
Ottanta opere, quaranta delle quali realizzate dallo stesso anonimo artista di Bristol, per il focus sulla Street Art internazionale
Per i pochissimi che non la conoscessero, la Street Art si identifica in un fare artistico, inizialmente relegato ai margini anche se oggi è arrivato nelle aste ed è entrato nei musei. È riuscito a trasformare i muri delle città in potenti strumenti comunicativi. Ha sempre privilegiato lo spazio urbano, dialogando a stretto contatto con il sociale. Privilegiando tematiche che riguardano la contestazione di certi assetti istituzionali, la condivisione del pacifismo, il rifiuto del militarismo che fa strame di ogni essere e del consumismo esasperato.
Ora nella Galleria di Palazzo Sarcinelli arriva la mostra Banksy e la Street Art, con ottanta opere, quaranta delle quali realizzate dallo stesso anonimo artista di Bristol. Oltre a Banksy, la rassegna del Sarcinelli – curata da Daniele Buso – registrala la presenza di alcuni dei nomi più significativi della street art. Da Keith Haring a Mr Brainwash. Tutti in grado di scomporre i meccanismi del potere.

La comunicazione
L’autore di Bristol, la cui identità rimane ancora sconosciuta, ha saputo affrontare le tematiche appena accennate sottraendole alla marginalità, all’informazione ingessata che non lascia tracce. In che modo? Mediante codici comunicativi assimilabili a quelli di un manifesto pubblicitario, trasformandoli in messaggi immediatamente fruibili. Bambini compresi. Ammesso e non concesso che Banksy sia un buffone, come qualcuno lo ha definito, è indubbio che riesce a coinvolgere i destinatari delle sue proposte iconiche mutando i tessuti urbani in siti di riflessione. Un muro è una grande arma. È una delle cose peggiori con cui colpire qualcuno sostiene Banksy con molta efficacia.
Le opere
Il percorso espositivo si apre con Forgives us our trespassing (Perdona i nostri peccati), vernice spray su compensato del 2012 di Banksy. In origine l’opera è stata dipinta per un muro della Mission Grotto Church a Salt Lake City. Raffigura un giovane writer inginocchiato, mani giunte con una bomboletta spray tra le dita. I suoi occhi sono nascosti da una striscia rettangolare. Per proteggersi o forse a suggerire una sorta di censura. Quale l’interpretazione possibile? Ce la facciamo a perdonare chi per esprimersi si serve di un muro invece di un microfono?

Fra le serigrafie più note esposte c’è Napalm, del 2004. Il tempo non scalfisce la sua tragica attualità. Al centro il celebre ritratto della bambina che corre nuda. Dopo essere stata investita dal napalm durante la guerra in Vietnam. In preda al terrore. Affiancata, come a voler rassicurare, da Topolino e Ronald McDonald. Un contrasto sconvolgente: tra la sofferenza indicibile di una vittima e le icone conosciutissime dell’intrattenimento e del consumismo americano.
Avanguardia e cultura pop
Accanto ai lavori dell’artista britannico, lo si accennava in apertura, ci sono creazioni di altri protagonisti della scena internazionale. Fiorucci Wall di Keith Haring. Uno dei pannelli delle pareti interne dipinte tra il 1983 e il 1984 nel negozio Fiorucci in Galleria Passarella a Milano. L’opera è una testimonianza cardine che intreccia arte dei graffiti, moda d’avanguardia e cultura pop. Rilevante l’uso della vernice fluorescente che illumina l’opera anche al buio.
Di Mr Brainwash, che coniuga graffiti e Pop art, pseudonimo di Thierry Guetta, è stata selezionata With all my love, del 2019, con un bambino che guarda con attenzione un cuore dipinto di rosso. Shepard Fairey (Obey) è uno degli street artist più stimati della scena contemporanea. Ha iniziato la sua carriera come graphic designer prima di avvicinarsi alla Street Art. Una delle sue opere più famose, presente in mostra, è Hope, il poster creato per sostenere la campagna elettorale di Barack Obama del 2008.
Banksy e la Street Art
Palazzo Sarcinelli, Conegliano (TV)
Fino al 22.03.2026
Orari: mercoledì, giovedì, venerdì, 10/13 – 14/19. Sabato, domenica e festivi, 10/19













