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La montagna come esperienza formativa. Chiara Gambirasio e Raffaele Vitto alla ricerca di nuovi equilibri, a Verona

Da-Quassù_Habitat83_Chiara-Gambirasio_Raffaele-Vitto
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Verona. Restituzione, esposizione (fino al 16 dicembre). Lo scorso 18 novembre sono stati presentati i lavori di Chiara Gambirasio e Raffaele Vitto, frutto della residenza presso il rifugio Marchetti Stivo (sito ad Arco, Trento), promossa dall’Associazione di Promozione Sociale In Habitat via Mantovana 83/e 37137 Verona- per il progetto Da quassù… Residenza d’artista sul Monte Stivo. Un’idea che nasce dalla volontà di ospitare in un ambiente non convenzionale artisti visivi contemporanei per un’esperienza di soggiorno di un mese in un rifugio in alta montagna. La particolare posizione del rifugio che sovrasta da nord il Lago di Garda permette una triplice visione sui territori lombardi, veneti e trentini nonché una prospettiva ampia e un rapporto stretto e privilegiato con gli elementi naturali.

Da-Quassù_Habitat83_Chiara-Gambirasio_Raffaele-Vitto
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La montagna in questo diventa esperienza formativa, per stimolare la scoperta e la ricerca di quegli elementi “essenziali” e valori profondi. Le condizioni di isolamento e la condivisione degli spazi necessitano di strutturare unaconvivenza basata sull’empatia e il rispetto. La struttura risulta quasi autosufficiente dal punto di vistaenergetico, con pannelli fotovoltaici sul tetto e taniche per la raccolta dell’acqua piovana. Laconsapevolezza delle risorse disponibili quotidianamente, necessita però di una gestione attenta evirtuosa per la vita in rifugio. La componente relazionale e sociale varia molto rispetto alla vita in città, dove normalmentesi è abituati ad uscire per avere dei rapporti sociali. In questo caso sono le persone che arrivano alrifugio per trovare ristoro e unambiente confortevole, un cambiamento evidente rispetto alla vita inqualsiasi centrourbano.Quest’esperienza comunicata tramite espressioni artistiche vuole diffondere un messaggio dicambiamento, di critica sul nostro stile di vita, di ampliamento delle prospettive e di un fondamentale ritorno ad una vita di comunità.

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La residenza è iniziata domenica 3 luglio, con l’ascesa al rifugio ed è terminata sabato 29 luglio con la presentazione dei progetti sviluppati dagli artisti durante il soggiorno. I lavori sono tuttora in esposizione nei pressi del rifugio, modificati e mimetizzati dal tempo trascorso. Queste installazioni ambientali non sono trasportabili e risultano raggiungibili solamente a piedi, per tanto, la mostra ad Habitat Ottantatre sarà caratterizzata da una commistioni di elementi sia documentaristici che artistici.

Raffaele Vitto tramite dei bozzetti in argilla cruda racconta di un processo esplorativo fortemente connesso al territorio, alle sue altitudini e morfologie. Riporta quindi nelle sale espositive di Habitat Ottantatre una mappa simbolica e una progettualità immaginata e in parte realizzata.

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La sua installazione in territorio montano dal titolo 617 c nasce come tentativo di strutturare un accesso agevolato a luoghi impervi, un intervento umano, dalla valenza sia pratica che simbolica, destinato a scomparire in breve tempo. Un’opera nata anche dalla fatica di trovare la giusta posizione nella quale realizzarla, studiando ed entrando nel paesaggio stesso. L’artista realizza nei pressi di Malga Campo, una scala in terra cruda, materiale che Raffaele Vitto consce bene, grazie all’esperienza pratica di chi questa la coltiva da generazioni.

Chiara Gambirasio per la mostra ad Habitat Ottantatre capovolge la visione e tramite il linguaggio fotografico abbatte quei parametri verticali che ci orientano con un sopra ed un sotto. Convenzioni precarie che a seconda della prospettiva trovano nuovi equilibri e armonie. Il mutare del passaggio, il variare della luce lo scorrere senza fine della realtà, il perenne nascere e morire, esplicita in forma poetica la convivenza degli opposti nel medesimo spazio e tempo.

L’installazione ambientale realizzate invece nei pressi del rifugio Stivo, dal titolo Ammiraggio è un’opera nata all’interno di una conca formatasi durante la seconda guerra mondiale per l’esplosione di una bomba. Le pietre raccolte sono state riportate una ad una al suo interno fino a generare una sorta di muro a secco orizzontale. Il centro si è trasformato in un punto focale per osservare la valle da un altro punto di vista, al riparo dal vento,  in uno spazio raccolto, profondo e sicuro. L’opera, in origine dipinta ci avvolge e nel suo continuo mutare ci inganna con riflessi e visioni.

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