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Emilio Vedova a Verona alla Galleria dello Scudo dal 14/12

Emilio Vedova, 1980 (foto Paolo Gasparini)

De America, ciclo composto da circa cinquanta dipinti su tela e su carta eseguiti a Venezia da Emilio Vedova tra il 1976 e il 1977, è il tema della mostra in programma a Verona alla Galleria dello Scudo dal 14 dicembre prossimo. L’iniziativa documenta questo corpus di opere mai esposto prima d’ora nella sua completezza ed è accompagnata da una pubblicazione a cura di Germano Celant, Direttore artistico della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova che collabora nella realizzazione del progetto.

Emilio Vedova, 1980 (foto Paolo Gasparini)

Il titolo attribuito ai lavori, tutti in bianco e nero, è un evidente rimando alle esperienze dell’artista negli Stati Uniti a partire dal 1951 per venticinque anni, dai rapporti instaurati con università, istituzioni pubbliche ed esponenti del mondo della cultura d’oltreoceano, ai numerosi appuntamenti espositivi dal Canada all’America latina e agli importanti riconoscimenti conseguiti in sedi prestigiose.

Protagonista già dall’inizio degli anni ’40 dell’avanguardia artistica italiana in una Venezia particolarmente attiva con la rinascita delle storiche Biennali e la presenza di figure significative come quella di Peggy Guggenheim, Vedova entra ben presto in un circuito che travalica i confini nazionali.

Se nell’immediato dopoguerra l’asse Roma-New York favorisce un dialogo   tra le nuove istanze dell’espressionismo astratto americano e il parallelo contesto artistico europeo, analogamente è configurabile un canale diretto che pone Venezia in rapporto con il mondo d’oltreoceano. Le esposizioni     ai Giardini richiamano studiosi e critici di levatura internazionale in veste      di membri della giuria e di commissari, come James Johnson Sweeney, dal 1952 direttore del Solomon R. Guggenheim Museum; facoltosi collezionisti convergono in Laguna per acquistare le migliori proposte del momento; intensa è l’attività che l’ente veneziano promuove nei paesi del Sud America così come del Nord Europa.

In tale contesto Vedova riveste un ruolo di primo piano, come confermano  i successi ottenuti alle Biennali di San Paolo del Brasile nel 1951 e nel 1953-1954, e a quelle veneziane sin dal 1950, tra cui spicca, nel 1960,  il Gran Premio per la Pittura italiana conferito all’unanimità da una commissione internazionale presieduta dal critico inglese Herbert Read.

De America ’76 – 9, 1976
idropittura, carta e pastello su carta intelata 207 x 204,5 cm

Presentare De America in questa mostra offre dunque l’occasione per ricostruire le tappe di un itinerario “americano”, in cui la pittura risente delle radicali trasformazioni che, in particolare tra gli anni ’60 e ’70, agitano il contesto sociale attraversato da mutazioni profonde.

A New York, dopo la personale alla Catherine Viviano Gallery nel febbraio 1951, Vedova si afferma quale miglior pittore italiano ricevendo il Solomon R. Guggenheim Foundation Award nel 1956, quando un suo lavoro viene acquistato da Blanchette Rockefeller per il Museum of Modern Art. L’anno  prima, nel 1955, partecipa per la prima volta al Carnegie Institute di Pittsburgh, dove espone Spazio inquieto n. 4 acquistato poi da Giuseppe Panza di Biumo; figura in varie collettive negli States ed entra in importanti collezioni, come quelle di Stanley J. Seeger Jr. Più tardi, viene invitato a tenere cicli di lezioni  in ambito universitario a Washington nel 1965, quindi a Filadelfia, Chicago, Cleveland, Detroit. Segue un lungo viaggio attraverso “deserti, canyons, riserve indiane, i ghetti neri e bianchi delle immense metropo­li”.

Per il padiglione italiano all’Expo di Montreal nel 1967 l’artista veneziano concepisce Spazio/Plurimo/Luce, una grande installazione costituita da un complesso e simultaneo sistema di proiezioni da lastrine di vetro realizzate nelle fornaci Venini a Murano. Le forti ed esplosive problematiche di quegli anni e la sua natura sempre pronta a misurarsi con gli aspetti contraddittori dell’esperienza umana e della società lo inducono a sperimentare tecniche non convenzionali. Proprio allora, a Berkeley in California, epicentro delle contestazioni poi sfociate nei disordini repressi con la violenza, tiene una serie   di memorabililectures sul tema dell’ “artista oggi” e della sua funzione. Ecco dunque che l’impegno universitario, proseguito anche nel decennio successivo – nel 1973 tiene il terzo ciclo di lezioni –, e l’amicizia con protagonisti del contesto culturale d’oltreoceano, come Allen Ginsberg e Dore Ashton, offrono all’artista l’occasione di un costante aggiornamento sui rivolgimenti in atto negli Stati Uniti, lacerati dalla contestazione per la guerra in Vietnam, da discriminazioni razziali e da un forte dissenso interno.

Questi accadimenti influiscono profondamente nella consapevolezza vedoviana del rapporto tra arte e società, con una partecipazione totale. Dopo le geometrie del 1946-50 e la progressiva e potente ricerca che lo porta dal Ciclo della protesta del 1953 a un confronto sempre più serrato tra pittura e spazio,  con Intolleranza ’61, i Plurimi dell’Absurdes Berliner Tagebuch del 1964 fino a Spazio/Plurimo/Luce del 1967, l’atteggiamento di Vedova assume una direzione radicalmente opposta, in netta controtendenza.

Anticipata da un’intensa attività grafica già all’inizio degli anni ‘70, il ciclo De America segna un deciso ritorno alla pittura, che evoca sentite analogie tra la sua Venezia e gli slumnewyorkesi, dopo stagioni di assidua sperimentazione e di sondaggi in altre direzioni tecniche. Ciò si traduce nelle tele e nelle carte di grande formato riunite a Verona, in cui la composizione appare organizzata secondo linee-forza ancora più secche e incisive rispetto al passato: le pennellate ampie e vigorose si intersecano secondo direttrici precise, le stesure del bianco   e del nero assumono un rigore assoluto senza concessione alcuna al colore.

Nel ricco volume a cura di Germano Celant, edito per l’occasione da Skira, viene condotta, con contributi di critici di rilievo internazionale e di specialisti di storia contemporanea, un’attenta ricostruzione dell’esperienza “americana” di Vedova e, al tempo stesso, una puntuale analisi della complessità del contesto politico-sociale e artistico negli Stati Uniti in rapporto a quello europeo dopo la seconda guerra mondiale. Grazie alla documentazione resa disponibile dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova e alla consulenza del Direttore Archivio e Collezione Fabrizio Gazzarri, viene inoltre proposta un’ampia sezione di apparati a cura di Laura Lorenzoni, in cui la vicenda espositiva dell’artista tra il 1951 e il 1977 è corredata da recensioni, materiale iconografico, scritti dell’epoca e corrispondenza in gran parte inedita.

Il libro sottolinea dunque l’importanza cruciale di De America nel percorso vedoviano, a chiusura  di un lungo periodo caratterizzato da un forte impegno sociale e politico, nel quale i materiali utilizzati sono stati prevalentemente altri rispetto alla pittura. Tuttavia De Americarappresenta, allo stesso tempo, il primo forte segnale di una ritrovata e vitale energia pittorica che, in seguito, esploderà incontenibile nei teleri degli anni ‘80, nei Dischi fino …in continuum.

 

GALLERIA DELLO SCUDO

ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

via Scudo di Francia 2, I – 37121  Verona

tel. 0039 045 590144  fax 0039 045 8001306

info@galleriadelloscudo.com      www.galleriadelloscudo.com

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