
“Ainda estou aqui” porta il massimo riconoscimento del cinema a sud dell’equatore: la passione tropicale per i meme avrà (almeno un po’) traghettato l’opinione dell’Academy?
Nella notte degli Oscar è letteralmente esploso il Brasile: nel bel mezzo dei festeggiamenti del Carnevale, momento che nel Paese Latino è più sentito anche del Natale, è arrivata la notizia che tutti volevano sentire: Ainda Estou Aqui, diretto da Walter Salles e interpretato magistralmente da Fernanda Torres (con un cammeo finale e esemplare della madre, l’attrice Fernanda Montenegro) porta a casa la statuetta come Migliore Film Straniero.
Corsi e ricorsi della storia, quasi una rivincita del destino e il vecchio adagio dell’allievo superante il Maestro, anche se in questo caso si direbbe che è più una questione famigliare, anzi, matriarcale.
Infatti, l’indimenticabile protagonista del meraviglioso lungometraggio Central do Brasil – storia di un bambino alla ricerca del padre, accompagnato nel suo viaggio da Rio de Janeiro verso il Nordest da una figura femminile quantomeno discutibile (impersonata da Fernanda Montenegro, appunto) e diretto dallo stesso Walter Salles (!), nel 1999 non riuscì a offrire al Brasile lo stesso riconoscimento dell’Accademia di Hollywood che invece ha portato a casa l’ormai “icona” e iconica Fernandinha.
Ainda Estou Aqui racconta, con delicatezza e poesia (a partire dall’omonimo libro di Marcelo Rubens Paiva), la tragica pagina della dittatura militare in Brasile vista attraverso la vicenda umana e politica di Eunice Paiva, madre di Marcelo e moglie dell’ingegnere ed ex politico Rubens Paiva.
Ex deputato federale del Partito dei Lavoratori dal 1962 al 1964 (anno del golpe), nel novembre 1971 a Rio de Janeiro, Paiva fu preso da un gruppo di miliziani in borghese, trasportato in una caserma nella zona di Tijuca e torturato e ucciso nei giorni successivi. Senza aver mai ritrovato il corpo, probabilmente disperso nelle acque dell’Atlantico poco a sud di Recreio, area metropolitana di Rio, Eunice riusci ad ottenere dallo stato brasiliano – dall’istituita Commissione Nazionale per la Verità – la conferma dell’assassinio del marito a oltre quarant’anni dalla scomparsa, nel 2014.
E in Brasile, Paese che più al mondo “consuma” social network, realizza “contenuti” di qualsiasi tipo e ha una vera e propria ossessione per i meme, la reazione è stata – appunto, immediata e bombastica, già dalla vittoria del Golden Globe (di nuovo come miglior film straniero e Torres come migliore attrice drammatica), alcune settimane fa: allora, in poche ore, vennero generate quasi due milioni di condivisioni e la nascita di autentici trend topic e temi dedicati esclusivamente a Fernanda Torres, tanto che alcune pagine avevano ventilato proprio una possibile influenza dei social media nelle decisioni dell’Academy: con numeri tanto impressionanti di apprezzamento (e indotto, chiaramente), nessuno a Hollywood avrebbe potuto fare orecchie da mercante. E così è andata.

“Il trionfo di Walter Salles colloca il suo nome accanto ai più grandi cineasti del mondo, consolidando ulteriormente il suo lascito”, scrive la stampa nazionale, e ancora: “Questo Oscar non è solo un premio: è un simbolo del talento, della resilienza e della capacità del Brasile di raccontare storie che emozionano il mondo”. Per chi non l’avesse ancora visto, raccomandiamo una sessione in qualche cinema italiano, dove il film è arrivato (doppiato) nelle scorse settimane.
Per chi non conoscesse la storia, per gli scettici o per chi fosse in vena di critiche, la pellicola potrebbe sembrare nel suo complesso eccessivamente agrodolce, ma é altresì vero che tematiche come dittatura, golpe, limitazioni della libertà e abuso di potere sono a dir poco molto sentite in Brasile. E in fin dei conti, gli eroi di tutti i giorni in grado di riscattare una storia nera vissuta sulla pelle di milioni di cittadini, che salgono alla ribalta per dare voce al silenziato – come fece Eunice Paiva – non sono poi così numerosi.










