«L’amore è tutto, un fotografo deve amare la vita, le persone, questo è l’unico segreto che conta. Io amo i poveri soprattutto, i deboli, chi non può difendersi. Io fotografavo per capire gli altri, il mondo, mi serviva quel mezzo per arrivare a loro, per vederli e per vedere me stessa attraverso di loro, quando ho imparato a capire senza bisogno della fotocamera allora ho smesso. Non è la fotografia che mi interessa ma le persone»
Lisetta Carmi.
Diventata famosa grazie al libro cult su “I Travestiti” ritratti nei vicoli di Genova dal 1965 al 1971, Lisetta Carmi ha sempre fatto scelte “contro”, mai condizionata da opinioni condivise o soggiogata dalla posizione di comodità familiare.
La sua spinta emotiva non è rivoluzionaria per partito preso. Risponde piuttosto alla sua reale necessità di curiosità e sete di conoscenza di se stessa e per se stessa, per capire la propria identità di donna, di ebrea e di comunista, sopravvissuta alla guerra ed alle persecuzioni razziali, attraverso la comprensione della vita degli altri.
Scelte “contro” non quindi per protesta o sterile ribellione, ma con l’umiltà critica di avvicinarsi a mondi poco conosciuti o estremi, in taluni casi, dove l’essere umano vive per scelta o per necessità la propria esistenza.
Lisetta Carmi è una donna gracile, con occhi azzurri vivissimi ed una energia spirituale straripante, che sa essere dolce, schietta e pungente, dotata di memoria ferrea. Nelle sue “5 vite”, la Carmi interrompe la promettente carriera da pianista quando il maestro di piano le vieta di assistere ad una manifestazione dei portuali contro una legge a deriva conservatrice appena emanata: lei non accetta l’idea che le sue mani possano essere più importanti delle problematiche dei portuali e smette di suonare da un giorno all’altro scegliendo la libertà di poter manifestare.
Frequenta e fotografa le scene teatrali del Carlo Felice, i portuali di Genova documentandone le condizioni lavorative, il cimitero di Staglieno (servizio che raffigura le sculture retoriche delle tombe delle famiglie borghesi rifiutato dalla Domenica del Corriere per timore di perdere lettori), ed il primo quartiere gay riconosciuto in Italia, con una ricerca introspettiva sui travestiti ed il loro clienti nei carruggi genovesi.
E’ grazie alla fotografia che viaggia per il mondo: dopo Genova visita Firenze ferita dall’alluvione, Orgosolo, la Sicilia, Parigi, Israele (dove manifesta pubblicamente la sua contrarietà a come lo Stato di Israele considera la popolazione della Cisgiordania), vola in Pakistan, Messico e Venezuela dove fotografa nel 1969 il basurero, la discarica fumante a cielo aperto con persone in cerca di qualcosa da mangiare.
E poi l’India, dove incontra Babji incarnazione divina sulla terra che riconosce al primo sguardo, senza dubbi, come il dio che l’ha chiamata per ispirarla e proteggerla. L’incarico affidatole era di fare l’ashram (il primo in Italia) che lei crea in terra di Puglia. Dopo vent’anni lascia quindi la fotografia perché ha trovato un altro mezzo per capire, per crescere, per elevare la conoscenza e l’anima, aiutando gli altri sul piano dell’amore e della comprensione. Collabora poi a Milano con lo psicoterapeuta Paolo Ferrari, suo allievo di pianoforte, sviluppando le sue teorie dell’assenza con la percezione e la visione della realtà con musica e pittura.
In tutte queste vite la Carmi ha fatto sempre scelte autonome ed indipendenti ed ora si dedica a se stessa e ad imparare la scrittura cinese.
In mostra nella sua Genova, dallo scorso 13 novembre e fino al 31 gennaio 2016, a Palazzo Ducale nella Loggia degli Abati è esposta una delle mostre più complete sull’artista, curata da Giovanni Battista Martini, con oltre 200 foto “Lisetta Carmi. Il senso della vita. Ho fotografato per capire”.
La mostra rivela quasi per intero la poliedricità produttiva della fotografa classe 1924 che ha mosso la sua esistenza per una ricerca di partecipazione ideologica e civile oltre, come detto, per cercare e capire se stessa. Oltre alle foto di viaggi tra cui l’Irlanda degli anni ’60 e i Provos di Amsterdam sono esposti ritratti inediti di artisti tra i quali Lucio Fontana, Leonardo Sciascia, Claudio Abbado, Joris Ivens, un giovanissimo Carmelo Bene, Edoardo Sanguineti e Lele Luzzati.
In mostra c’è la famosa sequenza di Ezra Pound fotografato per pochi secondi in 12 scatti nel 1966 mentre esce e rientra dalla porta della sua casa di Rapallo, in vestaglia nera, pensieroso, imponente, distaccato e muto. E tutta la successione, in 11 scatti, della nascita di un bambino, a presa frontale, ravvicinata e diretta. Un racconto bellissimo, essenziale ed unico.
La mostra racconta molto della produzione in bianco e nero della fotografa ed è sicuramente uno spunto di riflessione. In un mondo dove sembra che l’arte debba andare a braccetto con la decorazione e la rappresentazione di immagini rassicuranti (non inquietanti), ma ben accostabili col divano di casa e la tappezzeria, il lavoro della Carmi (come di altri fotografi del suo calibro come Letizia Battaglia, Luciano D’Alessandro, Mario Dondero, Jliano Lucas, Ivo Saglietti ed altri artisti cosiddetti “impegnati”) è relegato al puro fotogiornalismo documentativo mentre in realtà raccontano la vita dell’autore, con le sue scelte di vita, e un variegato e ricchissimo sfondo di umanità e coraggio, con storie e valori da non dimenticare ma che dovrebbero essere insegnati nelle scuole.
“Essere esempio”, per citare sempre la Carmi, è un valore alla dignità umana, una filosofia di vita, che spesso si confonde e si incarna con la fugacità fragile di un banale aperitivo (magari consumato all’interno di un centro commerciale), come una sorta di una anestetizzante fuga collettiva dal proprio essere e dalle responsabilità verso gli altri.
La strada, se vissuta come una ricchezza con la quale confrontarsi e come lo strumento per arrivare ad una destinazione, può evitare di nascondersi dentro le proprie paure che pare affliggano la società contemporanea.
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Lisetta Carmi.
Il senso della vita. Ho fotografato per capire
13 novembre 2015 – 31 gennaio 2016
Loggia degli Abati, Palazzo Ducale, Genova
Orario
da martedì a venerdì: 15-19, sabato e domenica:11-19, lunedì chiuso
la biglietteria chiude alle 18
Biglietti
Intero € 5
Ridotto € 4
Scuole € 3
Biglietto congiunto con la mostra “Brassaï, pour l’amour de Paris” € 10,00