Ai Weiwei scompare nel nulla il 3 aprile scorso a Pechino, prelevato da guardie aeroportuali al momento di imbarcarsi per Hong Kong dove si recava per lavoro. E’ l’ultimo atto di crescenti vessazioni del governo cinese subite negli ultimi mesi dal grande artista. Ma Ai Weiwei non nasce oggi come artista-dissidente. Esponente del Gruppo Stars (Painters Society) di Pechino che si opponeva all’arte ufficiale del realismo socialista, ovvero alla cultura governativa, nel 1979 organizzò una storica collettiva in un parco della Capitale non ricevendo il permesso per esporre in un museo. Il gruppo fu sciolto per motivi politici nel 1983, ma i nuovi canoni estetici erano seminati. Per la Cina fu una seconda rivoluzione culturale di cui l’Occidente (intento a considerare di quel Paese solo gli aspetti più lucrosi del mercato) sa poco.
I nostri governi guardano con favore alle nascenti democrazie nel Sud del Mediterraneo e si attivano per “agevolare” la transizione dai totalitarismi a Istituzioni stabili e amiche, ma non ritengono confacente opporre le ragioni di “medesimi” diritti civili in Cina.