Tra scienza e arte, nel solco delle altre recenti mostre, Fondazione Prada presenta una rassegna per parlare di cambiamenti climatici attraverso le opere di artisti storici e contemporanei. A Venezia fino al 26 novembre 2022.
Gli inglesi, imbattibili in questo campo, sanno da sempre quanto è importante parlare di meteorologia, almeno a beneficio delle interazioni sociali. Ma oggi conversare di tempo atmosferico si carica ora di altri significati, si allarga al cambiamento climatico, al riscaldamento globale e ha a che fare con sicurezza pubblica e benessere, come abbiamo ormai purtroppo imparato. Ecco allora che la mostra Everybody Talks About the Weather, ideata dal curatore Dieter Roelstraete, si inserisce in un filone di grande attualità, esplorando la semantica del tempo meteorologico nell’arte visiva. L’allestimento, progettato dallo studio newyorkese 2×4, intreccia la dimensione artistica del progetto a una serie di approfondimenti scientifici, sviluppati in collaborazione con il New Institute Centre For Environmental Humanities (NICHE) dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
“Il cambiamento climatico rimane un argomento stranamente assente nell’ampio spettro delle questioni che attirano l’attenzione dell’arte dominante”, riporta Roelstraete, ispirandosi alle riflessioni di Amitav Ghosh. Lo scrittore e antropologo indiano nel suo saggio The Great Derangement. Climate Change and the Unthinkable, Pemguins Book, 2016 (La Grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile, Neri Pozza, 2019) aveva osservato l’incapacità della cultura contemporanea nell’affrontare questa minaccia da una prospettiva letteraria dai contenuti adeguati.
Ecco dunque svilupparsi, tra scienza e arte, un iter espositivo che segue ritmi diversi, secondo nuclei tematici legati agli agenti atmosferici (vento, neve, pioggia, caldo) e a temi come migrazioni, desertificazione, inquinamento, innalzamento dei livelli del mare, alternando le opere a pannelli didattici. Al pianterreno, un grande schermo a led riproduce a ciclo continuo previsioni del tempo tratte da media tradizionali e online, mentre una “stazione di ricerca” permette al pubblico di consultare liberamente un’ampia selezione di pubblicazioni scientifiche, libri e articoli di scrittori, studiosi e attivisti.
Nelle sale del piano nobile, altri volumi e le opere di artisti storici e contemporanei, in una continuità ideale. Si tratti di lavori – più di 50 – in cui, anche in modo allegorico, oltre che descrittivo, compaiono situazioni meteorologiche o scene riferite a fenomeni naturali. Opere pittoriche e stampe di maestri come Carlo Francesco Nuvolone, Vittore Grubicy de Dragon, Katsushika Hokusai, Plinio Nomellini, condividono lo spazio espositivo con opere recenti e nuove commissioni di artisti come Giorgio Andreotta Calò (con i suoi carotaggi di roccia), Antony Gormley, Richard Onyango (con il trittico Tsunami), Gerhard Richter e Vivian Suter.
Alcuni artisti, come Iñigo Manglano-Ovalle e Chantal Peñalosa riprendono un soggetto classico come le nuvole, che nella loro visione acquisiscono un significato politico. Altri artisti sono presenti con due opere. Per esempio Pieter Vermeersch, al pianterreno con un’installazione che integra otto repliche di capolavori storici, dalla Tempesta del Giorgione (l’originale è alle Gallerie dell’Accademia) a Pieter Brueghel il Vecchio, Hendrick Avercamp, Nicolas Poussin, John Constable, Caspar Friedrich, William Turner, fino a Impression, Soleil Levant, di Claude Monet.
Una mostra per riflettere, una volta di più, su come l’arte rivesta un ruolo culturale e sociale e possa essere uno strumento potente per divulgare il messaggio sulla crisi climatica. Come afferma Miuccia Prada, Presidente di Fondazione Prada: “Parlare oggi di meteo significa quindi parlare e preoccuparsi del futuro di tutti”. “Perché il tempo atmosferico, in sintesi, è quello che ci sta accadendo”, sottolinea il curatore. Meteoropatici astenersi.