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Intervista a Gabriele Croppi. In mostra a Domodossola con 44 immagini “metafisiche”

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Gabriele Croppi, piemontese di Domodossola, 40 anni, interprete acuto e profondo della metafisica del paesaggio e pluripremiato  per i suoi lavori in Italia e all’estero, inaugura sabato 10 maggio al museo di Palazzo San Francesco nel centro storico della sua città  la sua mostra dal titolo metafisiche (www.amossola.it)

 Gabriele Croppi Amburgo

Domodossola, la sua città natale, apre le porte del museo di Palazzo San Francesco nel centro storico (www.amossola.it) per l’inaugurazione della sua mostra dal titolo “metafisiche” (12 maggio – 14 settembre). Come è nato questo progetto?
È una selezione di 44 immagini realizzate in cinque anni, dal 2009 al 2014, che appartengono alla mia ricerca metafisica del paesaggio urbano, suddivisa in cinque differenti progetti. Il primo è una selezione di fotografie dal Calendario Fantini, legato ai panorami del Lago d’Orta e una seconda selezione è tratta dal lavoro pubblicato in un libro edito da Sonda e intitolato Piemontesi. Gli altri progetti appartengono a EPEA -European Photo Exhibition Award , un progetto fotografico sulle identità europee realizzato da diversi autori, per il quale ho fotografato gli scenari di alcune grandi città. Espongo anche una piccola serie di fotografie su Milano, un lavoro che sto preparando per l’Expo 2015 e  la mostra chiude con uno spazio cospicuo di foto di New York che fanno parte di un libro  che verrà presentato a settembre da SIME Books a New York e sarà pubblicato in America, in Italia e in UK.

Come si può cogliere la poetica delle opere esposte?
Il titolo metafisiche è un richiamo molto evidente a un’estetica ben precisa, la pittura italiana del secolo scorso  di De Chirico, Sironi e Carrà. Da un punto di vista più poetico e contenutistico, metafisiche significa realizzare delle immagini il cui significato sia completabile da chi osserva queste immagini. Mi piace pensare che l’immagine non esaurisca il proprio significato intrinseco ma che continui a ricostruirsi attraverso la collaborazione di chi la osserva.

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La retrospettiva di Domodossola rappresenta anche un omaggio della città  al talento di un suo cittadino?
Quando ho esposto nella mostra Cities of New York , nel 2011, alla Centrale Montemartini ai Musei Capitolini a Roma, il maestro della fotografia Franco Fontana  che esponeva con me e altri autori mi ha fatto osservare quanto le primissime mostre sono quelle che danno più emozione e poi alle altre che seguono in un certo senso ci si abitua. Io credo che questo sia abbastanza vero. Ma io ormai fotografo da 23 anni e questa regola è contraddetta in toto da questa mostra per tante valide ragioni. Io ho cominciato a Domodossola a fotografare con la mia prima reflex. La mia prima esperienza nasce al circolo fotografico La Cinefoto, che quest’anno compie 50 anni ed è uno dei più longevi d’Italia. Qui vivono tutte le persone che hanno seguito il mio percorso fin dall’inizio. Ed è emozionante riuscire a essere apprezzati “in patria”. Formalmente è anche un riconoscimento importante della città e dell’Associazione dei Musei della Val d’Ossola che hanno  organizzato questo evento.


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La storia di Gabriele Croppi parte dalla pittura e non dalla fotografia. Come si è sviluppato il suo percorso personale?
Dipingevo quando avevo 14 anni. Anche quando mi sono dedicato al reportage, non ho smesso la mia ricerca multidisciplinare. Ho sempre accostato la fotografia ad altre arti, soprattutto alla pittura ma anche alla poesia,  al cinema e di recente all’architettura. Una costante del mio percorso è proprio questo allargamento della mia visione ad altre arti. E le mie fonti d’ispirazioni sono quasi  sempre extra fotografiche e attingono ad altri ambiti.

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La mostra coincide con i suoi 40 anni. Come guarda al suo futuro?
Il mio auspicio è affrontare le cose future con la stessa leggerezza, lo stesso entusiasmo e la stessa libertà con cui ho affrontato la fotografia fino ad oggi. Mi piacerebbe molto anche cambiare il mio approccio individualista e cercare collaborazioni e scambi di pensiero come avviene in altre discipline come la musica, danza, il teatro, il cinema. E vorrei sperimentare progettualità con altri artisti di altri campi artistici. Sempre in libertà e leggerezza come avveniva nelle jam session degli anni ’20, negli ambienti della musica jazz.

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www.gabrielecroppi.com

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