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Metawork: Michelangelo Pistoletto alla Reggia di Caserta

Le sue riflessioni sull’arte e sulla società offrono spunti interessanti su due concetti come la “metamorfosi” e la “interconnessione”. Il suo approccio si divide tra una visione utopica e un costante impegno sociale che, per più di mezzo secolo, ha caratterizzato la sua produzione artistica. È una creatività dall’esito sorprendente e che trova una corrispondenza visiva nella mostra personale dal titolo Metawork, dedicata a Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), allestita nelle sale della Gran Galleria della Reggia di Caserta, fino all’1 settembre 2025.

Pistoletto inizia la sua formazione artistica nello studio del padre, pittore e restauratore, dove comincia a lavorare all’età di quattordici anni. Successivamente frequenta la scuola di design pubblicitario di Armando Testa (1917-1992). Interprete del radicale rinnovamento del linguaggio artistico operato in senso non solo estetico, ma anche sociale, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, è uno dei protagonisti dell’Arte Povera, corrente artistica della Storia dell’Arte italiana ed internazionale.

Ad accogliere i visitatori sono le opere che danno il titolo all’exihibit, che prende il nome dall’omonima “Metawork-United Portraits”, ultimo lavoro realizzato dall’artista piemontese. Partendo dai ritratti fotografici di otto cittadini, di Cittadellarte (dal 1998 sede della Fondazione Pistoletto), a Biella, grazie all’aiuto di un programma di intelligenza artificiale, crea una serie di immagini che rievocano i progetti precedenti dei Quadri specchianti, dove l’AI rielabora graficamente i loro tratti somatici e identitari. La sovrapposizione tra queste diverse personalità mostra una variazione sul tema del passaggio tra la dimensione individuale e quella collettiva. Attraverso l’uso delle nuove tecnologie, si assiste alla transizione dalla singola entità dell’”Io” a quella globale del “Noi”, che caratterizza anche le altre opere del percorso espositivo.

Two Less One Colored, 2014Specchio e legno dorato
180 x 120 cm (due elementi)
Courtesy GALLERIA CONTINUA
Two Less One Colored, 2014, Specchio e legno dorato, 180 x 120 cm (due elementi). Courtesy GALLERIA CONTINUA

Nella seconda sala, “Messa a nudo” è stato concepito poco prima della pandemia del Coronavirus ed esposto in una mostra presso la sede storica della Galleria Continua, a San Gimignano, in Toscana, durante il lockdown, con le misure di distanziamento sociale dettate dall’emergenza. Soggetto della rappresentazione sono le persone di diversa etnìa, genere ed età, tutte completamente nude, i cui corpi si mescolano sulla superficie dei quadri specchianti alle immagini dei visitatori. L’idea di base è mostrare alla società che siamo persone diverse, ma uguali: uomini e donne che si abbracciano l’un l’altro, senza alcun tipo di barriere. E’ l’umanità messa a nudo che abbraccia sé stessa senza alcun condizionamento.

Gli specchi sono i protagonisti della mostra. “Two Less One Colored” fanno parte della serie di lavori basati sulla rottura di essi. Realizzati in grandi formati, sono infranti con un grande martello dall’artista o da altri, creano sulle superfici buchi neri o colorati, a seconda delle cromìe della tela sottostante lasciata scoperta in corrispondenza della porzione di specchio rotto. La relazione che si viene a creare, ripropone la dinamica tra superficie riflettente e immagine fotografica dei “Quadri specchianti” prodotti nel passato, con una versione astratta in questo caso. I riflessi che si determinano, sviluppano ulteriormente la ricerca avviata con i lavori della serie “Divisione e moltiplicazione dello specchio”.

Proprio quest’ultima è nata dalla constatazione che lo specchio può riflettere qualsiasi cosa tranne sé stesso. Dividendolo in due e spostando progressivamente le due metà poste ad angolo lungo l’asse della loro ripartizione, le immagini si moltiplicano. Questo fenomeno è alla base di una serie di opere di Pistoletto, in cui il principio della separazione si manifesta come fondamento universale di ogni sviluppo organico e, sul piano sociale, della condivisione come logica alternativa a quella della accumulazione e dell’esclusione. Su otto coppie di specchi è rappresentato il simbolo del “Terzo Paradiso”, una riconfigurazione del segno matematico d’Infinito, nella quale, i due cerchi che lo compongono, assumono il significato dei due poli opposti di natura e artificio, a cui si aggiunge un terzo cerchio, che rappresenta il grembo generativo di una nuova umanità, ideale superamento del conflitto distruttivo, in cui natura e artificio si ritrovano nell’attuale società.

QR Code-Possession-Autoritratto” è un Quadro specchiante il cui soggetto è una immagine frontale dell’artista, sul cui corpo sono impressi come tatuaggi codici QR code che permettono di accedere a immagini e testi relativi a diversi momenti della sua ricerca artistica. E’ una tecnologia che ha utilizzato nel 2019 per la prima volta nell’installazione “L’arte della demopraxia-Visible” e, successivamente, in alcuni quadri specchianti, nei quali il QR code costituisce un ulteriore elemento mnemonico che si inserisce nella dialettica tra l’immagine fissa di natura fotografica e le mutevoli immagini riflesse prodotte sulla sua superficie. Nell’opera presente in mostra, i codici tatuati sul corpo danno accesso alla sua attività nel corso di quasi settanta anni di carriera, che vanno dalla genesi dei “Quadri specchianti”, del 1962, alla performance “Scultura da passeggio, Anno Uno, del 1981, al Luogo multiconfessionale e laico di raccoglimento”, del 2000, a “Cittadellarte”, del 1998, ad il “Terzo Paradiso”, del 2003, e alla Formula della Creazione”, del 2022.

Messa a nudo – C e F, 2020, Serigrafia su acciaio inox supermirror, 250 x 150 cm. Foto: Okno Studio. Courtesy GALLERIA CONTINUA

Nel 2003, Pistoletto presentò alla Biennale di Venezia il progetto “Love Difference-Movimento Artistico per una Politica Intermediterranea”. Un grande tavolo specchiante a forma di bacino del Mediterraneo, circondato da sedie donate da ognuno dei paesi che si affacciano su questo mare. Attorno a questo tavolo, a Venezia e, in seguito, in altre sedi, furono presentate e sviluppate molte attività di “Love Difference” e della “Cittadelladellarte”.

L’artista ha realizzato altre sei superfici chiamate “Mari Mediterranei”, riproducenti la forma del Mar Baltico, del Mar Nero, del Mar dei Caraibi, del Golfo del Messico, del Mare della Cina meridionale, del Mar Rosso e del Mar Mediterraneo, ciascuna delle quali congiunge nazioni e culture diverse e diventa così mediatore tra terre, lingue, visioni politiche e religioni. Un altro tavolo chiamatoMirror Sea”, è dedicato al mare sul quale affacciano diverse nazioni: Corea del Sud, Corea del Nord, Cina, Russia e Giappone, oggetto di aspre contese. Un ultimo lavoro, denominato “Grande Arcipelago”, è stato, infine, dedicato al mare dell’Indonesia.

Nel 2005, realizzò la prima installazione pubblica con uno slogan “Love Difference”, presentato e riprodotto in diverse lingue, mediante tubi al neon di diverso colore sulla facciata dell’edificio che ospita il popolare mercato multietnico di Piazza della Repubblica, a Torino. Si trattava in questo caso di un’opera permanente, in seguito riproposta in diverse occasioni. “Love Difference è un nome, un motto, un annuncio programmatico. Il movimento unisce l’universalità dell’arte all’idea di transnazionalità politica e focalizza la sua attività nell’area mediterranea, in quanto in essa si rispecchiano i problemi della società globale: da una parte la differenza fra etnìe, religioni e culture è, oggi, causa di terribili conflitti; dall’altra, vi è una drammatica situazione prodotta dalla supremazia dei poteri che producono l’uniformità e il livellamento delle differenze. Questi ultimi due sono i termini antagonisti che rappresentano la massima tensione conflittuale nell’attuale realtà planetaria. Una politica che porti ad “amare le differenze” è vitale per lo sviluppo di nuove prospettive nell’intera compagine sociale.

l Terzo Paradiso – Stazione Spaziale Internazionale, 2017Stampa digitale su cartonpiuma
135 x 200 x 1,5 cm
Foto: Paolo Nespoli
Courtesy ASI (Agenzia Spaziale Italiana), ESA (European Space Agency)
Il Terzo Paradiso – Stazione Spaziale Internazionale, 2017, Stampa digitale su cartonpiuma, 135 x 200 x 1,5 cm. Foto: Paolo Nespoli. Courtesy ASI (Agenzia Spaziale Italiana), ESA (European Space Agency)

Segno Arte” è il nome di un gruppo di opere che Pistoletto concepì nel 1976, all’interno del suo libro “Cento mostre nel mese di ottobre”, e che furono realizzate a partire dall’anno 1993. Esse si svilupparono secondo una duplice accezione delineata nel suo libro: la produzione di una serie di manufatti chiamatiSegno Arte” e, parallelamente, l’invito a realizzare il proprio “Segno Arte”. Quello dell’artista è una figura formata dall’intersezione di due triangoli, che inscrive idealmente un corpo umano con le braccia alzate e le gambe divaricate. Con questa forma, usata principalmente in un modulo base di dimensioni 210×120 cm, corrispondente alla massima estensione del corpo umano, l’artista piemontese realizzò numerose opere con materiali diversi: porte, finestre, tavoli, panche, letti, lavandini, termosifoni, scaffali, contenitore di rifiuti, zerbini, un tavolo da ping pong e altri oggetti.

Come afferma Pistoletto: “Il Segno Arte è il simbolo dell’arte, è come una porta che si apre per entrare nell’arte. Ognuno può avere il proprio Segno Arte e, quindi, può disegnare il proprio marchio. Il mio rappresenta la massima estensione del corpo umano. Direi che questa è la terza classicità. La prima era quella vitruviana. Poi c’è il Rinascimento con Leonardo da Vinci (1452-1519) che ridisegna l’uomo nel rapporto con il cerchio e il quadrato. La nuova classicità è raffigurata dal disegno di una persona che forma un triangolo equilatero perfetto, con le braccia alzate opposto e identico a quello formato con le gambe divaricate. Si crea, quindi, la specularità tra la parte del corpo e quella bassa, tra la parte destra e la sinistra. Tutto è centrato sull’ombelico, cioè sul simbolo della vita che ognuno di noi ha impresso.

Con “Il tempo del giudizio”, egli sviluppa una riflessione sul rapporto tra arte e spiritualità rintracciabile già nei suoi primi lavori. L’opera si presenta come un tempio che riunisce le principali religioni monoteistiche: Cristianesimo, Islamismo, Ebraismo e Buddismo. Ciascuna è rappresentata da un elemento simbolico collocato di fronte ad uno specchio: un inginocchiatoio, un tappeto da preghiera e una statua del Budda. Fa eccezione l’Ebraismo, rappresentato da due specchi che riproducono la forma delle celebri Tavole della Legge consegnate da Dio a Mosè. Il titolo dell’opera richiama due suoi precedenti lavori: “Le trombe del giudizio”, del 1968, ed “E’ l’ora del giudizio”, del 1978, realizzata nell’ambito della sua mostra “L’arte assume la religione”. Il tempo del giudizio” si riallaccia, inoltre, formalmente e tematicamente, al precedente “Luogo multiconfessionale e laico di raccoglimento”, del 2000, una struttura circolare nella quale i simboli di diverse religioni vengono posti in relazione tramite il “Metrocubo d’Infinito”, del 1966, collocato al centro dell’opera.

L’opera “Terzo Paradiso-Le religioni. Una sintesi di Spiritualità Universale” presenta i simboli dei diversi culti riprodotti sul modello del “Terzo Paradiso”, concepito e disegnato nel 2003, come archetipo di una necessaria armonia tra le opposte polarità di natura e artificio, e ripreso nella ”Formula della Creazione”, nel corso della sua successiva ricerca. Come avveniva già nelle sue precedenti opere come il “Luogo di raccoglimento multiconfessionale e laico”, del 2000, e nel “Tempo del giudizio”, del 2009, anche in questo lavoro, Pistoletto pone un dialogo fra le diverse religioni, nel quale le loro differenze, spesso fonte di aspri e drammatici conflitti, possono armonizzarsi in un pacifico confronto che non solo integri e valorizzi le diversità, ma produca una nuova e più profonda comprensione della loro natura e della comune spiritualità e umanità che le animano.

Il “Grande Pozzo”, realizzato con lo stesso cartone corrugato usato per l’altra opera intitolata Labirinto”, del 1968, è una rielaborazione di un lavoro,Pozzo”, del 1965, e facente parte di un gruppo di opere chiamate “Oggetti in meno” (1965-1966), considerate i precursori dell’Arte Povera. Il primo “Pozzo” era costituito da un cilindro di cartone dove, affacciandosi, era possibile scorgere una tela con pittura strappata e da un telaio spezzato di un quadro. In una versione successiva, chiamata “Pozzo, cartone e specchio”, del 1966, sul fondo era collocato uno specchio nel quale lo spettatore poteva vedere la propria immagine riflessa. Nel 2008, invece, Pistoletto realizzò il “Grande pozzo”, una versione del “Pozzo cartone a specchio”, che in numerose mostre, venne collocato al centro del “Labirinto”.

Il “Labirinto” è un’opera emblematica dell’Arte Povera, in particolare per l’utilizzo di un materiale povero come il cartone. E’stato presentato per la prima volta nella mostra presso il Museo Boymanns, di Amsterdam, nel 1969, dove fu esposto con l’opera “Le trombe del giudizio”, del 1968. Il labirinto è un luogo fortemente simbolico. La leggenda del Minotauro indica il mostro che vive dentro di noi e la possibilità, in un certo momento delle nostre vite private o della nostra vita collettiva, di doverlo affrontare. Come afferma Pistoletto:” Il mio labirinto è fatto di cartone corrugato, un materiale flessibile che gli permette di assumere qualsiasi forma e di adattarsi a qualsiasi spazio. In un certo senso è come lo specchio che accoglie qualsiasi immagine. Si presenta come un elemento fisico che è allo stesso tempo fortemente legato all’immaginazione.

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