LE ITALIE DI ÉDOUARD
24 aprile – 18 agosto 2013, Palazzo Ducale. Venezia
Vedere una accanto all’altra l’Olympia di Manet (1863) e la Venere di Urbino di Tiziano (1538) è già di per sé un evento eccezionale. Vedere le due fanciulle sdraiate nella stessa sala, nell’intimità dell’Appartamento del Doge, a Palazzo Ducale, a Venezia, è qualcosa di unico e forse irripetibile. Tanto più che la prostituta dell’Orsay non fosse mai uscita dall’alcova parigina, mai significa dal 1890 cioè da 123 anni. Mai si era confrontata da così vicino con la cortigiana di Tiziano, riproposta da Manet in chiave moderna. Ed ora insieme. 325 anni che le separano, una parete viola come sfondo che le unisce. Così mentre fuori il Fifre suona il piffero svolazzando sulla locandina appesa a Palazzo Ducale le due ragazze all’interno ti fissano fino all’imbarazzo. Languida e sensuale la Giulia di Tiziano, schietta e indifferente la Victorine di Manet.
Manet ha scelto Tiziano per rivoluzionare l’arte intera. Prende l’eletta sposa di un principe rinascimentale e la trasforma in una banale “femme de plaisir” della Senna. La bellezza ideale di una dama cinquecentesca s’incarna nella cruda realtà di una qualsiasi Olympia contemporanea, giovanissima e già consapevole del proprio destino. Emblema di una società perbenista messa a nudo da Manet, spogliata da moralismi e beate illusioni di stabilità. Nuda come Olympia: sguardo nel vuoto e pelle d’avorio, le rimangono addosso soltanto le pantofole, un nastrino nero al collo e un fiore tra i capelli. Nient’altro.
Ecco la Venere di Manet: ancora lì, distesa sul letto come tre secoli prima la dipingeva Tiziano. Ma ora è diverso: prima ti desiderava, ora inchioda la tua coscienza nella tela. Sbarra il suo pube, non se lo accarezza più. Il fedele cagnolino addormentato è sparito, ai piedi del letto è comparso un gatto indemoniato, nero come la morte, simbolo di peccato. L’atmosfera della stanza si è fatta quasi claustrofobica, le tende coprono la luce del sole, delle ancelle venete rimane una schiava di colore.
Questo è Manet: dissacrante realista antiaccademico che spazza via le maschere ipocrite di un Impero (il Secondo quello di Napoleone III). Un mix di antiretorica e denuncia sociale realizzato con tinte violente e contrasti cromatici netti. Verità e sincerità: questo deve rappresentare l’arte, questo vuole dipingere Manet sfidando miti e convenzioni, contro tutti e contro tutto.
Così si presenta il “Ritorno di Manet a Venezia” parafrasando il titolo della mostra (a Palazzo Ducale fino al 18 agosto). Terza volta nella sua storia, la prima da assoluto protagonista dopo due viaggi di “studio dal vero” (e da vivo) dei maestri veneziani. Ritorna da grande, da esempio, da indiscusso padre dell’arte moderna. Colui che attinge a piene mani dalla classicità con insolente libertà dipingendo l’essenza del contemporaneo. Studia i miti del passato (italiani, olandesi, spagnoli) per trasportarli nel presente. Ottanta le opere in mostra, 67 dal Museo d’Orsay svenatosi per l’occasione come in precedenza per la retrospettiva alla Royal Academy di Londra di pochi mesi fa ma senza lei, Olympia.
I DESTINI DI VENERE
L’Olympia di Manet, la Venere di Urbino di Tiziano
Manet. Una storia italiana
A 21 anni, dopo essersi “fatto la mano” come copista ufficiale del Louvre, Edouard Manet (1832 – 1883) parte per l’Italia. Primo viaggio (1853-1854): Venezia, Firenze, Roma. Un piccolo Grand Tour tra le grandezze rinascimentali. Si trova così faccia a faccia con Tiziano, Veronese, Tintoretto e Carpaccio come a Del Sarto, Lippi, Raffaello e Lotto. L’epopea del Rinascimento italiano, una tale bellezza che ossequiosamente riporterà su quaderni. Pagine e pagine di note, schizzi ed appunti portati gelosamente a Parigi fissati sui fogli come nel pensiero: copiati, sviluppati e rielaborati. Ritornerà nel Bel Paese un paio d’anni più tardi e nel giro di sei darà vita a Olympia.
Manet è contaminato dalla pittura italiana prima ancora della tanto decantata, seppur a ragione, arte spagnola, vista da giovane soltanto attraverso le opere del Louvre. Il primo viaggio in Spagna è postumo all’Olympia nel 1864. Manet aveva già eseguito la Déjeunere sur l’herbe – 1863 (in mostra, in prestito dalla Courtauld Gallery di Londra) dal modello del Concerto Campestre di Tiziano, nonché dipinto il ritratto dei genitori (1860) ispirato al Tintoretto e la Donna con la brocca (1858) che rimanda al Veronese. E via così in mostra ad una serie di confronti con il Carpaccio, Andrea del Sarto, Lorenzo Lotto, Benozzo Gozzoli, Antonello da Messina per evidenziare l’anima italiana del maestro francese, spesso minimizzata dalla critica, attraverso il dialogo tra opere d’arte. I Maestri italiani reinterpretati attraverso il linguaggio moderno. Un confronto dal vero. Questo si prefigge la mostra.
Intanto verrà folgorato da Goya e Velazquez. L’ispanismo è di gran moda nella Parigi dell’epoca e il pittore riscuote un discreto successo con il Chitarrista, Lola di Valenza e il Piffero, questi ultimi due in mostra. Più tardi Impressionisti e non solo lo inseguiranno tanto da diventare il punto di riferimento della nuova generazione di artisti. “Manet era per noi tanto importante quanto Cimabue o Giotto per gli italiani del Rinascimento” scrisse Renoir. Il tempo è finalmente cambiato: la critica, che lo ha sempre distrutto, comincia ad apprezzare le sue tele. Il Salon, che lo ha spesso rifiutato, gli dà maggiore spazio.
Ritorna a Venezia per l’ultima volta (1874), il mare e le luci della laguna lo ispirano. Le tinte si fanno più chiare. All’impegno civile repubblicano s’intrecciano visioni marine aperte e infinite, la Fuga di Rochefort (1880) in mostra ne è esempio stupendo. Scriveva il suo grande amico Zola davanti all’ennesimo rifiuto del Salon a uno dei suoi quadri: “C’è un gran numero di artisti che oggi vengono considerati grandi, e pagati fior di quattrini; ma io non darei un quadro di Manet per tutti i loro quadri. Verrà il giorno in cui non rimarrà di essi una sola opera, mentre rimarranno quelle di Manet.” E aveva ragione.
L’ISPIRAZIONE DEI MAESTRI DEL RINASCIMENTO
Opere d’arte a confronto
“La verità è che il nostro solo compito è attingere dalla nostra epoca ciò che essa offre, senza smettere, con questo, di apprezzare quel che le epoche precedenti hanno realizzato. Ma mescere un intruglio, come si dice nelle bettole, è idiota…”
(Édouard Manet)
Antonello da Messina
Vittore Carpaccio
Lorenzo Lotto
“I pittori, e specialmente Édouard Manet, che è un pittore analitico, non condividono l’ossessione delle masse per il soggetto: per loro il soggetto è solo un pretesto per dipingere, mentre per le masse esiste solo il soggetto. “
(Émile Zola, 1867)
LA “GALLERIA SPAGNOLA”
Baudelaire su Lola di Valenza:
Tra le tante beltà che dappertutto
si possono vedere, ben comprendo,
amici, come il desiderio ondeggi.
Ma in Lola di Valenza tuttavia
si vede scintillare l’inatteso
incanto d’un gioiello rosa e nero.
LE NATURE MORTE (Sala degli Stucchi)
IL MARE ALL’INFINITO
LA SEDE DELLA MOSTRA: PALAZZO DUCALE
Dentro e fuori la Sede del Doge
Dov’è Manet? Un autoritratto tra la borghesia in festa
“È la sincerità ciò che conferisce alle opere un carattere che può sembrare una protesta, mentre in realtà il pittore ha cercato soltanto di esprimere la propria impressione. Non ha preteso né di rovesciare la tradizione, né di creare una pittura nuova. Ha voluto semplicemente essere se stesso e non un altro.”
(E. Manet)
INFORMAZIONI UTILI
Manet. Ritorno a Venezia
Palazzo Ducale
San Marco, 1 , 30124 Venezia
A cura di Stéphan Guégan
Direzione scientifica di Guy Cogeval e Gabriella Belli
24 aprile 2013 / 18 agosto 2013
Orari
Dalle 9.00 alle 19.00 da domenica a giovedì
Dalle 9.00 alle 20.00 venerdì e sabato
info@fmcvenezia.it
Call center
T +39 041 8520154
Vaporetto
Linea 1 o Linea 2
fermata Vallaresso o San Zaccaria
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Biglietti
Intero € 13,00
Ridotto € 11,00
Ridotto speciale € 7,00
Ridotto scuole € 5,00
Gratuito
bambini da 0 a 5 anni; portatori di handicap con accompagnatore; guide autorizzate; interpreti turistici che accompagnino gruppi; accompagnatori (max. 2) di gruppi di ragazzi o studenti; accompagnatori (max. 1) di gruppi di adulti; partner ordinari MUVE.
Foto e testi di Luca Zuccala
Crediti foto: Luca Zuccala © ArtsLife
* Vittore Carpaccio. Due dame Veneziane, 1495 c. olio e tempera su tavola/tempera and oil on canvas 94×63 cm. Venezia/Venice, Museo Correr
* Lorenzo Lotto, Ritratto di giovane gentiluomo nello studio, 1530 circa, olio su tela/oil on canvas 98×111 cm. Venezia/Venice, Gallerie dell’Accademia
6 Commenti
Artslife, Speciale Magnifico!
Davvero fatto bene. Direi molto SENSUALE…visto il confronto tra quelle belle donne….Particolari scottanti….
il miglior servizio su MANET che ho letto. Complimenti per il BLOG.
Uno SPECIAL-ONEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!
Come al solito…. Grazie Luca… Da vedere, la curiosità è FEMMINA…
Uno speciale da CorSera.