
Sono Romina Bassu, Andrea Kvas, Matteo Negri e Pierluigi Scandiuzzi gli artisti invitati da Daniele Capra a Tezze di Piave
Si è aperta la mostra conclusiva della quarta edizione di Officina Malanotte, laboratorio sorto per collegare il territorio e la cultura del vino con le capacità di sperimentazione e contaminazione tipiche del linguaggio artistico contemporaneo e nello stesso tempo, residenza artistica ospitata dalla tenuta Bonotto delle Tezze a Tezze di Piave (TV). Una quarantina le opere esposte, opere curate da Daniele Capra con la direzione artistica di Nico Covre. I protagonisti coinvolti nel progetto quest’anno sono Romina Bassu, Andrea Kvas, Matteo Negri e Pierluigi Scandiuzzi.

La prima, romana di nascita, si è formata presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e la Facultad de Bellas Artes di Siviglia. La sua ricerca pittorica l’ha portata a riflettere sul modo di veicolare nell’immaginario collettivo, quello maschile in particolare, l’idea di donna, svelandone gli stereotipi. Oberata dai condizionamenti che il sociale impone all’insegna del bisogno di procreare, sembra che nessuno si accorga del “malessere” che ciò comporta. La Bassu allora ha dipinto -Burden-: una giovane donna sovrastata dal peso di un’anguria che porta in grembo. Evidente richiamo alla gravidanza. In Peep Show, un alluce spunta da un calzino bucato che fa strame di qualsiasi idea di presentabilità.

En plein air
Nel padovano Pierluigi Scandiuzzi la pittura vira decisamente nel figurativo. Durante la residenza ha scelto spesso di lavorare en plein air, dipingendo i paesaggi vivi del territorio solcati dal verde intenso delle pennellate. Ha anche dipinto alcune rose aggrovigliate, grondanti cromie, striate di bianco, inserite in una nicchia che sembra privarle dello spazio vitale.
La produzione del triestino Andrea Kvas ha il proprio fondamento in una concezione anarchica della pittura, con i pigmenti posizionati sulla tela sovrapposti, che invita l’osservatore ad avvicinarsi, a cercare, a spostarsi, a scrutare dentro le opere. I segni nelle sue tele possono sembrare agglomerati informi, astrazioni imprevedibili e involontarie, coagulazioni di macchie, stratificazioni fangose, tracce cromatiche che vanno oltre la frontalità: codici espressivi che caratterizzano la sua pittura fin dagli esordi.

Il lombardo Matteo Negri si è diplomato in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. In genere ciò che realizza è impostato sulla spazialità aniconica che richiama sia il rigorismo geometrico di un Malevič, sia il neoplasticismo di Mondrian. Aderendo ad un’idea di arte che abolisce la pura visione degli oggetti. Oggetti che invece ha privilegiato in Officina Malanotte, assemblando particolari meccanici ispirati da vecchi trattori con diversi tipi di bottiglie, formando degli ibridi. Quindi li ha collocati orizzontalmente “come elementi che escono dal muro, diventando così delle presenze stranianti”.













