Torna a Milano, a Palazzo Reale, dopo trentotto anni di assenza Valerio Adami, classe 1935, nato a Bologna e espatriato a Parigi negli anni Sessanta, dove ha soggiornato a lungo e ha incontrato intellettuali, commissioni importanti, scrittori, artisti e il successo.
Adami è “glocal”, ha viaggiato per il mondo in compagnia della moglie Camilla Cantoni Mamiani, ed è riconoscibile per una pittura colta, raffinata e più che pop, snob, con forme semplificate da una linea nera, dai colori acrilici accesi e piatti, dai tratti anche spigolosi, segni netti carichi di riferimenti letterari, mitologici e filosofici, in cui il corpo umano, seppure scomposto, resta al centro delle sue osservazioni anche negli anni Settanta, quando prevalevano Arte Povera, Arte Concettuale, Astrattismo e arti performative.
Lo celebra e riscopre la mostra antologica, scandita con andamento cronologico salvo alcune varianti in qualche sala, intitolata “Valerio Adami. Pittore di idee”, a cura di Marco Meneguzzo e con il coordinamento generale di Valeria Cantoni Mamiani, presidente dell’Archivio Valerio Adami (fondato nel 2021), promossa dal Comune di Milano. La mostra traccia il percorso dalla sua formazione segnata dall’incontro folgorante con Felice Carena, a Venezia con Oskar Kokocha e in seguito da Achille Funi, il suo maestro all’Accademia di Brera, e altri personaggi illustri del Novecento (fino al 22.09.2024, ingresso libero).
L’esposizione comprende oltre una settantina di opere e circa cinquanta disegni dal 1957 al 2023, di un pittore impossibile da catalogare in cui convivono diversi movimenti della storia dell’arte, dall’Espressionismo alla Pop Art, da Francis Bacon a Roy Lichtenstein, come Adami, straordinario disegnatore. Secondo i francesi, Adami è l’esponente della cosiddetta Figuration Narrative, ma questa definizione è fin troppo riduttiva per un intellettuale acutissimo, pittore tra i più riconoscibili della sua generazione, per quel tratto nero, molto diverso da quello utilizzato nel fumetto, capace di generare metafore visive, unire e separare associazioni tra passato e presente.
Il suo “fil noir” ordisce trame narrative insospettabili tra un segno e l’altro, unendo concetti filosofici, letterari e mitologici, dipinge innesti mentali di natura psicologica, causa ed effetto di relazioni con artisti, scrittori, musicisti, filosofi e altri che hanno arricchito il suo bagaglio culturale e appagato la sua innata curiosità per tutto ciò che non è pittura.
Dai primi lavori degli anni Sessanta, influenzati dall’Espressionismo, poi dominati dalle linee nere, che nobilitano la Pop Art in maniera assolutamente originale, Adami via via si concentra sui contenuti ‘concettuali’ e rielabora a modo suo la tecnica pittorica del cloisonnisme, che consiste nello stendere i colori sul dipinto in vaste campiture omogenee, racchiudendoli entro i limiti di contorni netti, risalente al Medioevo, alla base della costruzione delle vetrate gotiche, in cui i contorni delle figure formano dei compartimenti (cloison), linee che contengono singoli pezzi, poi ripreso negli anni Ottanta del XIX secolo da Emile Bernard, Louis Anquetin e Paul Gauguin nella sua celebre Visione dopo il sermone e dalla Scuola di Pont Aven. Dietro le sue immagini di immediata leggibilità si percepisce una sottointesa e più profonda narrazione, che visualizza metafore e allegorie sofisticate in relazione al pensiero e cultura occidentale con i miti fondativi della cultura europea, senza cedere alla banalità.
Percorso espositivo cronologico con qualche variante
Nelle due prime sale si trovano le opere degli esordi; il primo è La giostra (1957). La terza sala presenta grandi dipinti degli anni Settanta e qualcuna del decennio successivo. La quarta sala, non cronologica e intimista, raccoglie i ritratti che Adami ha realizzato nel corso del tempo dei suoi maestri di vita. Le sale successive espongono opere degli ultimi decenni, e ciascun dipinto merita il tempo di meditazione, proprio come richiede un libro o un brano musicale. La sezione più emozionante, che si trova in un passaggio stretto tra una sala e l’altra, è interamente ricoperta dai suoi recentissimi ritratti ideali, che l’artista ha realizzato in pochi mesi prima di questa importante mostra, e rivela la sua feconda attività creativa e il suo bisogno quotidiano di confrontarsi con i suoi ‘padri nobili’ ritratti con un’acutezza psicologica non trascurabile. L’esposizione è arricchita da un documentario Valerio Adami, il pittore di poesie, prodotto da Artery Film, con la regia di Matteo Mavero e la partecipazione dello stesso Adami e dei suoi amici filosofi e artisti, che sarebbe stato meglio collocare in una saletta a parte per fruirlo al meglio, immersi nel buio e comodamente seduti.
Oltre alle immagini, alla sua calcolata e misurata pittura, per capire Adami si consiglia di seguire quella linea nera continua e sinuosa nei dipinti e disegni. Infatti, nel suo segno controllato ma vibrante, che dà forma ai suoi pensieri visivi, c’è l’essenza della sua pittura, che nel disegno trova l’immaginazione, l’intuizione di qualcosa che prima non c’era, e da cui passa la conoscenza.
Scrive Adami: «Disegnando, la mia attenzione raggruppa prima tutte le linee verticali e poi tutte quelle orizzontali—se l’oggetto viene dalla zona dell’emozione, sarà diverso da quello che viene dalla conoscenza», e incalza: «Le nostre emozioni scaturiscono spontaneamente come davanti allo spettacolo di un tramonto», come è visibile in Penthesilea e altre opere che intrecciano storie tra elementi della quotidianità con riferimenti alla “cultura alta”.
Attraversando le sale irrorate da luce naturale proveniente dalle grandi finestre di Palazzo Reale, avrete l’impressione di partecipare a quadri-simposi sulle possibilità del guardare la pittura, con nuova sensibilità e attese, per conoscere un linguaggio trasversale, aperto a interazioni con il fumetto e il mito, in cui Sigmund Freud, Italo Calvino, Jacques Derrida, Luciano Berio, Octavio Paz, Jean-François Lyotard, questi e altri compagni di viaggio dentro la grammatica visiva di una pittura psicoanalitica, tutto altro che banale, dalla figurazione mentale, come svelano i suoi magnifici disegni e, in particolare, i suoi scritti, una rivelazione, in cui c’è la chiave di lettura del suo rigoroso e appassionante lavoro e di sessantacinque anni di ricerca intorno alla pittura “pensata” come presentazione e non rappresentazione di un mondo ideale affascinante.