Lorenzo Mattotti, nato per caso nel 1954 a Brescia, è parigino d’adozione per scelta dove vive e lavora dal 1998. L’artista colto e poliedrico, esploratore di nuovi linguaggi, regista e sceneggiatore, è riconoscibile per il segno fluido come un onda sonora dal solido impianto compositivo. È cultore del colore vibrante, capace di forma a “Storie, Ritmi, Movimenti”, come suggerisce il titolo della sua mostra a Brescia, nel Museo di Santa Giulia, a cura di Melania Gazzotti, prodotta da Comune di Brescia, Fondazione Brescia Musei, Alleanza per la Cultura nell’ambito della Capitale italiana della Cultura (fino al 28 gennaio 2024).
La retrospettiva di 250 lavori (quadri, schizzi preparatori, disegni inediti, manifesti, animazioni cinematografiche),dagli anni ’80 ad oggi, inscena una immersione totale nel suo mondo multisensoriale immaginifico, dall’energia ipnotica che infrange i limiti tra figurazione e astrazione, tecniche e linguaggi.
Mattotti disegna l’essenza materica del colore con diverse tecniche, è insuperabile con il pastello e la china, e nella sapiente giustapposizione di colori che danzano nello spazio del foglio, tela o schermo, da forma a creature dinamiche dai colori brillanti. Le sue creazioni visive incantano, come il suono delle Sirene temute da Ulisse e i suoi compagni di viaggio, per un segno avvolgente che appaiono così, all’improvviso sul foglio e scivolano via danzanti in uno spazio al confine tra fiaba e realtà.
La mostra suddivisa in tre sezioni- musica, cinema e danza, partendo dai bozzetti fino all’opera finale, con video ed estratti di animazione, esplora l’evoluzione della sua materia cromatica e il suo segno funambolico in un allestimento –partitura di un autore che gioca accostando i tre colori primari ai secondari. Mattotti sembra conoscere molto bene La Rose des couleurs e la Grammaire des Arts du Dessin di Charles Blanc, portando al massimo delle potenzialità espressive la legge del contrasto simultaneo dei colori. Dipinge con i pastelli, con olio, acrilici e china, racconti visivi, illusioni di storie mai vissute, forse desiderate di personaggi che sfuggono il qui e ora, sempre in movimento, trascinate verso altre dimensioni fuori dalla cornice e dal tempo. Il suo tratto è pervaso dalla musica, nei fumetti come nei grandi dipinti e nella produzione cinematografica o editoriale, che incrocia composizione pittorica e della canzone in cui su tutto domina il movimento cinematografico; come si vede chiaramente in questa mostra che indaga la sua passione per la sperimentazione di nuovi linguaggi.
Ritmo, dinamismo, sinuosità, intenzione e improvvisazione, leggerezza e svolazzante luminosità dei suoi colori impalpabili come nuvole ma coposi, sono i codici stilistici inconfondibili in cui movimento si fa colore. Mattotti usa i colori come il musicista gli strumenti e il regista la luce per creare campi visivi, ‘proiezioni’ più che disegni. I suoi pastelli su carta animano libri tradotti in tutto il mondo, più in generale tutte le sue opere definiscono uno spazio che si distende nel tempo in cui tutto è ritmo. Fin dall’adolescenza è appassionato di musica e di cinema, è un disegnatore –sognatore dal talento narrativo, compositore illusivo di armonie anche stonate.
Sorprendono il suo guizzante verde, l’arancione sfacciato, il giallo abbacinante sovrapposto al corposo rosso o al blu oltremare, l’azzurro-cobalto, e proprio lì tra un colore e una forma, in uno spazio altro il mutevole si fa immagine e il ritmo corpo, pensata come sfida grafiche per sondare le potenzialità del colore.
Mattotti pubblica fumetti dagli anni’70, prima sulle testate francesi Biblipop e Circus, e poi in Italia sulla rivista comasca di controcultura King Kong. Da allora non si è più fermato e ha collezionato premi internazionali, romanzi illustrati, copertine di magazine, quali The New Yorker, Glamour, Vanity Fair, Cosompolitan, Nouvel Observateur, Le Monde, Corriere della Sera e La Repubblica. Nel 1984 pubblica Fuochi, un caso editoriale che ha elevato l’illustrazione a forma d’arte autoreferenziale, poi ha collaborato con diversi registi per film di Michelangelo Antonioni, Wong Kar–wai e Steven Soderberg per cui realizza i pannelli di collegamento dipinti fra i tre episodi, accompagnati dalle musiche di Caetano Veloso. Per Lou Reed ha illustrato The Raven (2011), inoltre lavora alle sequenze animate di film di animazione, tra gli altri ricordiamo Pinocchio (2012) e un film cult La famosa invasione degli orsi in Sicilia (2019), tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati, di cui ha curato la regia e la sceneggiatura. Tra i classici, c’è da la sua versione illustrata dell’Inferno di Dante Alighieri, seguono Incidenti, Stigmate, Signor Spartaco, Doctor Nefasto e Hansel und Gretel. Periferica. Storie ai Margini, è tra gli ultimi libri dedicati a paesaggi urbani al limite dell’incubo, post-espressionisti.
E chi non ha visto almeno una volta da qualche parte il manifesto ufficiale per il Festival del Cinema 2000 di Cannes, e da sei anni quelli per la Mostra internazionale d’Arte Cinematografica o per altre manifestazioni jazz, cinematografiche? Mattotti ha creato anche il manifesto per la Festa della danza di Brescia (2001), lo porta in questa città il ritmo che la travolge nell’anno in cui è Capitale italiana della Cultura.
Di nuovo in questa mostra nella sezione dedicata alla danza, vengono esposti insieme ad alcuni disegni raccolti nel libro Carnaval (2005), prodotti durante il suo soggiorno a Rio de Janeiro, tre grandi tele Danze (2023), dipinte per l’esposizione e appartenenti a un ciclo di opere sulle danze collettive; lasciate alle spalle le restrizioni sanitarie della pandemia, tornare a ballare insieme fagocitati da ritmi travolgenti, quasi dionisiaci, ‘suona’ come un inno alla vita. Nell’ambito della mostra è prevista la proiezione di 12 film e un cortometraggio, una rassegna cinematografica “Focus Mattotti” in cui saranno proiettati sia i film ai quali ha collaborato o diretto, sia la sua “Carta Bianca”, una selezione di titoli da lui scelti, i film che hanno inciso nella sua formazione artistica o che ha amato.