Gli artisti dell’edizione 2024 di Officina Malanotte sono Paolo Pretolani, Fabrizio Prevedello, Eleonora Rinaldi e Giorgia Severi. Tre settimane di vita in campagna per entrare a pieno nelle proprie ricerche, affiancati dallo sguardo curatoriale di Daniele Capra
Siamo in quel Veneto barbaro di muschi e nebbie di parisiana memoria. Le nebbie in realtà sono sostituite da nugoli di zanzare da cui Vittoria cerca pervicacemente di proteggerci con cura e attenzione. L’abbiamo appena conosciuta, ha la compostezza e il tono di voce centrato tipico di chi ha imparato ad occuparsi di ciò che accade a prescindere da quanto sia distante o familiare. C’è lei lì con noi e Daniele Capra ad accoglierci all’interno di uno spazio/progetto notevole per qualità artistica e aziendale.
Tre anni fa Daniele Capra viene ingaggiato da Antonio Bonotto per portare l’arte contemporanea all’interno della tenuta Cantina Bonotto delle Tezze, a Tezze di Piave. Vino, il rabbioso raboso, e la curiosità di compromettere la storia, la tradizione, il passato, con qualcosa di vivo e divergente. Quindi non una mostra ma una residenza artistica, il vivere per tre settimane a contatto con una famiglia che produce vino da generazioni. Uno spazio tenacemente domato per essere sempre funzionale ma anche esteticamente equilibrato. Pasti comuni, dialoghi, una ricerca affiancata da sguardi da un lato professionali dall’altro profondamente umani.
Non è scontato che degli imprenditori decidano di mettersi in discussione fino a questo punto, viviamo in un territorio che fino a qualche anno fa guidava l’economia italiana e sentiva di doversi trincerare dietro a barriere abbastanza solide, da non farsi destabilizzare da nulla che non fosse funzionale al proprio progetto. Qui vediamo l’opposto, il desiderio di accogliere accettando con estrema apertura non solo il più comprensibile linguaggio pittorico, ma anche azioni e visioni di scultori/performer e di chi modella lo spazio attraverso le proprie installazioni.
Gli artisti dell’edizione 2024 sono Paolo Pretolani, Fabrizio Prevedello, Eleonora Rinaldi e Giorgia Severi. Tre settimane di vita in campagna per entrare a pieno nelle proprie ricerche, affiancati dallo sguardo curatoriale attento, quasi chirurgico, di Daniele Capra. E, non ultimo, Nico Covre che coglie attraverso la focale dell’obiettivo quegli attimi in cui il lavoro diventa opera.
Daniele ci guida nel labirinto di botti, bottiglie, profumi, pompe e strani marchingegni che si sposano benissimo con le opere disseminate all’interno della cantina. Dal cortile d’ingresso abitato dalle tele e dalle carte di Paolo Pretolani e Eleonora Rinaldi che si reimpossessano della stalla e del negozio del materassaio per far emergere le proprie visioni pittoriche tra natura e gioco del doppio e tra il cielo e suoi abitanti, siano essi elementi antropici o animali. Per scoprire Fabrizio Prevedello ci si deve inoltre nella tenuta, dove le foto dell’azione compiuta con l’enorme compasso scultura ne rompono la staticità, per riportare l’oggetto al corpo e all’azione. La sensibilità nei confronti dell’elemento naturale esplode poi nei lavori di Giorgia Severi, che innesca un meccanismo di scambio nei confronti degli stessi abitanti del paese da cui si fa dare lenzuola da immergere nelle sfumature delle tinte naturali, quali lo stesso vino prodotto dalla cantina Bonotto.
Vedere questa realtà e la professionalità con cui ogni dettaglio è stato curato, al di là della forma ma nella costante attenzione della sostanza, ci fa pensare a quel folletto della sinistra Piave, el mazariol, che condiziona i passi di chi incrocia le sue orme. La famiglia Bonotto, guidata dalle visioni e dalle pulsioni di Antonio, ci sembra aver calpestato le orme di questo simpatico e risoluto folletto che sta accompagnando tutti quanti attraverso l’esplorazione del territorio, destabilizzante e prolifico, dell’arte, affidandosi allo sguardo attento di un curatore, Daniele Capra, in grado di orchestrare abilmente le tensioni e le forze di un crinale tutt’altro che scontato