Che succede se un artista decide di escludere i suoi lavori degli esordi dal proprio catalogo ragionato disconoscendoli?
Una bella domanda che preoccupa il mondo dell’arte e soprattutto i collezionisti che su quelle opere di inizio carriera hanno investito i loro risparmi; una domanda che suscita a ruota un ulteriore interrogativo: è normale che sia lo stesso artista a scrivere il proprio catalogo ragionato?
E’ questa la polemica di cui è protagonista il celebre e apprezzato Gerhard Richter. Sembra infatti che il superquotato artista tedesco non apprezzi più le sue prime opere, quelle realizzate dal 1962 al 1968 sperimentando una pittura realistica e figurativa di cui in seguito ha abbandonato la strada.
La stella dell’espressionismo astratto ha così scelto di non includere questi lavori nella sua oeuvre e addirittura di disconoscerli.
E’ un suo diritto, spiegano gli esperti. Ma è anche vero che un catalogo ragionato dovrebbe essere un documento il più possibile completo ed esaustivo, accademicamente accurato, così da essere un saldo punto di riferimento per le generazioni successive di studiosi e appassionati. E senza una parte del percorso dell’artista, forse non lo è.
La questione si sviluppa poi su un altro piano per chi possiede una di quelle prime opere dell’artista. Il valore diminuirà? – si chiedono i collezionisti.
“L’aumento della produzione di falsi – scrive Caroline Gabrielli, consulente e collaboratrice al progetto del catalogo ragionato dei disegni di Jasper Johns – ha portato gli acquirenti ad investire sulle certificazioni per garantirsi l’autenticità dell’opera”.
Insomma, bene per chi è stato previdente e ha pensato a tutti i dettagli e le conseguenze dell’acquisto di un’opera d’arte assicurandosi di avere le giuste certificazioni. Per chi non l’ha fatto, questo sarà indubbiamente un insegnamento da tenere presente per il futuro, vista la vulnerabilità degli artisti.