La Nuova Pilotta di Parma ha completato un percorso di riqualificazione durato sei anni. Ora l’unico vero museo pubblico enciclopedico d’Italia si presenta nella sua versione migliore di sempre.
Siamo abituati a vedere i musei conservare le opere d’arte, ma a volte capita che sia il museo stesso a farsi opera. Quando la sua architettura ci stupisce per bellezza o fantasia, oppure quando l’organizzazione interna, estetica e contenutistica, viene ripensata e sistemata, rivista e modernizzata. E se non la si vuol chiamare opera, che almeno sia definita impresa. Con questo, quello o quell’altro: ad ogni modo, non può che essere lusinghiero il termine con cui riassumere i sei anni di lavori che hanno portaro alla nascita della Nuova Pilotta.
Il progetto di riqualificazione e di riallestimento del percorso espositivo del Complesso monumentale parmense, ideato dal direttore Simone Verde, ha interessato circa 30.000 mq e ha visto ricostituita l’originaria unità una delle più importanti concentrazioni italiane di documenti, beni culturali, artistici e librari, riunendo istituti nati insieme e smembrati nell’Ottocento.
Lo sottolinea anche il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, presente al taglio del nastro: “dalle arti figurative della Galleria Nazionale alla stampa con le preziose testimonianze del Museo Bodoniano, dallo spettacolo nel Teatro Farnese alle collezioni librarie della Biblioteca Palatina, l’inestimabile patrimonio culturale custodito in questo museo ha finalmente piena dignità e giusta valorizzazione“.
Un museo che vede finalmente le sue cinque anime – Galleria Nazionale, Museo Archeologico, Museo Bodoniano, Biblioteca Palatina, Teatro Farnese – sistemate e ripensate in maniera coerente, organica, come si addice all’unico museo enciclopedico d’Italia. A giovarne anche gli spazi connettivi come lo scalone monumentale, il vestibolo del teatro, l’area esterna dei cortili che, trascurati da una logica museologica ottocentesca, versavano in condizioni di profondo degrado e la cui funzione era limitata a servitù di passaggio.
Oggi li ritroviamo utili come non mai (lo spazio sotto le tribune del teatro, addirittura, è diventato un luogo espositivo), funzionali ad amalgamare un percorso che ora scorre fluido e unitario. Per una sua gran parte l’abbiamo già percorso a luglio, quando raccontavamo della riqualificazione dell’ex Galleria Nazionale, che ha visto l’apertura di sette nuove sale, la sistemazione di quelle già esistenti e la riconsiderazione in termini di riflessione concettuale delle collezioni, anche per quanto riguarda la leggibilità delle opere, il tutto a cavallo tra filologia storica, valorizzazione e contestualizzazione architettonica contemporanea.
L’ultimo tassello di questo mosaico è l’apertura della sezione archeologica, completamente ripensata e riqualificata. Il Museo Archeologico, il primo d’Italia, istituito nel 1760 per volontà dei duchi di Borbone, si presenta in una nuova veste in grado di garantire migliori condizioni di conservazione e fruibilità del patrimonio. L’itinerario segue una scansione cronologica e tematica, in un
percorso continuo che dal Paleolitico conduce al Tardoantico per connettersi al piano superiore alla prima sala della Galleria, dove sono esposte alcune opere scultoree dei secoli XII e XIII.
Tra gli highlight del percorso i reperti – ossa, utensili, armi, statue, pietre, gioielli – che testimoniano la vita delle civiltà etrusche e celtiche nella zona emiliana; i vari esiti degli scavi della zona di Veleia, nucleo per cui fu originariamente istituito il museo; la sala affrescata sul soffitto con l’allegoria dell’Archeologia e lungo i lati le sculture della dinastia Giulio-Claudia; ma soprattutto la Tabula alimentaria di Traiano, la più grande tavola bronzea iscritta romana mai trovata, dove ancora si distinguono chiaramente nomi e date. Un reperto-capolavoro che sarebbe potuto essere fuso, e che invece la fortuna e l’avvedutezza di chi ci ha preceduto è riuscito a salvaguardare, portando al tempo gli scavi di Veleia (da cui proviene) a rivaleggiare con Pompei, e oggi il Museo Archeologico di Parma a fregiarsi di un pezzo incredibile.