
Una cucina, quella dei fratelli Vergine di Grow Restaurant, che dà voce a una frontiera dell’alimentazione davvero impiegata ai fini di una sostenibilità vera
Al Grow Restaurant di Albiate (Monza Brianza), che può fregiarsi della Stella Michelin e della Stella Verde (quella riservata alle insegne che mostrano un impegno costante verso la sostenibilità), il concetto di cucina e approvvigionamento riporta indietro nel tempo, a una filosofia capace di rispettare salute e ambiente.
Le carni, in primis, sono solo cacciate: animali allo stato brado, presi interi dai cacciatori amici e di fiducia. Carni ricche, sane, autentiche. Servite, lavorate, mai sprecate. Perché “È sbagliato togliere completamente la carne dalla propria alimentazione – spiega lo chef Matteo Vergine – la carne ne fa parte, indissolubilmente, ma dev’essere di qualità”.
A dimostrarlo sono i menù tematici che Grow offre, una serie di piatti in cui le diverse parti dell’animale vengono servite declinate con cotture e in abbinamenti sempre differenti. Dal fagiano alla lepre, dal germano al capriolo, dai volatili alla piccola selvaggina, dal cervo al daino, a seconda di quel che la natura (e i permessi di caccia) offre.

Gli ortaggi sono quelli del territorio, ma non si limitano ai più noti, a quelli che troviamo tra gli scaffali dei supermercati: erbe spontanee di ogni genere arricchiscono il gusto delle ricette dei fratelli Vergine grazie all’attività di foraging che viene portata avanti con esperti certificati, a tutela del cliente.
Uno sguardo alla cultura di ieri, per un mondo migliore domani, vale per le materie prime quanto per il “ricettario d’ispirazione”: piatti di una tradizione contadina, quando le disponibilità erano poche ed era quindi necessario improvvisarsi ai fornelli con quel che si aveva a disposizione. Dalle parti meno nobili dell’animale fino a verdure di zona ed erbe spontanee del posto.
Le ricette della nonna, le possiamo chiamare. Proposte che sanno valorizzare tutte le parti dell’animale, puntando sull’esaltazione vera della materia, in direzione di un gusto intenso e inconfondibile. Un incontro del passato del territorio con la cucina trapper, ispirata agli esploratori nordamericani che tra ‘700 e ‘800 viaggiavano in terre sconosciute e cucinavano quello che si procuravano in natura, cuocendo sul fuoco.
La zampetta di germano proposta nel piatto Lenticchie, arancia e missoltino. Viene bollita in acqua e alloro: le ossa finiscono per sfilarsi da sole. Poi il passaggio in brace a cottura lenta, porta la carne a seccarsi e ad affumicarsi. Glassata infine con fondo di germano per donarle maggior sapore, viene servita in abbinamento al missoltino, dando spazio all’habitat stesso del germano anche nel piatto in cui viene servito.

O il collo del germano, come tradizione brianzola insegna. “Ai tempi dei nostri nonni l’oca era più economica del maiale – racconta il maitre Riccardo Vergine – Petto e coscia erano le parti nobili, ma tutte le altre? Non si sprecavano, venivano inserite nella pelle del collo dell’oca, bollito come lo zampone e servito con accompagnamento di fagioli del territorio”. Lo stesso principio viene applicato al germano, sempre in nome di quei menù tematici che dimostrano l’antispreco vero.
L’atmosfera del locale richiama perfettamente tutta questa filosofia. I coltelli hanno come manico le corna scartate e lavorate dell’animale, manti e corna fungono da decoro per le pareti delle due sale. Non si deve pensare a uno “sfregio”, ma più a una celebrazione dell’animale: un rispetto talmente profondo da adoperarne tutte le parti diventa un omaggio al rispetto di ciò che la natura ci offre.

A chiudere l’offerta di Grow ci pensa Riccardo, dalla sala alla cantina in piena sintonia con la proposta nel piatto del fratello Matteo. Infatti, oltre a occuparsi di fermentazioni e kombucha, Riccardo Vergine spazia alla ricerca di abbinamenti originali, che spaziano da spirits a bevande analcoliche, senza ovviamente trascurare una carta dei vini ricercata, con oltre 200 etichette di produttori naturali.













