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La Chola Poblete. Il MUDEC di Milano dedica una mostra all’artivista argentina

MUDEC. La Chola Poblete ©julehering MUDEC. La Chola Poblete ©julehering
MUDEC. La Chola Poblete ©julehering

Il MUDEC inaugura Guaymallèn, mostra dedicata all’artista argentina La Chola Poblete, di recente premiata con una menzione speciale alla Biennale di Venezia. Dal 13 settembre al 20 ottobre.

La mostra, a cura di Britta Färber (Global Head of Art & Culture di Deutsche Bank, che promuove la mostra), rende omaggio alle origini indigene dell’artista e alla sua identità queer, coinvolgendo lo spettatore/fruitore in un viaggio che tocca tematiche attuali attraverso un racconto personale e schietto. Ripercorrendo la sua biografia, l’artista affronta in modo critico le conseguenze del colonialismo e della supremazia bianca nel suo paese, il suo lavoro è legato quindi alla situazione attuale in Argentina ed è emblema dell’impegno sociale nel difendere le comunità locali e i diritti degli indigeni.

Allo stesso tempo La Chola riflette sul ruolo storico di donne, travestiti e transessuali, espressioni della femminilità prese di mira o emarginate dalle strutture di potere religiose e patriarcali. A questi temi si associa una riflessione più ampia che riguarda la posizione dell’artista nel mondo dell’arte in relazione alla sua identità (trans, indigena) e il ruolo delle istituzioni occidentali nel determinare i canoni di ciò che chiamiamo “arte”, un processo che non è solo un prodotto storico ma dipende attivamente da determinate condizioni ideologiche e post-coloniali.

MUDEC. La Chola Poblete ©julehering
MUDEC. La Chola Poblete ©julehering

La Chola Poblete si definisce dunque ARTIVISTA, ovvero artista e attivista, in grado di creare un’arte in cui potersi riconoscere e che abbia funzione/diventi strumento di impegno sociale attraverso differenti media come scultura pittura, performance, disegno, acquerello e fotografia. Gli ambienti di Mudec Photo diventano così una straordinaria cattedrale del disegno contemporanea, un luogo caratterizzato da colori intensi che variano dal rosso al giallo composto da stanze simili a navate laterali di una chiesa.

Un ambiente immersivo dominato da un mix di simboli religiosi, politici, erotici, pop culturali e indigeni che si sovrappongono tra loro e diventano portatori di un messaggio di auto emancipazione, guarigione e reclamazione sovversiva. Guaymallèn presenta opere inedite dell’artista realizzate con tecniche innovative e che riflettono l’evolversi del suo pensiero artistico. Riprende infatti il tema della fluidità utilizzando materiali come il pane o l’acquarello che hanno una qualità performativa e che incarnano mutevolezza e flusso e sono fuori dal ‘controllo dell’artista.

In particolare, sculture in pasta di pane cotte in un forno, da cui nasce la collaborazione con lo storico forno milanese Panificio Davide Longoni. Ne è emblema l’opera Maria & papas lays, figura ibrida che mescola cattolicesimo, spiritualità indigena e ideologia queer. La mostra presenta anche una serie di acquarelli di grandi dimensioni e tre lavori fotografici in cui La Chola interpreta il personaggio principale, ispirandosi sia a figure mitologiche (La Loba, The She-Wolf), sia all’iconografia cristiana (La Virgen dela leche, Madonna Lactans) con un evidente riferimento allo sfruttamento portato dal colonialismo.

MUDEC. La Chola Poblete ©julehering
MUDEC. La Chola Poblete ©julehering

L’esposizione coinvolge il fruitore in maniera ipnotica costringendolo a riflettere e interrogarsi su diverse tematiche contemporanee come: l’impegno sociale, la salvaguardia degli indigeni, l’identità, la religione, rappresentazione e giustizia sociale, il colonialismo e il capitalismo globale mettendo in discussone il pensiero occidentale e anche il complesso e stratificato funzionamento del mondo dell’arte.

L’arte diventa così uno strumento di riflessione e denuncia per un cambiamento sociale sfidando allo stesso tempo standard estetici e norme culturali e sociali. La sua arte si rivolge a tutti e deve poter essere comprensibile a tutti. Un’arte in cui tutti possano identificarsi, lontano dall’arte concettuale. L’artista stessa definisce le sue opere come una canzone e la mostra come un concerto. Guaymallèn può allora essere letta come un’unica installazione, uno spazio di dialogo e scambio su temi di attualità.

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