Martedì 25 febbraio, alle ore 18, sarà presentato alla Quadriennale di Roma il volume di Angelo Crespi dal titolo “ARS ATTACK. Il bluff del contemporaneo”, pubblicato da Johan & Levi editore. Con interventi di Angelo Capasso, Gianluca Marziani e l’autore.
Conversazione tra Angelo Crespi e Angelo Capasso
Modera Gianluca Marziani
Martedì 25 febbraio – ore 18.00
La Quadriennale di Roma
Villa Carpegna – Piazza di Villa Carpegna
T: 06 977 4531
ingresso libero fino a esaurimento posti
Cosa si ammira oggi fra fiere, musei, blasonate gallerie? Animali veri uccisi e appesi al muro, squali e mucche in formaldeide, escrementi in travertino, emosculture da conservare rigorosamente al fresco, performance (mai troppo) autolesioniste, figure umane mutilate e sezionate… Ma questa è arte? Sulle orme di Tom Wolfe e dell’aspra critica spietatamente analitica di Fumaroli e Jean Clair, Angelo Crespi commenta, ironico e disincantato, le espressioni più emblematiche della produzione artistica odierna, consapevole che siamo seduti sulle spalle di giganti e che lo sguardo sul contemporaneo non può prescindere dall’antico, che ci guida a capire “perché una cosa vada considerata arte e un’altra no”. Tuttavia, appellarsi a estetica e Bellezza serve a poco. Niente più canoni estetici e padronanza della tecnica per gli artisti, nessuna necessità di studio per i curators, la concezione classica del museo soppiantata dalla megastruttura che lucida l’ego dei direttori e conferisce “aura” a oggetti che non la meritano. È l’arte nata morta che, ça va sans dire, non percepisce se stessa come tale: anzi, prolifera in un sistema perfetto, quindi chiuso: per ogni possibile critica all’opera d’arte brutta, di dubbio gusto, indecente, sciocca, crudele, irrispettosa, inutile, ma furba, è già pronta una contromossa, un certificato di autenticità e una lettera scarlatta da apporre sul demistificatore sempliciotto che ha colto l’insensatezza di questa o quella produzione artistica.
Una sorta di non-arte, per la quale Crespi forgia il neologismo sgunz. Se accogliessimo l’idea dello sgunz come di un qualcosa di diverso dall’arte. Lo sgunz è una fede, con molti fedeli che ascoltano il Verbo propinato da storici e critici, curators e giornalisti, artisti osannati – gente da copertina, non spiantati che patiscono la fame come i veri avanguardisti del primo Novecento –, collezionisti, mercanti, galleristi e direttori di museo, gli happy few dell’art-system. Denaro a pioggia per gli addetti ai lavori, e benevola concessione al pubblico generico, ammesso alla visione e alla spiegazione, e quindi addestrato a sentirsi elevare lo spirito dinnanzi a specchi rotti, plastica, sangue, umori e quant’altro. In questa arte contemporanea intesa come gioco milionario volto a “divertire” in senso etimologico e a scandalizzare in una necessità perpetua di proporre novità, la trasgressione è ormai solo apparente, diventando in realtà una perfetta incastonatura nel sistema che si vorrebbe criticare, e per il quale casomai è proficua. Un pamphlet che non ha paura di fare nome e cognomi, e di mettere finalmente nero su bianco tutto questo.
Io non prendo per il culo nessuno, io non sono un terrorista, io credo in quello che faccio, io vivo per la mia arte, per me l’arte è tutto, forse troppo….