a braccetto Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano, eleggendolo co-curatore; il team dei grandi nomi si completa con Filippo Bisagni per l’allestimento e Luca Bigazzi per l’illuminazione, poiché anche l’instagrammabilità vuole la sua parte.
Tra colonne e lesene corinzie il Palazzo delle Esposizioni di Roma, dal 22 aprile al 27 agosto 2023, ospita un iter espositivo che si pone l’obiettivo di far riavvicinare il pubblico alla storia “in maniera un po’ ludica, un po’ erotica” nel commento espresso dall’artista durante l’inaugurazione. Un commento che si sposa con quello di Verger: “di Roma ho capito questo: l’antichità ognuno la vede come vuole” e “le parole per descrivere il progetto sono tre: divertimento, emozione e riscoperta”. Tutte considerazioni confluite nell’esortazione conclusiva di Marco Delogu, presidente di Azienda Speciale Palaexpo: “vedete la mostra e divertitevi!”.
Un critico del Novecento ha messo a fuoco che l’emozione sbandierata in anticipo è un ricatto alla sensibilità del fruitore e induce alla passività, ovvero: “se poi non ti emozioni vuol dire che non sei sensibile, o meglio che non sai divertirti e se è così è meglio che taci”.
Ma chi l’ha detto che una mostra debba a tutti i costi consistere in un approfondito percorso di senso più che in un percorso esclusivamente divertente? Non può una mostra abbandonarsi alle “esse” che piacciono? Sensazioni, sesso, suggestioni, shock estetico? Qui ci sono tutti gli ingredienti giusti per trasformare una personale in un frizzante luna park!
Ad accogliere chi entra una sfilata di sei monumentali sculture luminose, provenienti dal progetto 24H Museum, realizzato nel 2012 con la Fondazione Prada per il Palais d’Iéna a Parigi. Silhouette chimeriche con il corpo di veneri classiche, il volto di star hollywoodiane e gli occhi della madre dell’artista. Sono le incombenti vestali del tempio ultra-pop di Vezzoli che, audaci e disarmoniche, impongono l’immediata dispersione per le sette sale d’intorno organizzate a temi e contrassegnate, sulle pareti e sul pavimento, da cubitali motti quotidiani misti a versi di poesia e di satira, tutti in latino.
Una moltitudine di preziosi reperti provenienti dai depositi del MNR – arditamente risvegliati dal proprio notturnale ed austero torpore – è posta in dialogo con un mix di celebri spezzoni filmici e una scelta di sculture vezzoliane, secondo un disegno estremamente raffinato e propedeutico.
C’è davvero di tutto. E come non potersi dilettare passeggiando tra filari di lapidi antiche usate come cornice del film Cabiria, statue truccate e un grosso fallo sadomaso in tufo?
“Se non mi domando chi eravamo io non mi ricordo chi siamo” è la frase dell’ultima canzone di Blanco, riportata dall’artista come ciliegina sulla torta alla fine del suo discorso inaugurale.
Che antico e contemporaneo vadano posti insieme, che l’uno possa far scattare l’altro e riempirlo di significazione nuova è qualcosa di lecito e di auspicabile. Qualcosa che già si era visto, ad esempio, nella mostra “Le Forme del tempo” accolta da Verger alle Terme di Diocleziano, dove all’antico però era lasciato un pizzico di dignità in più.
Ma al Palaexpo tutti sono chiamati da Vezzoli a partecipare della dolce vita dell’impero romano: da Kim Kardashian a Gabriele D’Annunzio, da Fellini a Petronio e Platone, da Kubrick a Medusa, da David Bowie a Ugo Tognazzi, assieme ad Achille e agli imperatori. E tutti dai propri seggi vellutati sembrano gridare l’unico motto latino che manca: Krumiri et Circenses, poiché erano questi i biscotti distribuiti all’inaugurazione e il pane, si sa, nella Roma di oggi non fa più tendenza.