Ha fatto bene Alessandro Roma, uno dei migliori artisti italiani della sua generazione a lasciare la casa e lo studio di Milano e trasferirsi per un periodo a Londra. Ci siamo passati per due giorni al volo, abbiamo girato in lungo e in largo ma abbiamo dovuto tralasciare un sacco di cose: la vitalità della scena artistica londinese rivela un’energia sorprendente.
Un week end d’arte a Londra
Gagosian, il gallerista più odiato di ogni altro, qui a Londra con dieci segretarie all’ingresso tutte perfette che non alzano mai lo sguardo dal computer, nella galleria di Britannia Street vicino a King Cross espone la serie delle ultime sculture fatte da Franz West, il grande artista austriaco morto prima dell’estate, alcune alte quattro metri, tutte colorate, quasi pop, altre come delle meteoriti arrivate da Marte o da Giove.
David Zwirner invece ha inaugurato la sua nuova sede in un palazzo tutto bianco di quattro piani in Grafton Street di un lusso estremo con Luc Tuymans, Allo!, tra gli altri quadri, uno di un mazzo di fiori che sembra avere una lampadina dentro tanto è pieno di luce. Sempre nella zona di Mayfair Hauser and Wirth espone un’installazione monumentale e sorprendente di Thomas Houseago, lo scultore brutale e sofisticato di Leeds, che reiventa Picasso passando attraverso McCarthy e quasi di fronte da Spruth Magers una mostra molto minimal-chic tutta geometria e Svizzera di Fischli and Weiss.
Da Ordovas Carracci e Freud a confronto, il passato con il presente appena passato, solo alcuni piccoli ritratti uno a fianco dell’altro, possiamo dire che lì lo stile non manca. Nella strada a fianco trovi nella vecchia sede della Malborough Frank Auerbach, anche con un po’ di nostalgia del passato, uno degli ultimi della scuola di Londra, quelli che conoscevo a memoria quando imparavo a dipingere, con Next door, la porta vicino al suo studio, quadri e disegni tutti dello stesso tema ripetuti cento volte come piacciono a me. Alla Malborough fine art mettono i bollini rossi e tutti i quadri ne avevano uno o al massimo mezzo. Anche Michael Werner ha aperto la nuova sede a Londra, in Upper Brook Street, un appartamento di due stanze al primo piano col pavimento di legno che scricchiola, e solo una ragazza bionda con un macbook, appesi alle pareti tutti dipinti del 2012 di Peter Doig. Nell’altra sede di Gagosian, una vetrina in Davies Street, una sala da museo di Giuseppe Penone, un albero scultura e due quadri fatti con le spine di acacia. Penone era anche da Haunch of Venison, che nell’altra galleria quella di New Bond Street espone una scultura serpente di stoffe colorate che sale per tre piani di scale di Joana Vasconcelos, la portoghese che era anche a Palazzo Grassi qualche anno fa.
Da Timothy Taylor in Carlos Place Kiki Smith Behold con alcune sculture di bronzo piatte e corrose dal verde rame e poco più giù da Pace London in Burlington Gardens gli ultimi quadri di Mark Rothko, prima di suicidarsi neri e grigi con a fianco le immagini del mare di Sugimoto. Un confronto audace.
Hauser and Witrh ha un altra sede a Piccadilly, tutta di legno e che sembra una sacrestia con i quadri rossi di Rita Ackermann, Fire by Days. A cinquanta metri c’è la White Cube di Mason’s Yard che espone dei dipinti di Magnus Plessen, Rinding the image, un artista tedesco di Amburgo del 1967, sposato con tre figli. Sembra che lavori girando i quadri su se stessi, tanto che non capisce più dove sia l’alto e dove sia il basso. Proprio lì sta il bello.
Di fronte alla Royal Accademy una mostra assurda sul bronzo, da Saatchi in Sloane square Out of focus: Photogrphy, alla Tate Britain le opere del Turner Prize e infine dalla Lisson Anish Kapoor per il ventennale del loro sodalizio lavorativo, ma lì non ci sono stato. Ho mancato anche Thomas Schutte alla Serpentine perchè avevo un appuntamento a Chippeneim con degli amici.
Così di fretta, con un gelo polare, ho visto queste cose, tutte o quasi targate 2012, tutte buttate lì, come a dire guarda noi abbiamo qualcosa da dire, gli artisti lavorano, cercano, hanno fantasia, inventano un mondo nuovo. Mi sembra che in Italia stiamo perdendo un po’ il treno.