Per la terza volta Premiata Ditta percorre le strade di Milano, stavolta nel Municipio 4, tracciando un profilo della città attraverso l’attivazione di un “dispositivo socievole” che si conclude con carta e matita. Fino al 30 giugno, a viafarini.work
Non è facile descrivere in poche parole il progetto “Frottage. Un Dispositivo Socievole” che Premiata Ditta (Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà) sta portando avanti da ormai tre anni e in tre municipi milanesi. All’atto pratico, lì, appesi ai muri di Casa Boschi di Stefano prima, poi di Assab One e oggi di viafarini.work nella sua nuova sede di via Marco d’Agrate 33, in zona Corvetto, ci sono i risultati di vari frottage. I soggetti sono porte o cancelli ricalcati in bianco e nero, in dimensione reale, riproducendo porzioni di elementi del paesaggio urbano che spesso sfuggono alla nostra percezione, rendendosi invisibili.
Ebbene, sarebbe un poetico esercizio di stile, se non fosse che Premiata Ditta, da quarant’anni esatti, si interroga sui dispositivi dell’arte e della sua fruizione, unici artisti italiani ad essere stati inclusi nel saggio Estetica Relazionale di Nicolas Bourriaud. L’idea di “Frottage. Un dispositivo socievole” è nata durante il lockdown del 2020, in reazione alle clausure: “Le porte erano tutte chiuse; volevamo aprirle, realizzando un lavoro partecipato come abbiamo sempre trovato il modo di fare, in tutta la nostra vicenda artistica”, scrive il duo nel catalogo che accompagna questa terza fase di “Frottage”.
E così è cominciata l’avventura nel Municipio 3 di Milano, territorio che si estende da Porta Venezia all’Ortica, per proseguire nel 2022-23 nella zona 2, quella di via Padova e della Stazione Centrale, e ora il risultato visibile è quello realizzato nel Municipio 4, vasta area che va da zone borghesi come Porta Romana o Corso Indipendenza fino ai territori oltre il perimetro urbano della tangenziale, come Ponte Lambro, un’antica comunità di lavandai che necessitava di spazi per stendere il bucato e di acqua pulita e abbondante per le mansioni di lavanderia. Attenzione: chi sapeva di questa storia?
Ecco la prima entrata, in un portone caro a Premiata Ditta, quello di via Monte Oliveto 13; ecco che si svelano mano a mano gli attraversamenti che queste soglie offrono a chi è in grado di coglierle. Ecco, dal profondo, l’ineffabile progettazione e recupero di relazioni socievoli che Premiata Ditta utilizza come materiale principale della propria ricerca, dove carta e matita sono semplicemente una modalità per fissare una sorta di obiettivo, il raggiungimento di una meta che richiede ascolto e attenzione per definire la cartografia di un mondo mutevole e spesso irrispettoso del proprio passato, come racconta la signora Rosa, davanti al civico 24 di Corso XXII Marzo: “Tutto cambia continuamente e troppo rapidamente a Milano, forse questa è una sua caratteristica da sempre”.
Con “Frottage” Premiata Ditta dilata i tempi della città più neoliberista d’Italia, se non d’Europa, i cui capitali ben poco sociali sono da sempre pronti a speculare sulla pelle di cittadini e city-users, immigrati, ricchi e poveri, purché il profitto cresca così come il prezzo del mattone. Lo si scopre bene in zona 4, dove via Riva di Trento ha un lato della sua strada – che inizia quasi chic e finisce abbandonata – è rimasto completamente vuoto e in attesa dell’ennesima esplosione di edilizia composta di housing sociale e appartamenti di pregio, destinati alla parte “grigia” della società, ovvero quella neonata middle class ben più povera dell’antica.
Come lo sappiamo? Lo sappiamo non solo per l’esperienza di anni vissuti in una città dove l’amore sottile sopravvive alla forte rabbia metropolitana, ma anche grazie agli artisti, che nel loro pellegrinaggio ormai triennale tra le strade della Milano vicina all’Europa che ti fa una domanda in tedesco e risponde in siciliano si sono imbattuti e perennemente confrontati con un’umanità alle prese con chi dall’alto cala su di essa progetti di “rigenerazione urbana” o “co-progettazione”, in “comunità di prossimità” in odore di “transizione” verso altri lidi, aiutati molto spesso da piccole associazioni resistenti nei confronti di una violenza costante che non è esattamente quella di cui parlano i giornali e che si nasconde, ben più insidiosa, in progetti dalla voce politicamente corretta.
“La fatica e l’empatia di tante persone che entrano ed escono da certi portoni, è il fulcro del nostro interesse”, scrivono ancora Vincenzo e Anna. E anche questa è un’altra storia da scoprire varcando qualche portone, magari quello di via San Dionigi 77.