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Il linguaggio dell’arte femminile: “PRIMA. Che io possa andare oltre”

Stefania Galegati, Isola#49, 2021, acrilico su tela, 148 x 256 cm, Collezione BPER Banca, Modena
Elisabetta Sirani, San Giovannino nel deserto, 1660, olio su tela, 72 x 93 cm, Collezione
BPER Banca, Modena
Nell’evoluzione delle forme culturali, ogni epoca ha avuto il suo modo di rappresentare il trascendente. La storia dell’arte è di fatto, da un lato, un percorso dialettico tra materia e forma, e dall’altro, un costante riaffermarsi di poteri simbolici che plasmano e, allo stesso tempo, sono plasmati dalla società. Proprio in questo contesto si colloca, a mio avviso, la nuova proposta espositiva de La Galleria BPER Banca: “PRIMA. Che io possa andare oltre”, allestita presso il Palazzo Martinengo di Villagana a Brescia, dal 18 ottobre 2024 all’11 gennaio 2025.

Curata da Giovanna Zabotti, questa esposizione si presenta con una struttura apparentemente complessa, in cui la voce femminile nell’arte non solo emerge forte e fiera, ma si impone come strumento di riflessione critica. Finalmente. Già il titolo della mostra, “PRIMA”, apre a un gioco semantico che solleva più di una questione, il che è ottimo. Esso rimanda a un’idea di precedenza e di fondazione, ma anche di primato intellettuale e morale. È il desiderio di andare oltre, non solo nei confini fisici o temporali, ma in quelli cognitivi e linguistici. La Galleria BPER Banca, promotrice di questo evento, sembra voler aprire uno spazio di confronto sul ruolo della donna nell’arte, uno spazio che storicamente sappiamo essere marginalizzato, e tanto invece andrebbe riscoperto e divulgato. Siamo dinanzi a un tentativo di rovesciamento dell’ordine simbolico tradizionale, dove il “secondo” diventa “primo” e ciò che era occultato si trasforma in presenza dominante.

Al centro di questa riflessione si trova l’opera di figure femminili che hanno saputo trasformare la loro esperienza individuale in un’istanza universale. In questo senso, il lavoro di Elisabetta Sirani diventa paradigmatico. Pittrice del Barocco bolognese, Sirani (prima donna a fondare un’accademia per sole donne e a firmare le sue tele quando non era possibile) riuscì a entrare in un campo dominato dagli uomini, sovvertendo le regole dell’appartenenza. Le sue opere, Madonna che allatta il Bambino e San Giovannino nel deserto, presentate in mostra, non sono soltanto il frutto di una maestria tecnica, ma rappresentano un atto di resistenza culturale: Sirani non si limita a dipingere; ella “esiste” attraverso il gesto pittorico, affermando una soggettività al femminile in un mondo che fino a quel momento l’aveva ignorata.

Stefania Galegati, Isola#49, 2021, acrilico su tela, 148 x 256 cm, Collezione BPER Banca, Modena

Di riflesso, Carla Accardi (prima donna a dipingere astratti) si fa portavoce di una capacità di destrutturazione del segno, una destrutturazione che non è mai puramente formale, ma coinvolge il significato stesso dell’essere femminile nell’arte. La sua ricerca sull’astrattismo è di fatto un processo di eliminazione del superfluo, di riduzione del visibile a segni essenziali che non sono più codificabili secondo le strutture simboliche maschili. In mostra, l’opera Rosso-nero della Corporate Collection BPER Banca si erge a testimonianza di questa lotta contro i limiti imposti dalla tradizione.

Non sorprende che il percorso espositivo includa anche artisti contemporanei come il duo Goldschmied & Chiari, la cui opera Untitled View (2020) esplora un tema cruciale per il nostro tempo: l’intersezione tra femminismo ed ecologia. In un’epoca in cui le crisi ambientali e sociali si fanno sempre più pressanti, l’arte diventa strumento di critica e proposta, suggerendo nuove modalità di esistenza e di relazione con il mondo.

Ana Kapor, Il silenzio del luogo e Soledad, 2024, olio su tavola, 15 x 15 cm, courtesy Galleria Forni, Bologna

La mostra non si limita a offrire una panoramica storica o tematica. C’è, infatti, un sottotesto che dialoga con il visitatore e lo invita a riflettere sul significato profondo dell’esistenza femminile nel contesto creativo. L’installazione Universo non ti basta di Alessandra Baldoni, con i suoi materiali in ferro e vetro, non è solo un’opera estetica, ma un’esplorazione delle possibilità metaforiche della materia: il vetro, fragile e resistente al tempo stesso, diventa metafora della condizione femminile, che da sempre oscilla tra invisibilità e resilienza.

Goldschmied & Chiari, Untitled view, 2020, stampa su vetro e specchio, 80 x 100 cm, courtesy Galleria Poggiali, Firenze, Milano

Il percorso si chiude con un ritorno alla dimensione artigianale, attraverso il lavoro del laboratorio di Marina e Susanna Sent, artiste del vetro di Murano, che raccolgono l’eredità di una tradizione millenaria e la trasfigurano in forme contemporanee. Qui l’artigianato non è semplicemente un mezzo, ma un fine: il vetro diventa veicolo di una storia di emancipazione, un segno tangibile di come il passato possa essere reinterpretato e rinnovato attraverso le mani sapienti di chi lo lavora.

“PRIMA. Che io possa andare oltre” si inserisce all’interno di un più ampio discorso sulla necessità di riconsiderare il contributo femminile alle arti visive, un contributo che per troppo tempo è stato sottovalutato. La mostra è un invito a ripensare le modalità stesse attraverso cui il talento si esprime. Come ci ricorda la curatrice Giovanna Zabotti, “questo progetto espositivo nasce da un processo di scambio e dialogo continuo”. Ed è proprio nel dialogo – tra passato e presente, tra artista e spettatore – che possiamo forse intravedere il vero significato del “prima”: non un passato remoto, ma un futuro che deve ancora compiersi.

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