Tra le prime aste importanti del nuovo anno, si segnalano quelle della Masters Week di Sotheby’s New York. Le vendite più importanti sono la “Master Paintings & Sculpture Part I” e “The One” (asta “curata” che riunisce un gruppo di oggetti e opere d’arte straordinari che attraversano gli annali della storia), poi si segnalano “A Scholar Collects”, una collezione privata che presenta un autoritratto di Élisabeth-Louise Vigée Le Brun e molti altri cataloghi. Tra i 53 lotti della “Master Paintings & Sculpture Part I” emergono due autoritratti di Rubens e Van Dyck stimati rispettivamente 3-5 milioni e 2-3 milioni di dollari
Il dipinto di Rubens, con la sua quotazione stellare, è il top lot del catalogo. Questo autoritratto recentemente riscoperto fu dipinto ad Anversa intorno al 1610-1611, poco dopo il suo ritorno da un soggiorno di otto anni in Italia. Rubens aveva allora circa trentatré anni. Proprio nel periodo in cui si ritrasse qui, si stava affermando come il più grande pittore europeo a nord delle Alpi.
Questo dipinto è quasi certamente coevo al trittico dell’Innalzamento della Croce, dipinto per la Cattedrale di Nostra Signora di Anversa e tuttora in situ, opera che insieme ad altre dello stesso periodo annuncia lo stile barocco nell’arte nordeuropea. «In questo dipinto di piccole dimensioni Rubens adatta l’energia sconfinata delle sue opere di grandi dimensioni per catturare le proprie caratteristiche su scala intima – spiegano da Sotheby’s – È dipinto rapidamente con un’economia di pennellata che sarebbe diventata caratteristica dei suoi ritratti, la maggior parte dei quali realizzò nel decennio successivo».
Il ritratto rimase in possesso di Rubens e dei suoi discendenti fino al 1853. La sua provenienza da allora in poi è ininterrotta fino al 1894. Successivamente risultò in possesso del collezionista svedese John Åke Truls Wiberg (1902–1963) ed è stato venduto in Svezia nel 2021.
Considerato l’impegno di Rubens nel momento in cui dipinse questo autoritratto, non sorprende che sia eseguito in modo rapido, simile a uno schizzo. Il pannello nella sua forma attuale comprende una sezione centrale originale che misura 55,5 x 40,0 cm, successivamente ampliata su tutti i lati e la parte originale è stata inserita in un pannello successivo. Nella scheda critica in catalogo si racconta che «Rubens dipingeva quasi sempre schizzi e dipinti simili a schizzi (compresi paesaggi) su frammenti o ritagli di assi di quercia, presumibilmente avanzati da altri progetti del suo studio (pratica paradossalmente non adottata dai suoi allievi e collaboratori come Jacob Jordaens e Anthony van Dyck). Non si può essere sicuri, tuttavia, che questa sia stata la genesi del pannello attuale».
Proseguono gli esperti di Sotheby’s: «Un esame della tecnica di Rubens nel presente lavoro rivela una serie di caratteristiche familiari agli altri suoi dipinti, in particolare a quelli simili a schizzi. Inizia applicando rapidamente uno sfondo marrone chiaro, lasciando uno spazio per la testa. Proprio questa tecnica può essere vista nel ritratto di Detroit di Philip Rubens, il fratello dell’artista. Uno degli espedienti di Rubens per creare l’impressione di vita nei suoi modelli era quello di dipingere sezioni di carne con sfumature di rosso e blu che sarebbero apparse attraverso gli smalti traslucidi color pelle sopra, dando così vita alle sue rappresentazioni. Questo fenomeno è osservabile in molti dei suoi primi lavori, compreso questo autoritratto e quello di suo fratello. Nei ritratti dei suoi parenti più stretti e amici, Rubens lasciava gli abiti abbozzati in modo da dirigere l’attenzione dello spettatore sul viso, piuttosto che sugli abiti. Qui l’abito è volutamente scuro per far apparire il viso più chiaro. Così facendo, cercò di conferire al ritratto un’intensa vivacità».
Allievo prediletto di Rubens, Antoon van Dyck (1599-1641) viaggiò più del maestro e raramente si fermò a lungo in un posto, ma dovunque arrivava signori e monarchi si contendevano un suo ritratto. Non si sa con precisione come si siano incontrati, sappiamo che l’incontro è avvenuto intorno al 1615 circa e che Rubens lo fece suo stimato collaboratore: van Dyck partecipa infatti ad importanti commesse per le chiese di Anversa. Sarà il ritratto l’espressione più originale di van Dyck, ma l’approccio dei due pittori è molto diverso. Rubens unisce la conoscenza dei modelli rinascimentali all’osservazione diretta e realistica, van Dyck elabora nuove iconografie, come quella del “ritratto mitologico”.
L’autoritratto sicuro ed elegante di Sir Anthony van Dyck in arrivo in asta fa parte di un gruppo di autoritratti eseguiti dall’artista quando era già divenuto uno degli artisti più famosi in Europa. Van Dyck, come i suoi contemporanei Rubens e Rembrandt, dipinse immagini di se stesso fin dall’inizio della sua carriera, quando era ancora adolescente.
Alcuni sono piuttosto vistosi. Tuttavia, un gruppo più piccolo di opere, dipinte più tardi nella sua vita, sono più sobrie, se non meno eleganti. «Il presente dipinto risale a quest’ultima fase, intorno al 1637-1639. Sembrerebbe infatti il penultimo esempio di autoritratto di Van Dyck, superato solo dall’Autoritratto del 1637-1639 circa già nella collezione del conte di Jersey e ora alla National Portrait Gallery di Londra. Sembra che il dipinto sia rimasto nella collezione dell’artista fino alla sua morte e sia stato successivamente acquisito dal suo ammiratore ed erede artistico, Sir Peter Lely» si legge nella scheda critica in catalogo, che prosegue: «Van Dyck si mostra in busto -lunghezza, la testa si voltò a guardare lo spettatore. II suo aspetto è sereno e consapevole, ma non altezzoso, ed è semplicemente, anche se elegantemente, vestito di nero, con un ampio colletto bianco. Indica se stesso con la mano sinistra, come a confermare il proprio status, e non indossa la catena d’oro donatagli da Carlo I, preferendo presentarsi come un gentiluomo, seppur in abiti un po’ informali (come faceva immancabilmente nei suoi autoritratti)».