Frieze Los Angeles 2024 si è aperta da poco (29 febbraio-3 marzo) a ha già portato a grandi vendite per le gallerie blue-chip. Da Hauser & Wirth a Perrotin, sono tanti quelli che possono già ritenersi soddisfatti.
L’intero organismo di una fiera è complesso ed eterogeneo, ma fondamentalmente il suo esito si gioca in una giornata, forse addirittura in poche ore, è può essere ridotto a una semplice operazione: tanti collezionisti, tante vendite, gallerie contente, fiera contenta. Se tutto va bene, o molto bene, il meccanismo si applica nel primo giorno di apertura della fiera, quando l’ingresso è riservato ai grandi buyer che (si augurano tutti) possono concludere i loro migliori acquisti in tranquillità e (perché no?) in rapidità.
É quello che sta accadendo a Frieze Los Angeles, che in una cornice inevitabilmente hollywoodiana (sono state avvistate celebrità come Robert Downey Jr., Leonardo DiCaprio, Will Ferrell e Matthew McConaughey), sta conseguendo l’auspicato successo immediato. merito di un’edizione alleggerita – 98 gallerie, contro le 130 dell’anno scorso – ed efficiente, con un layout espositivo più gestibile e godibile, con gli espositori raccolti tutti nella stessa area dell’aeroporto di Santa Monica (l’edizione precedente aveva una scomoda sede satellite, staccata dalla principale).
Piccoli cambiamenti che hanno però oliato e allineato gli ingranaggi della fiera, che hanno favorito grandi e veloci vendite. Secondo quanto riportato da Artnet, il presidente di Hauser & Wirth Marc Payot lo ha definito “il primo giorno di maggior successo a Frieze L.A. da quando esiste la fiera“, ovvero dal 2019. La mega galleria ha aperto la sua prima filiale di Los Angeles nel 2016 e ne ha aggiunta una seconda l’anno scorso. Dunque l’ottimo risultato è ascrivibile anche agli otto anni trascorsi in città, al dialogo intessuto con gli artisti, i curatori, i collezionisti e l’intera comunità artistica.
Arrivando alle vendite, Hauser & Wirth afferma di aver venduto 14 opere, tra cui un dipinto di grandi dimensioni di Firelei Baez, Balangandan (2024), per 415 mila dollari. E poi due dipinti di Mark Bradford, Ghost Ship, per 175 mila euro ciascuno e opere di Rita Ackermann, Frank Bowling, John Chamberlain, Ed Clark, Charles Gaines, Luchita Hurtado, Henry Taylor, Uman e Flora Yuknovich.
Il gallerista newyorkese James Fuentes, arrivato a Los Angeles l’anno scorso, ha venduto Portrait of a Girl (1992) Geoffrey Holder al Museum of Contemporary Art di Los Angeles per 100 mila dollari. Ma anche un lavoro di Kikuo Saito per 120 mila dollari. Ha puntato forte (e bene) sulle artiste donne Jessica Silverman, che ha ceduto un olio su tela, Betweenthinks (2024), di Hayal Pozanti per 75 mila dollari, un dipinto a olio di Rebecca Ness per 55 mila dollari, le cinque campane in bronzo fuso di Davina Semo per 38 mila dollari e un paesaggio di Chelsea Ryoko Wong per 32 mila dollari.
Gagosian, con uno stand curato dal regista Antwaun Sargent, ha venduto una scultura di Lauren Halsey (che la scorsa estate ha esposto una grande istallazione sul tetto del Met di New York) a un museo di Los Angeles non ancora identificato. Perrotin ha puntato tutto su Gregor Hildebrandt e il suo lavoro che unisce sottoculture musicali e cinematografiche, come quello dedicato a Tutto su mia madre (1999) del regista spagnolo Pedro Almodóvar.. Sette opere sono già andate vendute a prezzi compresi tra 25 e 60 mila dollari. Sempre Perrotin ha anche venduto un dipinto di grandi dimensioni di Cristina BanBan per una cifra compresa tra 100 e 125 mila dollari, così come opere di GaHee Park e Danielle Orchard per 3555 mila dollari.