Dopo tre anni di ristrutturazione riapre la National Portrait Gallery di Londra. Un nuovo ingresso, spazi ampliati e rinnovati. Ma soprattutto più opere alle pareti e più inclusività nelle scelte espositive. Ecco le principali novità dal museo che detiene la la più grande collezione di ritratti al mondo.
Dal 1986, anno in cui la National Portrait Gallery di Londra si trova nell’attuale sede di Trafalgar Square, il Museo non era mai stato oggetto di una così ampia ristrutturazione. Quello appena concluso è un ampio progetto di ristrutturazione durato tre anni e costato 41,3 milioni di sterline (circa 53 milioni di dollari). Sotto la supervisione di Jamie Fobert Architects e di Purcell Architects, l’edificio è stato restaurato nella sua quasi totale interezza. E ampliato. Il Museo ha infatti guadagnato circa il 20% di spazio utilizzabile, compreso il nuovo ristorante sul tetto. Inoltre si è idealmente aperto all’esterno, con l’apertura di molte finestre in grado di accogliere la luce solare e cambiare volto all’intero percorso.
Per delle nuove finestre che nascono, alcune sono state invece chiuse. Si tratta delle tre finestre che al piano terra davano su Ross Place e oggi trasformate nel nuovo ingresso. Anziché il vetro, ora si trovano tre porte ricoperte da 45 bassorilievi in bronzo raffiguranti ognuno un ritratto femminile realizzato da Tracey Emin. Addio dunque all’accesso su St Martin’s Place, ora diventato l’uscita.
Una volta entrati nella nuova NPG, si nota subito la riorganizzazione degli spazi operata da Nissen Richards Studio, ovviamente in stretta collaborazione con il team curatoriale. Rimane invariato il criterio espositivo, prettamente cronologico, ma cresce di circa un terzo il numero di lavori esposti. Del resto, con oltre 1.100 opere che vanno dal Medioevo ad oggi, ovvero la più grande collezione di ritratti al mondo, non manca di certo il materiale.
Tra le vecchie e intramontabili opere spicca ancora la primissima acquisizione del Museo al momento della sua apertura. Ovvero il ritratto di William Shakespeare (ca. 1600–10), attribuito a John Taylor. Opera che non ha né una sala né una scelta espositiva dedicata, ma che si trova appeso accanto ad altre tele della collezione.
Nelle nuove aggiunte, in gran parte raccolte nella sezione History Makers Now, spiccano l’arazzo di Michael Armitage Everyday Heroes, che celebra “i lavoratori chiave, gli eroi non celebrati della pandemia di COVID-19” e il gigantesco ritratto di gruppo di Jann Haworth e Liberty Blake, che raffigura alcune influenti inglesi donne, tra cui la scrittrice Virginia Woolf, la comica Dawn French, la modella Kate Moss, l’attrice premio Oscar Olivia Colman e la violoncellista Jacqueline du Pré. Ma anche il ritratto del musicista Ed Sheeran di Colin Davidson o il ritratto ufficiale dei nuovi Principe e Principessa del Galles firmato di Jamie Coreth.
In generale, le aggiunte e le riconfigurazioni sottolinea l’intenzione della NPG di aggiornarsi e correggere le proprie lacune, mostrandosi più inclusiva e attenta alla sensibilità contemporanea. Per esempio, circa il 48% dei ritratti nelle gallerie del 20° e 21° secolo sono di donne (rispetto al 35% di tre anni fa). Un salto reso possibile anche da acquisizioni recente come quella dell’autoritratto di Evelyn Nicodemus del 1982, il primo dipinto realizzato da un’artista nera a entrare nella collezione, o la miniatura del 1820 di Sarah Biffin, una pittrice nata senza braccia né gambe che ha imparato da sola a cucire, scrivere e dipingere usando la bocca.
Ambizioni di inclusione evidenti fin dalla hall, dove troviamo un gruppo di busti e studi per sculture a grandezza naturale, tra cui quelli di Nelson Mandela, la poetessa Felicia Dorothea Hemans e la scultura in bronzo di Thomas J. Price raffigurante una donna nera immaginaria (Reaching Out, 2021). Quest’ultima, concessa in prestito da Hauser & Wirth, è il simbolo dell’apertura del Museo a collaborazioni e prestiti da istituzioni esterne. Come accade anche per l’unico ritratto completo conosciuto della contessa Lady Margaret Beaufort (in prestito dal St John’s College di Cambridge), oppure per Ada Lovelace (1836) di Margaret Sarah Carpenter, prestato dalla Government Art Collection.
Altro importante cambiamento riguarda le opere su carta, prima scarsamente rappresentate nel percorso di visita e che ora trovano invece spazio alle pareti del Museo. Non mancano poi sezioni tematiche, traversali, come quelle dedicate alle silhouette. E soprattutto occasioni di approfondimento e divertimento, garantite dai nuovi contenuti audiovisivi che rendono interattiva e ampia l’esperienza di visita.