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Bye Bye Regno Unito: Iwan e Manuela Wirth tornano in Svizzera

Galleria d'arte Hauser and Wirth, ristorante e giardino, Durslade Farm, Bruton, Somerset, Inghilterra, Regno Unito. Giardini progettati da Piet Oudolf. Universal Images Group tramite Getty
Giardini della Galleria d’arte Hauser & Wirth progettati da Piet Oudolf in Inghilterra, Regno Unito. Universal Images Group tramite Getty
Iwan e Manuela Wirth, fondatori della galleria d’arte internazionale Hauser & Wirth, hanno trasferito la loro residenza permanente dalla Gran Bretagna alla Svizzera, dove ha sede anche la holding della galleria, fondata a Zurigo nel 1992

Il cambiamento avviene in un momento in cui alcune figure di spicco nel mondo dell’arte e dell’imprenditoria stanno lasciando il Regno Unito, sulla scia delle riforme fiscali che hanno rimodellato il trattamento dei grandi patrimoni, in particolare con l’abolizione dello status di non-dom e le modifiche all’imposta di successione.

Secondo documenti depositati questo mese presso la Companies House, l’ente britannico che vigila sulle società registrate, il trasferimento è stato formalizzato a livello societario. La notizia è stata confermata dalla galleria stessa al Financial Times, che ha precisato come la decisione sia legata a motivazioni personali, non direttamente connesse al nuovo quadro normativo. I Wirth, infatti, continueranno a lavorare attivamente su progetti in Svizzera, negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

Parallelamente, la coppia continua a portare avanti i propri impegni imprenditoriali con Artfarm, società attiva nello sviluppo immobiliare e nell’ospitalità. Nonostante un calo delle vendite nella regione, i Wirth prevedono di aprire una nuova sede londinese nel 2026, segnale di un impegno che – almeno formalmente – non si arresta.

Nel 2023, la sede britannica della galleria ha registrato un fatturato di 144 milioni di sterline, in calo del 13% rispetto ai 166 milioni dell’anno precedente. Tuttavia, gli utili netti sono cresciuti da 5,2 a 6 milioni di sterline, confermando una certa solidità nei margini operativi, nonostante il contesto più incerto.

Il loro trasferimento si inserisce in un dibattito più ampio che riguarda la mobilità dei capitali e l’equità fiscale. Se da un lato alcuni osservatori parlano di una “fuga dei ricchi”, altri – come un rapporto della London School of Economics pubblicato nel 2024 – ne ridimensionano la portata, sostenendo che le narrazioni attorno all’esodo dei grandi patrimoni siano spesso esagerate e che la migrazione fiscale, oggi, venga vista da molti come un’arma a doppio taglio sul piano della reputazione.

In questo scenario, resta aperta una domanda di fondo: fino a che punto le norme fiscali e le dinamiche di profitto che governano il mercato dell’arte influenzano – o persino determinano – la geografia dei luoghi culturali, il destino delle gallerie e la forma che prenderanno gli spazi della cultura nei prossimi anni?

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