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Il Premio Termoli 2025 riflette il presente e immagina il futuro

MACTE Installation view. Credits: Gianluca di Ioia
Premio Termoli, MACTE. Installation view. Credits: Gianluca di Ioia
Cosa significa osservare il mondo oggi? Al MACTE, dal 30 maggio al 20 settembre 2025, il Premio Termoli si fa bussola e specchio, tracciando rotte inattese tra geografie, memorie e linguaggi. Non una semplice mostra, ma la 64ª edizione di una delle manifestazioni più longeve d’Italia dedicate all’arte contemporanea: un’edizione che, sotto la curatela diretta di Caterina Riva, si apre a una pluralità di prospettive e visioni.

Dodici artisti per dodici sguardi sul mondo: il Premio, diviso nelle sezioni Arti Visive e Architettura & Design, racconta una pluralità di linguaggi e identità che attraversano geografie, storie e medium. Le opere, selezionate da un comitato curatoriale composto da Simone Ciglia, Gioia Dal Molin, Rossella Farinotti ed Emanuele Guidi, spaziano dal video alla scultura, dalla pittura alla performance, fino a forme ibride in cui la parola incontra l’immagine, il gesto diventa voce, il corpo è archivio.

“Volevo che questa edizione mostrasse la varietà del presente”, racconta Riva, al suo primo anno come curatrice del Premio. “L’arte non può che essere una lente su ciò che ci circonda, e al tempo stesso un’occasione per ripensare i luoghi”

Ed è proprio da Termoli, città adriatica in bilico tra tradizione e desiderio di futuro, che si apre questo racconto espositivo. Il percorso prende il via con le installazioni potenti di Binta Diaw e Adji Dieye, che scavano nel corpo e nella memoria coloniale del Senegal. La materia si fa linguaggio anche nell’opera olfattiva e visiva di Monia Ben Hamouda, dove spezie e calligrafia islamica evocano una dimensione rituale e privata.

Premio Termoli, Monia Ben Hamouda, Figuration Demon (deer). Credits: Gianluca di Ioia

Luca De Angelis ci conduce in una foresta pittorica, stratificata e onirica, mentre con Aldo Giannotti l’arte diventa esperienza fisica e partecipativa: tocca allo spettatore tendere corde e comporre forme. Allison Grimaldi Donahue ci fa accomodare in un interno sospeso tra suoni, poesia e malinconia, mentre Roberto Fassone ci porta nello spogliatoio di una squadra di basket, trasformando lo sport in diario esistenziale e riflessione artistica.

Mario Airò, maestro della rarefazione, sperimenta l’invisibile con una tempera calligrafica su bianco, mentre Paolo Icaro scolpisce il respiro in una forma circolare, registrando il limite fisico del corpo. Lucia Cristiani trasforma i racconti femminili di Sarajevo in arazzi vegetali di metallo. Elisa Giardina Papa fa immergere in un paesaggio di maioliche, memorie orali e mitologia mediterranea. E infine, Jiajia Zhang mostra come social, apocalisse e intrattenimento s’intrecciano in un collage visivo e sonoro fino a farsi indistinguibili.

Un mosaico di voci e visioni, dunque, in cui la curatela non impone un tema unico, ma invita all’ascolto di una costellazione di possibilità.

Premio Termoli, Allison Grimaldi Donahue, “E la voce rivela”. Credits: Gianluca di Ioia

Il Premio si conferma così un laboratorio pubblico e partecipativo: l’ingresso è gratuito e i visitatori possono votare la loro opera preferita. L’artista più apprezzato riceverà una menzione speciale, mentre la vincitrice o il vincitore entrerà a far parte della collezione permanente del MACTE.

Ma non è tutto. La sezione Architettura e Design presenta i tre progetti vincitori e le dieci menzioni speciali selezionati tra oltre 400 proposte ricevute dalla call internazionale per il Rebranding di Termoli, promossa da Terraviva Competitions. Dai concept visionari dello studio romano Nosce, alle idee nate a Budapest, fino ai progetti premiati per innovazione e impatto urbano, la mostra riflette su cosa voglia dire ridisegnare l’identità di una città attraverso l’immaginazione architettonica.

Nato nel 1955, il Premio Termoli non è solo una vetrina, ma uno specchio: riflette il presente dell’arte italiana e internazionale e lo consegna alla memoria collettiva. In un’epoca di festival effimeri e format senz’anima, il MACTE rilancia la sfida con una proposta ambiziosa, inclusiva, profondamente radicata nel territorio ma con lo sguardo puntato oltre l’orizzonte adriatico.

Premio Termoli, Luca De Angelis, Gli erratici itinerari della palude. Credits: Gianluca di Ioia

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