“Salto nel vuoto”, alla GAMeC di Bergamo chiude il suo programma de “La trilogia della materia” con un nuovo e spettacolare progetto espositivo
Bergamo, con Brescia, è Capitale italiana della cultura 2023. Un anno importante per entrambe le città grazie ad una nomina che si lega anche all’esperienza della pandemia che ha visto le due città gemellate nella tragedia. Una nomina che rappresenta l’opportunità per andare oltre il dolore e dimostrare altre caratteristiche: l’importanza dal del loro patrimonio storico, artistico ed ambientale; la forza, la laboriosità e l’autoreferenzialità storicamente legata un’economica di geografia. Soprattutto l’occasione per dimostrare le distinte – ma in questa occasione coordinate e qualche volta collaborative – volontà culturali che corrono su 3 binari: patrimonio, accoglienza, innovazione e ricerca. Al netto dell’importante lavoro di mostrare al meglio il patrimonio inaspettato che i secoli hanno sedimentato sui territori – con progetti di riallestimento e mostre temporanee legate alle sedi e alle collezioni istituzionali – l’aspetto della ricerca e dell’innovazione vuole essere necessariamente centrale in questa Capitale perché tema rivolto al futuro e predisposto ad accogliere la ricerca e la partecipazione come elementi fondanti di un modello di crescita sociale.
“Salto nel vuoto”, la mostra alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo (istituzione che Brescia non ha) si inserisce in questa direzione dando seguito non ad un nuovo e spettacolare progetto espositivo di arte moderna e contemporanea ma chiudendo il suo programma – “La trilogia della materia” – elaborato su 3 appuntamenti e sviluppato in 5 anni. In tale direzione un punto a favore per un’istituzione che non si è lasciata ammaliare dal canto delle sirene (la Capitale, i flussi, i grandi nomi spettacolari…) ma che ha voluto proseguire le sue strategie di ricerca avviate nel 2018 con la direzione di Lorenzo Giusti.
Un piccolo neo sembra però annidarsi nella più recente comunicazione dell’istituzione: siamo all’ultima settimana espositiva di “Salto nel vuoto” (la mostra, aperta il 3 febbraio, chiude infatti domenica 28 maggio) ed è tutto un trionfo di comunicati stampa che a suon di numeri registrano l’aumento di dieci in dieci delle migliaia dei visitatori. Piccolo peccato veniale, forse ben comprensibile al termine di un lungo lavoro di faticosa progettazione.
Ma certo torna alla memoria il ricordo del pre – covid quando i numeri (dei visitatori) sembravano essere l’elemento super parte per determinare il sostegno alle pratiche dell’arte e alle sue manifestazioni “più convincenti”. Ed accanto al ricordo del pre – covid torna al petto anche il vuoto che gli anni di pandemia hanno creato nel comparto culturale. Non solo il vuoto delle vie e delle sale, ma anche quello delle tasche (degli artisti e degli enti) soprattutto nei difficili comparti dell’innovazione, cioè quelli in cui l’arte è ricerca. Inoltre, per chi vuole ricordare sino in fondo, alla mente tornano anche i dibattiti svolti nella lenta e ansimata ripresa post covid quando si è ragionato (o forse immaginato di ragionare?) sul fatto che l’esperienza della pandemia avrebbe necessariamente convinto anche l’orecchio più duro a non misurare sui numeri la necessità dell’arte e del fare arte.
Si potrebbe perciò scrivere “tutto bene quel che finisce bene” ma sarebbe forse un male che va ad allinearsi all’evidenza di una nuova industria pesante, quella del turismo culturale, insediata con particolare convinzione in Italia e di cui le Capitali della cultura possono essere una rampa di lancio. E sarebbe forse un male perché le attuali, inedite e tragiche contingenze globali, potranno voler cancellare, senza bisogno di spiegazioni, gli investimenti che non portano i grandi numeri.
Penso allora sia meglio scrivere (senza trombe, per favore) che è un bene che la mostra “Salto nel vuoto” raccoglie, grazie anche ai flussi della Capitale della cultura, nuovi e vecchi pubblici. I primi potranno, più o meno consapevolmente, constatare che ci sono tanti modelli di mostre, tra cui quelle che, per struttura, sono favorite dalla ricerca e da un apparato didascalico amplio e documentato che viene in aiuto (senza porre nell’obbligo) all’immediatezza a volte scarna della visione. I secondi perché, nel seguire una trilogia di mostre sulla materia, avranno scoperto su quanti binari e verso quante interpretazioni l’arte come ricerca determina la comune possibilità di esperire il mondo nel suo farsi e disfarsi tra teorie e accadimenti.
Un bene quindi non per i numeri e tantomeno per gli incassi – che da soli non possono mai coprire le spese di questa tipologia di progetti e, se confrontati ad altri, fanno comunque sorridere – ma perché l’aumento dei visitatori (ciascuno tra di essi) rappresenta l’efficacia della costanza e della determinazione nella continuità dell’investimento culturale. Cioè a dire: andiamo avanti in questa direzione: progettazione, e poi comunicazione e infine mediazione per la condivisione.
Cosa c’è dunque in Salto nel vuoto – Arte al di là della materia, la mostra a cura di Lorenzo Giusti e Domenico Quaranta? Lavori di alcune grandi artiste e artisti della storia dell’arte del XX secolo e di alcuni fra i pionieri dell’arte digitale a cui si sommano le ricerche di autrici e autori delle generazioni più recenti. Per necessaria semplificazione, tra opere di notevole qualità (e riconoscibilità) e opere trasgressive e potenziali, lo sguardo della mostra è rivolto verso chi, per primo nel XX secolo, ha indagato la dimensione del vuoto e chi, in seguito, ha scelto di indagare i cambiamenti nella percezione della dimensione materiale legati ai paradigmi del software e dell’informatizzazione (dalla rivoluzione digitale alla sua sistematizzazione).
La mostra si avvale anche della collaborazione della Fondazione Meru – Medolago Ruggeri per la ricerca biomedica – che per “Salto nel vuoto presenta” i MSHR (Brenna Murphy e Birch Cooper) con una nuova installazione di realtà virtuale della serie Nested Scapes (è necessario prenotarsi).
E quali sono infine le considerazioni che nascono dopo aver visitato le 3 mostre sulla “Trilogia della materia” realizzate nella Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo?
La constatazione di un tema che per ampiezza e relazioni con la scienza e la filosofia raccoglie l’eredità del XIX secolo e si presta a indagare il XX e il XXI secolo offrendo punti di vista ed esperienze diversificati. La possibilità di costruire percorsi critici e curatoriali (quindi scelte) che, seppure frutto di riflessioni singolari, permettono comunque di percorrere alcuni fra i temi più sensibili del nostro tempo; la costruzione di un percorso, tra la storia dell’arte e l’arte che si sta facendo, che ci inserisce nell’intensità – ed anche nella difficoltà – della presa di potere dell’immaginazione, dell’invenzione e della sperimentazione.
Salto nel vuoto. Arte al di là della materia
Artisti in mostra: Josef Albers, Agostino Bonalumi, Regina Cassolo Bracchi, Enrico Castellani, Dadamaino, Jean Degottex, Aleksandra Domanović, Ann Veronica Janssens, Yayoi Kusama, Francesco Lo Savio, Scott Lyall, Fabio Mauri, Aiko Miyawaki, Andrés Ramírez Gaviria, Antoine Schmitt, Gerhard von Graevenitz. Carla Accardi, Cory Arcangel, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Maurizio Bolognini, Paolo Cirio, John F. Simon Jr., Channa Horwitz, Ryoji Ikeda, Vladan Joler, František Kupka, Sol LeWitt, Mark Lombardi, Agnes Martin, Eva e Franco Mattes, Vera Molnar, Roman Opałka, Trevor Paglen, Pablo Picasso, Casey Reas, Evan Roth, Lillian F. Schwartz, Hito Steyerl, Addie Wagenknecht. Arte Programmata 1962: Gruppo T [Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele Devecchi, Grazia Varisco] Gruppo N [Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi], Getulio Alviani, Enzo Mari, Bruno Munari. Fluxus [Nanni Balestrini, John Cage, Robert Filliou, Alison Knowles, Yoko Ono, Nam June Paik, Mieko Shiomi, Rebecca Allen, Gazira Babeli, Petra Cortright, Constant Dullaart, Richard Estes, John Gerrard, Elisa Giardina Papa, Duane Hanson, Lynn Hershman Leeson, Agnieszka Kurant, JODI, René Magritte, MSHR, Katja Novitskova, Seth Price, Jon Rafman, Rachel Rossin, Manuel Rossner, Jeffrey Shaw, Timur Si-Qin, Ai Weiwei.