Correva l’anno 2005 e sotto la presidenza dell’indossatore delegato Davide Croff e la complicità delle curatrici/ammalatrici Rosa Martínez e María De Corral venne soppresso lo storico Padiglione Italia ai Giardini.
Da allora è stata tutta un’agonia, compreso il ripristino, all’Arsenale, del padiglione stesso, ridotto ad un compound per artisti nativi, uno zoo culturale sostanzialmente estraneo al contesto determinato dal curator di turno. Il combinato disposto della mondializzazione imperante e dell’insipienza masochistica nostrana ci ha messi nell’incredibile posizione di essere, pazzaglianamente, marginalizzati in casa.
La production, il plot, le ricadute economico-culturali del gran circo Biennale ci sono sostanzialmente estranee. Noi paghiamo, forniamo la location, le maestranze e qualche bellimbusto per un cameo. Pure la lingua ufficiale non è più l’italiano, manco presente nelle didascalie delle opere o nei sotto titoli dei video.
Come una caligine fosca si stende per Venezia, nei giorni del vernissage, un’onda di Ultracorpi piovuti dall’iperspazio che sciamano per calli e canali, sfrecciando sui motoscafi che attraccano a pontili riservati dai vari Pinot di Pinot. Molta gioia per albergatori e affini, poca o nulla soddisfazione per documentare e promuovere gli artisti italiani.
Questo a grandi linee lo stato dell’Arte. Ecco spiegato il nostro disinteresse per le beghe curatoriali dello zoo d’Italie.
Del resto è questo il destino che i reggitori della cosa pubblica hanno prefigurato per noi, stando anche attenti ad ostacolare qualsivoglia iniziativa privata. Nessun progetto, visione, tutto casuale, random, incapaci di preservare e qualificare l’immenso lascito ereditato, figurarsi sostenere il contemporary.
Nel primo dopoguerra vendevamo l’immagine da neorealismo di un’Italia stracciona che piaceva tanto oltre oceano. Ora, fedeli alla vocazione turistica per il Bel Paese, tanto cara ai sapientoni, ci ritroviamo camerieri e affittacamere. Souvenir d’Italie…
In punta di pennino
il Vostro LdR