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Un Banksy con il cuore bendato, ma il destino segnato

Vassilio Georgiadis con il suo Banksy protetto a Red Hook nel 2013 (foto Hrag Vartanian/ Hyperallergic )
Il pubblico potrà ammirare Battle to Survive a Broken Heart al Brookfield Place fino al 21 maggio. Credits: Isa Farfan/ Hyperallergic
Il celebre murales di Banksy Battle to Survive a Broken Heart, potrà essere ammirato − dopo oltre un decennio − al Brookfield Place di Manhattan, prima dell’asta live di Guernsey il 21 maggio.

Era una sera qualunque di ottobre 2013 nel quartiere di Red Hook, Brooklyn, quando accadde qualcosa di straordinario. Vassilios Georgiadis, titolare di un magazzino per lo smaltimento di amianto e piombo, stava fumando tranquillamente una sigaretta davanti al suo deposito. All’improvviso, notò un furgone fermarsi in un incrocio trafficato. Nulla di strano, se non fosse che in quella zona – racconta oggi suo figlio Anastasios – i residenti non parcheggiano mai lì.

Dentro quel furgone, secondo la famiglia, c’era niente meno che Banksy, l’elusivo re della street art. Vassilios non aveva idea di chi fosse, ma con la cortesia di un buon vicino gli suggerì di spostare il mezzo, per evitare che venisse colpito da un camion di passaggio. Gli offrì anche un posto nel vialetto del magazzino. L’uomo, forse grato per la gentilezza ricevuta, si limitò a rispondere: “Mi bastano un paio di minuti per andare al negozio”.

Ma la vera sorpresa arrivò solo ore dopo. Durante la notte, qualcuno tornò. E lasciò il segno. Sul muro del magazzino comparve una nuova, gigantesca opera: un palloncino rosso a forma di cuore, rattoppato con cerotti, appeso a un filo sottile. Un’opera che, secondo molti, porta la firma inconfondibile di Banksy e che venne poi battezzata Battle to Survive a Broken Heart.

Vassilio Georgiadis con il suo Banksy protetto a Red Hook nel 2013. Credits: Hrag Vartanian/ Hyperallergic

La notizia fece il giro del mondo. Giornali, televisioni, curiosi: tutti accorrevano a vedere il nuovo murale. Ma non passò molto prima che l’opera venisse deturpata da un altro writer, OMAR NYC, che spruzzò il proprio nome accanto al cuore. La risposta di Banksy? Ancora più sorprendente: tornò a modificare la sua stessa opera, forse per la prima volta. A fianco del graffito di OMAR, aggiunse la frase tagliente: “is a jealous little girl”.

Per proteggere il murale, la famiglia Georgiadis rimosse nel 2014 l’intera sezione di muro: quasi tre metri per due, oltre 3.500 chili di mattoni. L’opera è rimasta nascosta in un deposito per oltre un decennio. Oggi, finalmente, torna a mostrarsi al pubblico al Brookfield Place di Manhattan, tra boutique di lusso e vetri scintillanti, in attesa dell’asta live di Guernsey del 21 maggio.

Ma la storia ha anche un lato personale. Vassilios Georgiadis è scomparso nel 2019, stroncato da un infarto. Per la famiglia, quell’opera rappresentava l’ultimo legame tangibile con lui. Ora, spiega il figlio Anastasios, è arrivato il momento di lasciarla andare. Una parte del ricavato sarà donata all’American Heart Association: il 10% se l’opera verrà venduta sotto il milione di dollari, il 40% se supererà quella soglia.

L’opera di Banksy che era stata taggata da un artista di graffiti “rivale”.

“Volevamo restituire qualcosa alla comunità”, dice Anastasios. “Papà lo faceva sempre”.

Secondo Arlan Ettinger, presidente della casa d’aste Guernsey, questo potrebbe essere il più grande Banksy mai messo all’asta. E anche se non si prevede che raggiunga le cifre record di Love is a Bin (25,4 milioni di dollari nel 2021), le sue dimensioni potrebbero giocare un ruolo decisivo.

Nel frattempo, l’opera – protetta da una teca in plexiglass – si lascia intravedere nel Winter Garden di Brookfield Place, illuminata dai riflessi del sole. I passanti si fermano, curiosi. Alcuni scavalcano persino la corda per scattare una foto. E tra loro, c’è chi riconosce in quel cuore bendato un simbolo universale. Come Peggy, una donna che, con voce tremante, racconta che quel disegno le ricorda la propria lotta per sopravvivere. “Banksy non fa arte per dire stupidaggini. Sta cercando di raccontare qualcosa. E io lo capisco”.

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