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La bellezza salverà l’Italia. C’è chi vuole inserirlo nella nostra Costituzione

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Non so se siamo ancora il Paese del bello, così meraviglioso e cadente come appare tutte le volte che lo guardiamo da dentro, nei suoi paesaggi interrotti e nelle sue periferie infinite, con gli scheletri rugginosi e i pennacchi di fumo e con tutto quel disordine senza un senso. Però lo siamo stati davvero e da adesso, magari, potremmo diventarlo nella Costituzione.

serena-pellegrino-bellezzaSerena Pellegrino, 47 anni, da Lecce, di professione architetto, ma eletta in Parlamento a Udine, dove vive e lavora, ha appena presentato la proposta di legge, per cui si inserisce un secondo comma nella nostra Carta, con su scritto: «La Repubblica riconosce la Bellezza come elemento di identità nazionale, la tutela, la conserva e la promuove in tutte le sue forme, materiali e immateriali, storiche, artistiche, culturali, paesaggistiche e naturali».

In neanche due giorni ha raccolto già 74 firme, in maniera trasversale, da tutti i gruppi politici. «La prima volta che ne ho parlato», spiega Pellegrino, «il novanta per cento dei colleghi mi ha risposto entusiasta: non vedevamo l’ora. Hai ragione, i nostri padri costituenti si sono dimenticati di questo aspetto. In nome del lavoro abbiamo trascurato un valore aggiunto per il nostro Paese. Gli unici dubbiosi, il dieci per cento, erano quelli che avevano paura di toccare l’articolo 1 della Costituzione. Però loro mi hanno detto che erano d’accordo sui contenuti».

Allora, Serena Pellegrino, tra i fondatori di SEL, con un passato tra gli ambientalisti e Sinistra e Libertà, una bella signora dai capelli ricci e lo sguardo intenso, ha deciso di andare avanti, diritto per la sua strada. E’ da maggio che ci pensa.

Ha organizzato un convegno, chiuso, con quelli che lei ha definito «gli operatori di bellezza, tutti coloro che in questi 50 anni si sono dati da fare a salvare il concetto di bellezza, aggredito dall’edonismo». Ha raccolto un’infinità di adesioni, e hanno già sottoscritto la sua proposta di legge Lega Ambiente, Lipu, Unesco, Greenpeace, Conservatori d’Italia, Coldiretti, Istituti Musicali, Consiglio Nazionale Architetti e Unione Nazionale Architetti, Museo Egizio, Federcultura...

Anche Giovanni Puglisi, il presidente della Commissione Nazionale Unesco, ha sottoscritto la proposta. Dice che se ci riesce è come una rivoluzione, «sarebbe la riforma di tutte le riforme. La prima parte della Costituzione andrebbe declinata tenendo presente la seconda». Cioé, prima viene la bellezza, poi il lavoro, «basta fabbriche che distruggono il nostro paesaggio».

Il nostro Paese deve tornare a essere il più bello del mondo, perché questa è la sua fortuna e la sua salvezza, «altro che Sblocca Italia», dice Pellegrino, con lavori che si apprestano a costruire nuovi scempi edilizi, nuove sciagure, nuove Ligurie: «Bisogna imparare a tutelare quella che Vitruvio chiamava armonia e che da noi l’essere umano ha prodotto in misura maggiore rispetto al resto del mondo. Abbiamo il più grande numero di siti Unesco da salvaguardare, e moltissimi di loro sono architettonici, quindi fatti dall’uomo».

Ma proprio per questo, proprio perché in controtendenza rispetto a uno dei progetti del governo Renzi, non sembra un obiettivo tanto facile da raggiungere. E poi, cos’è rimasto della bellezza nel nostro Paese? Che cos’è ancora e che cosa possiamo davvero salvare o costruire, addirittura?

Serena Pellegrino dice che lei soffre di sindrome di Stendhal, e ritiene che «la bellezza sia sostanza della vita. Nessun essere umano potrebbe rinunciarci».

Davvero è così? Marco Vitruvio Pollone, grande architetto e intellettuale dell’epoca di Cesare e Augusto, sosteneva che la venustas «è ciò che rende degno di ammirazione, capace di sollecitare un atteggiamento positivo». Venustas è la bellezza degli dei, e avendo la radice in venus è facile coglierne il suo senso divino.

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L’uomo secondo gli studi di Vitruvio, illustrato da Leonardo da Vinci

Secondo Wikipedia, molto più prosaicamente, la bellezza «genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza dentro il mondo naturale». In pratica, è il bene della natura.

E che la bellezza sia propria della natura è stato esplicitamente ammesso da Kant, che ha definito il bello naturale come il bello d’arte, e il bello d’arte come il bello di natura.

Già, ma allora perché lo distruggiamo? Perché l’abbiamo abbandonato? La bellezza, diceva Oscar Wilde, «è l’unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana». Sbagliato. Definire il bello è facile, diceva Paul Valery: è ciò che ci fa disperare. Così come Mario Soldati affermava che essa «ha sempre qualcosa di estremo».

Ognuno ci ha sempre visto un suo ideale. «Quando tutti saranno buoni, tutto sarà bello», scriveva Tolstoj. Chissà qual è la verità. Forse, la più semplice di tutte. Non è importante definirla. Basta averla, e difenderla.

Perché è la vera ricchezza, come recitava Gioacchino Belli: «Che ggran dono de Ddio ch’è la bellezza! Sopra de li quattrini hai da tenella: pe vvia che la ricchezza non dà cquella/ E cco cquella s’acquista la ricchezza».

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