El Club, Orso d’Argento al Festival di Berlino 2015, La silenziosa riflessione di Pablo Larrain sulle contraddizioni della Chiesa.
«Dio disse “Sia Luce” e luce fu. Dio vide che era cosa buona e separò la luce dalle tenebre».
(Genesi,1.14)
Con questo verso della Bibbia inizia El Club il nuovo film di Pablo Larrain che torna a raccontare il suo paese, il Cile, attraverso il lento spostarsi della macchina da presa su paesaggi, coste e spiagge desolate.
Pablo Larrain parte da lontano per narrare la storia dei suoi personaggi, quattro preti e una suora, allontanati dalla Chiesa in una villetta sulla costa per espiare, attraverso la fede, i reati commessi in passato. Sono loro El Club, un club formato da chi non ha scontato davanti alla legge la sua pena, da chi è stato nascosto per non infamare il buon nome della vecchia Istituzione cattolica.I personaggi di Larrain sono accomunati dalla mancanza di alcuna coscienza critica e tanto meno spirituale di ciò che hanno commesso. In totale antitesi con la citazione biblica iniziale, infatti, sembrano non avere ancora distinto la luce dalle tenebre, limitandosi a vivere come una villeggiatura quella che, seppur in riva al mare, è la loro prigione: bevono vino, guardano programmi alla televisione e si arricchiscono partecipando a corse clandestine di cani.
L’obiettivo si limita a raccontare la loro vita, la loro convinzione d’innocenza e la totale passività al cambiamento. La corsa di un cane sulla spiaggia deserta della costa cilena d’inverno, l’infrangersi delle onde sotto il cielo plumbeo e il sonoro ripetersi di inni e litanie rimandano all’atmosfera cupa di chi vive inerme nella preservazione dal mondo esterno. Nella fotografia di El Club tutto sembra avere lo stesso torpore, la stessa opacità; il regista non gioca sulla crudità dell’immagine quando ci racconta i reati commessi dai cinque ma lascia che sia la gravità della parola a sconvolgerci. I numerosi primi piani tacciono su qualsiasi intenzione o rimprovero morale ma, piuttosto, secondo una logica rigorosamente neorealista, sono gli stessi eventi a creare la condizione della redenzione.
La pace illusoria di questa casa-prigione verrà, infatti, turbata da nuovi personaggi ed eventi che condanneranno i protagonisti a vivere con il fantasma in carne ed ossa del loro reato, con cui dovranno condividere la vita, la casa, i pasti e la preghiera.
La straordinarietà del film sta esattamente nell’assenza di sviluppo nei personaggi, che rimangono statici e persuasi della loro purezza dall’inizio alla fine. Totalmente inermi davanti alla condanna impostagli dal regista, continuano a vivere la loro vita da reclusi nella ferma certezza della propria santità. In El Club a tensione della rappresentazione risiede dunque nella contraddizione, nella lotta tra il burattinaio e i suoi burattini, tra Larrein e suoi protagonisti, che non rispondono ai suoi comandi, dritti per la loro strada verso l’eterna pena che sembra coinvolgere allo stesso modo prigioniero e carceriere.