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Un seme di dattero infinito. Saodat Ismailova e l’antologia di un ciclico presente, a Milano

Saodat Ismailova Stains of Oxus, 2016 (still da video) Video a tre canali, colore, suono, 23’30’’Courtesy l’artista. © Saodat Ismailova
Saodat Ismailova, Stains of Oxus, 2016 (still da video) Video a tre canali, colore, suono, 23’30’’
Courtesy l’artista. © Saodat Ismailova
Trasmettere, ma trasformare. Veicolare, ma “ritornare”. Perché in ogni passaggio generazionale, così come in ogni Viaggio, una parte dell’uomo si perde, si lascia andare. Ma è in quella “dispersione” che sta la consapevolezza di un ritorno. Forse diverso, forse nuovo, ma sicuramente inaspettato, proprio perché umano.

E di una trasmissione che comporta il rischio di una perdita parla A Seed Under Our Tongue, la personale di Saodat Ismailova (Uzbekistan, 1981), a cura di Roberta Tenconi, che dal 12 settembre 2024 al 12 gennaio 2025 è allestita al Pirelli HangarBicocca di Milano. L’esposizione è la prima mostra antologica in Italia dedicata a Ismailova, una delle artiste contemporanee più innovative della sua generazione che lavora all’intersezione tra cinema, suono e arte visiva, documentando – con i suoi film e le sue installazioni – i saperi ancestrali e la memoria collettiva.

A Seed Under Our Tongue, infatti, quale titolo della mostra, prende spunto da una leggenda locale della terra d’origine di Ismailova; un racconto in cui un seme di dattero nascosto sotto la lingua di una figura mitica – di nome Arslanbob – sarebbe stato “tramandato” fino a giungere al più importante mistico dell’Asia centrale che – con il seme nel frattempo diventato noce – avrebbe fondato una foresta di noci sua omonima; un racconto che se analizzato a fondo fa comprendere la natura contraddittoria insita in “qualsiasi” forma di trasmissione.

Saodat Ismailova, Chillahona, 2022. Veduta dell’installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024
Esecuzione del ricamo di Madina Kasimbaeva Realizzato per 59. Biennale d’Arte di Venezia, con il supporto di Tselinny Center for Contemporary Culture, Kazakistan
Courtesy l’artista © Saodat Ismailova e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

Ed è proprio l’aspetto del veicolare e del trasmettere che è un tema ricorrente nell’opera di Ismailova: un tema che comporta il rischio di una “perdita”, ma che contiene in sé anche le nozioni di ciclicità e circolarità; infatti, ogni qualvolta si trasmettono nozioni, storie, concetti e “vite”, si lascia una parte di sé, con la speranza che la si possa ritrovare in altre forme, in altri tempi e in altri spazi.

In questo orizzonte di complementari e multiple concatenazioni, la mostra riunisce dodici opere – sei film e sette sculture – che riflettono sia sul concetto di trasmissione sia sulle sue intrinseche implicazioni. E così, la prima opera è Stains of Oxus (2016), film che segue il corso del fiume Amu Darya/Oxus, sia raccogliendo i sogni delle persone che vivono lungo le sue sponde, sia raccontando la trasformazione del suo paesaggio e in particolare il drastico ridimensionamento subito durante i piani d’irrigazione sovietici. All’estremità opposta dello spazio espositivo è posto Arslanbob, l’ultimo film di Ismailova, girato nell’omonimo noceto; qui il titolo – traducibile letteralmente come “la porta della tigre” – si collega anche ad altre opere della mostra, come la scultura in vetro A Guide (2024), oggetto composto da ossa di una mano umana e da quelle di una zampa di tigre; una tigre che si ritrova, seppur con differenti morfologie, al centro dello spazio espositivo, in cui due aree di proiezione, una di spalle l’altra, presentano in loop quattro Film.

Saodat Ismailova, Two Horizons, 2017 (still da video)
Installazione video HD a due canali, colore,suono, 24’
Courtesy l’artista, © Saodat Ismailova

Tra di essi il primo è The Haunted (2017), un incontro simbolico e suggestivo con la tigre del Turkestan, estinta in epoca sovietica in seguito al processo di industrializzazione; l’animale – qui metafora della ricchezza di tutte le lingue, di tutte le memorie e di tutti i paesaggi che stanno scomparendo a causa di sistemi di controllo e di potere – è considerata un archetipo sacro e un messaggero degli antenati, che continua a vivere, ancor oggi, nella memoria collettiva e nei sogni delle persone.

Il film si alterna a 18,000 Worlds (2023), opera ispirata alla concezione del filosofo persiano del XII secolo Sohrawardi, secondo cui gli uomini vivono in uno dei 18.000 mondi che compongono l’universo. Un’opera che riflette anche sull’idea di resistenza e di speranza di fronte a una globalizzazione inevitabile, presentando mondi e voci differenti che si oppongono al suo impatto. Dal lato opposto, invece, Chillahona è un’installazione video a tre canali accompagnata da un grande ricamo che traspone elementi del film nel tessuto, quale reinterpretazione moderna del ricamo “cosmologico” uzbeko noto come falak; il titolo, Chillahona, fa riferimento al numero quaranta nella lingua Persiana (Chilla, appunto), che si ricollega alla pratica catartica femminile di osservare il silenzio per quaranta giorni.

Saodat Ismailova, 18,000 Worlds, 2023
Veduta dell’installazione in Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Realizzato con il supporto di Eye Art & Film Prize, 2022
Courtesy l’artista © Saodat Ismailova e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

Infine, in un’indagine che abbraccia un mito antico e storia moderna, il film Two Horizons ruota attorno all’idea di vita eterna intrecciando, da un lato, la leggenda del primo sciamano che cercò di raggiungere l’immortalità sfidando la gravità e, dall’altro, le vicende della stazione spaziale sovietica di Baikonur. Installate attorno ai film – oltre alle sculture Amanat, A Guide e The Mountain Our Bodies Emptied – si trovano nuove opere e interventi dell’artista che esprimono, in forma concreta, le storie e i temi affrontati nelle immagini in movimento.

Attraverso un’intricata sovrapposizione di ricordi, paesaggi, tempi e storie diverse, A Seed Under Our Tongue si configura come l’antologia di un ciclico presente. Un “tramandare tramandandosi” in cui l’uomo trasmette, ma trasforma. Veicola, ma “ritorna”.

Saodat Ismailova
A Seed Under Our Tongue
A cura di Roberta Tenconi
12 Settembre 2024 – 12 Gennaio 2025

Pirelli HangarBicocca
Via Chiese 2
20126 Milano
T (+39) 02 66 11 15 73
info@hangarbicocca.org

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